Whistleblowing, la corruzione ha un nuovo "nemico" - QdS

Whistleblowing, la corruzione ha un nuovo “nemico”

Whistleblowing, la corruzione ha un nuovo “nemico”

Paola Giordano e Patrizia Penna  |
martedì 04 Aprile 2023

Più tutele per le “gole profonde” che segnalano illeciti: il Dlgs 24/2023 finalmente recepisce la Direttiva Ue 2019/1937

Meglio tardi che mai. La gestazione è stata lunga ed è costata al nostro Paese un procedimento di infrazione – l’ennesimo – davanti alla Corte di giustizia europea ma alla fine la direttiva europea n. 2019/1937 sul whistleblowing, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione o di disposizioni normative nazionali è stata recepita. Il Consiglio dei ministri l’ha approvata con il decreto legislativo n. 24/2023.

La norma finalmente c’è ma non è ancora operativa: le nuove disposizioni entreranno definitivamente in vigore dal 15 luglio 2023 salvo per i soggetti del settore privato che nell’ultimo anno hanno impiegato in media fino a 249 lavoratori subordinati, per i quali l’obbligo avrà effetto a decorrere dal 17 dicembre di quest’anno.
Per violazioni si intendono “comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato”, di cui si sia venuto a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

La platea dei soggetti interessati dalla tutela per la segnalazione degli illeciti (in quanto suscettibili di eventuali atti ritorsivi) è individuata dai commi 3 e 4 dell’art. 3 del Decreto legislativo ed è la più ampia possibile: comprende infatti tutti i dipendenti pubblici e i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi e i collaboratori che svolgono la propria attività presso i soggetti pubblici e privati o forniscono beni o servizi, i liberi professionisti e i consulenti, i volontari e tirocinanti anche non retribuiti, compresi i casi in cui il rapporto di lavoro non è iniziato (se le informazioni sulle violazioni siano state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali) e il periodo di prova.
Non solo: se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto di lavoro, l’ambito della tutela nei confronti di tali soggetti – nella triplice forma di tutela della riservatezza, tutela contro le ritorsioni e previsioni di cause di esclusione della responsabilità – è assicurata anche successivamente allo scioglimento del rapporto.

L’allargamento del perimetro dei soggetti che beneficiano della protezione arriva a ricomprendere i “facilitatori”, vale a dire coloro che assistono il segnalante nel processo di segnalazione, le persone legate ai segnalanti da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado, i colleghi di lavoro che operano all’interno del medesimo contesto lavorativo del segnalante e perfino gli enti di proprietà del segnalante o in cui il segnalante lavora.

La prima grande novità introdotta

La prima grande novità introdotta dalla norma è relativa agli enti privati ed è proprio l’obbligo (e non più la mera facoltà) di istituire canali di segnalazione interna e di introdurre strumenti approntati alla concreta tutela dei segnalanti. Per i privati, infatti, l’istituzione di tali sistemi era, sino a oggi, rimessa alla libera scelta di dotarsi di un Modello di organizzazione gestione e controllo, conformemente alle previsioni del decreto legislativo 231/2001.

La gestione del canale interno, sia nel settore pubblico che in quello privato, dovrà essere affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato oppure ad un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato. Il segnalante potrà ricorrere ad una segnalazione esterna nel caso in cui nel suo contesto lavorativo non sia prevista l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interno, o abbia già effettuato una segnalazione interna ma essa non ha avuto seguito, o ancora abbia fondati motivi di ritenere che la sua segnalazione interna possa determinargli ritorsioni o possa costituire un pericolo imminente per il pubblico interesse.

Le segnalazioni potranno essere effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, e in forma orale, attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ma anche, su richiesta del whistleblower, mediante un incontro diretto. Modalità, condizioni e procedure per effettuare le segnalazioni dovranno essere chiare, visibili e facilmente accessibili a tutti i possibili destinatari, anche a chi non frequenta i luoghi di lavoro. Se dotati di un proprio sito internet, i soggetti dei settori pubblico e privato pubblicheranno tutte le informazioni in una sezione dedicata sul sito.

Ampliamento degli illeciti oggetto di segnalazioni

Un’altra novità sostanziale è quella dell’ampliamento degli illeciti oggetto di segnalazioni. Il decreto estende il whistleblowing non solo alle materie di rilievo penalistico già considerate dal Decreto legislativo 232/2001 (corruzione e frodi in primis), ma anche a “malpractice” che incidono direttamente sugli interessi strategici comunitari (privacy, antitrust, ambiente) o a condotte che si assumono essere in violazione degli standard etici a cui gli enti intendono spontaneamente aderire.

Possibilità di rendere la segnalazione “pubblica”

Un’ulteriore novità della disciplina è infine la possibilità di rendere la segnalazione “pubblica”, attraverso i mass media o i social nel caso in cui il segnalante abbia azionato i debiti canali interni ed esterni e non abbia avuto seguito o, ancora, se abbia fondati motivi di ritenere che l’illecito denunciato possa costituire una minaccia concreta per l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.

Nella disciplina disegnata dal decreto, l’Anac assume un ruolo ancora più incisivo di quello che già gli spetta in forza dei suoi compiti e poteri istituzionali. L’Autorità è, in primo luogo, investita del potere di sanzionare gli enti che si renderanno inadempienti agli obblighi del decreto e sarà depositaria, in secondo luogo, di un canale di segnalazