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Corruzione, terremoto nella Regione, 24 le misure cautelari

Corruzione, terremoto nella Regione, 24 le misure cautelari

Dirigenti e funzionari coinvolti in un’inchiesta sulla concessione di finanziamenti Ue in agricoltura. Ben ventiquattro le misure cautelari che coinvolgono anche imprenditori. TUTTI GLI INDAGATI. GUARDA IL VIDEO CON LE INTERCETTAZIONI

Militari del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo hanno eseguito ben ventiquattro misure cautelari nel corso di un’operazione sulla concessione di finanziamenti pubblici in agricoltura che rappresenta un autentico terremoto per la Regione siciliana.

Coinvolti funzionari della Regione e imprenditori

Coinvolti nell’inchiesta funzionari della Regione Sicilia e imprenditori accusati a vario titolo di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, falso in atto pubblico, rivelazione di segreto d’ufficio, soppressione e occultamento di atti pubblici.

I provvedimenti, firmati dal Gip di Palermo, riguardano complessivamente quattro ordini di custodia cautelare in carcere, dodici arresti domiciliari e otto obblighi di dimora.

Tutti i nomi degli indagati

In carcere sono finiti i fratelli Giovanni Salvatore e Francesco Di Liberto, il primo amministratore unico della Di Liberto srl e il secondo ex rappresentante legale della General Tec società cooperativa, Filippo Cangialosi, ex funzionario dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura (Ipa) di Palermo e attualmente in servizio al Dipartimento dell’Agricoltura dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura e Paolo Guarrusso, amministratore unico della Meatech Gmbh.

Arresti domiciliari per Vincenzo Geluso, ex sindaco del Comune di San Cipirello e attualmente componente dell’Ufficio di gabinetto dell’Assessore Regionale all’Agricoltura; Antonio Cosimo D’Amico, ex ispettore capo dell’Ipa di Palermo e attualmente Dirigente del Dipartimento dell’Agricoltura dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura; Maurizio Di Liberto, tecnico progettista della Di Liberto srl, Nunzia Pipitone, prestanome e moglie di Salvatore Di Liberto, Roberto Percivale, intermediario all’estero dei fratelli Di Liberto, Marco Iuculano, rappresentante legale della Lpb società cooperativa, Giovanni Calì, attuale rappresentante legale della General Tec, Riccardo Puccio e Francesco Sclafani, ingegneri di Marineo, Alessandro Li Destri, imprenditore agricolo e Giuseppe Taravella, rappresentante del Consorzio Agrario di Palermo Scarl e poi in servizio nell’Ispettorato dell’agricoltura di Palermo.

Obbligo di dimora nel Comune di residenza per Lilli Napoli e Maria Luisa Virga, dirigenti dell’Ipa, Gaetano Ales, funzionario dello stesso ente, Salvatore Picardo, responsabile dell’area tecnica del Comune di San Cipirello, Ciro Spinella, agronomo di Marineo, Girolamo Lo Cascio, appresentante legale della General Tec, Alessandro Russo, tecnico progettista della Di Liberto e Maria Concetta Catalano, dirigente dell’Ufficio intercomunale dell’agricoltura “Basse Madonie”.

Nella bufera l’Ispettorato Agricoltura della Regione

C’è dunque Filippo Cangialosi – funzionario istruttore all’Istituto Provinciale dell’Agricoltura della Regione Sicilia – al centro dell’inchiesta.

Il dirigente regionale, oltre a far avere sussidi indebiti a due imprenditori di Belmonte Mezzagno, sarebbe stato corrotto da Giuseppe Tavarella, un altro funzionario dello stesso ente e già legale rappresentante del Consorzio agrario di Palermo Scarl.

Cangialosi avrebbe attestato falsamente di aver svolto controlli. In cambio avrebbe ottenuto da Tavarella una corsia preferenziale per alcune domande di finanziamento presentate da soggetti a lui vicini.

Altro funzionario corrotto sarebbe Cosimo Antonino D’Amico, all’epoca dei fatti a capo dell’Ipa di Palermo.

I membri della commissione Lilli Napoli e Maria Concetta Catalano, invece, rispondono dei delitti di tentata truffa per il conseguimento di pubbliche erogazioni e falso.

Di rivelazione di segreti d’ufficio, falso ideologico e materiale in atto pubblico, soppressione occultamento e distruzione di atto pubblico sono indagati oltre a D’Amico e Cangialosi, Gaetano Ales, funzionario dell’Ipa di Palermo, Vincenzo Geluso, all’epoca dei fatti sindaco del Comune di San Cipirello e attualmente componente dell’Ufficio di gabinetto dell’Assessore Regionale all’Agricoltura, e Salvatore Picardo responsabile dell’area tecnica del Comune di San Cipirello.

Sono indagati in relazione auna domanda di finanziamento di 159 mila euro presentata dal Comune di San Cipirello e relativa a un progetto per la riqualificazione dell’area a parcheggio e la realizzazione di un centro di informazione turistica.

Gli indagati avrebbero alterato atti pubblici, allegati alla pratica di finanziamento già assunta in carico dall’Ipa di Palermo, inserendo delle date che non erano state indicate in sede di deposito. Il piano non è andato a buon fine perché l’opera non risultava inserita dal Comune nel programma triennale delle opere pubbliche.

Sequestrate quattordici imprese, anche estere

Disposto anche il sequestro preventivo di quattordici imprese, tre con sede in Ungheria, Austria e Romania, per un valore di circa ventiquattro milioni di euro.

Sequestrati anche, per equivalente, disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per quasi tredici milioni di euro.

Bloccata, inoltre, l’erogazione di contributi indebiti per tre milioni e mezzo di euro.

Sotto la lente d’ingrandimento i finanziamenti in agricoltura

L’indagine si è concentrata sull’iter di concessione di finanziamenti pubblici in Agricoltura nell’ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale Sicilia 2007/2013 e 2014/2020 che ruotano intorno all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura della Regione Sicilia.

Questo ente deve valutare l’ammissibilità delle domande per ottenere i finanziamenti europei e nazionali.

Due i filoni d’indagine seguiti

Dalle attività svolte, sono nati due filoni di indagine: il primo relativo sulla percezione indebita di finanziamenti pubblici, il secondo, sull’operato dei funzionari pubblici che avrebbero dovuto controllare i requisiti e attribuire i punteggi per l’ammissione al contributo delle domande di finanziamento.

Scandagliate le domande di finanziamento per il Psr Sicilia

Nell’ambito del primo filone investigativo sono state scandagliate le domande di finanziamento sulle misure 121 e 123 del Programma di Sviluppo Rurale Sicilia (Psr) 2007/2013 per circa dieci milioni di euro percepiti tra il 2012 e il 2018 da due società riconducibili agli imprenditori Giovanni e Francesco Di Liberto.

In particolare la Di Liberto Srl ha ottenuto quasi sei milioni di euro per l’ammodernamento dell’azienda agricola e per la realizzazione di un mattatoio a Ciminna (Palermo) e la società cooperativa Lpb oltre quattro milioni di euro per la realizzazione di un complesso agro-industriale nel comune di Monreale (Palermo).

Un’organizzazione criminale tra imprenditori, professionisti e funzionari

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di una organizzazione criminale, ideata dai fratelli Di Liberto, finalizzata a ottenere in modo illecito finanziamenti pubblici concessi dalla Regione Siciliana con la complicità di professionisti e di Filippo Cangialosi, funzionario istruttore dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura (Ipa) di Palermo.

I Di Liberto, anche attraverso fatture false, sono riusciti a incassare indebitamente non solo le erogazioni relative a due domande di finanziamento, ma, nel mese di dicembre 2019, anche la prima tranche di una terza domanda di un sussidio di due milioni e mezzo.

La truffa è stata messa a segno documentando costi superiori a quelli sostenuti attraverso false fatturazioni emesse da società italiane ed estere.

Il secondo filone investigativo

Il secondo filone investigativo ha consentito di accertare l’esistenza di pratiche clientelari volte a favorire alcune domande di finanziamento relative ai Programmi di Sviluppo Rurale Sicilia 2007/2013 e 2014/2020, realizzate da pubblici ufficiali in servizio all’Ipa di Palermo.

L’inchiesta ha svelato la complicità tra chi chiedeva finanziamenti e alcuni dirigenti e funzionari dell’Ipa di Palermo.

Lo scopo era ottenere finanziamenti pubblici milionari concessi dalla Regione Siciliana alterando o sostituendo i documenti presentati a supporto delle richieste.

Il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, avvia audizioni

L’operazione Gulash condotta dalla Guardia di Finanza che ha svelato un giro di corruzione all’assessorato regionale all’Agricoltura e portato all’arresto di funzionari e imprenditori ha scatenato la dura reazione della politica. La rete della truffa era riuscita ad ottenere indebitamente finanziamenti pubblici europei e nazionali per oltre 12 milioni e mezzo di euro e altri tre sono stati bloccati dalle Fiamme gialle prima che potessero essere indebitamente percepiti.
Il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, ha annunciato che verrà avviato un ciclo di audizioni finalizzate ad una indagine su una patologia che oramai non è riconducibile a una somma di singoli episodi ma che appare sistemica. “Gli ultimi episodi corruttivi (al Comune di Palermo, al Genio Civile di Trapani e Messina e nel comparto dei fondi per l’agricoltura) confermano quanto già emerso nel rapporto Anac – ha detto Fava – che vede la nostra regione in testa alla non invidiabile classifica degli episodi di corruzione in Italia”.

Il M5s all’Ars: “L’assessore Bandiera riferisca in Aula”


L’europarlamentare del M5s, Ignazio Corrao, ha detto che “quando non è la mafia a ricevere fondi europei, ci pensano imprenditori disonesti anche con la complicità dei dirigenti della Regione Siciliana”. Corrao ha anche ribadito che questo era “Un meccanismo di illeciti che veniva denunciato da anni e che si muove con disinvoltura dai centri di assistenza agricola agli ispettorati provinciali per l’agricoltura che hanno un ruolo fondamentale di controllo e di valutazione dei progetti nell’ambito del piano di sviluppo regionale. Occorre riformare il sistema dei controlli – ha aggiunto l’europarlamentare – potenziando quelli a campione, non è più possibile accorgersi dopo anni che sono stati versati milioni di euro indebitamente e poi magari constatare con stupore che siano irrecuperabili”.
Un plauso al blitz della Guardia di Finanza è giunto dalla Coldiretti Sicilia che sottolinea la necessità di un controllo continuo sui passaggi burocratici. “Il sistema clientelare emerso sui fondi dell’Ue per l’agricoltura – è scritto in una nota della Coldiretti – dimostra quanto la corruzione metta in ginocchio le aziende sane. I fondi dell’Unione europea sono destinati alla crescita e allo sviluppo soprattutto delle aree interne e il loro spostamento verso obiettivi criminali mette a repentaglio il progresso dell’intera Regione. I meccanismi del sistema criminale emerso dalle indagini dimostrano anche quanto sia determinante un’azione di controllo continua e costante di tutti i passaggi burocratici”.
I deputati regionali del Movimento 5 Stelle, Luigi Sunseri, componente della commissione Bilancio all’Ars e Angela Foti, vice presidente della Commissione Attività produttive, chiedono che l’assessore al ramo Bandiera venga a riferire in Aula.
“Occorre dematerializzare i procedimenti amministrativi per gli assessorati interessati da bandi – hanno dichiarato in una nota congiunta – Gli arresti di queste ore testimoniano purtroppo l’ennesimo caso di truffa ai danni della comunità siciliana, che per colpa di tali pratiche illecite e della commistione tra politica, burocrazia e interessi privati, sta perdendo importanti opportunità di sviluppo. Esistono strumenti che permettono la dematerializzazione totale dei procedimenti amministrativi per gli assessorati interessati da bandi, i quali avrebbero garantito agli inquirenti la possibilità di accesso in tempo reale a tutti i documenti, e non avrebbero potuto permettere sostituzioni di documenti e falsificazioni. Tali norme sono previste dal Codice Agenda Digitale, ignorato probabilmente in maniera a questo punto voluta dall’assessorato oggi scosso da tale bufera giudiziaria. Per fare questo serve la volontà politica, che deve essere impressa dall’assessore di turno, ma a quanto pare questa volontà continua a mancare. L’assessore Bandiera venga a riferire in Aula”.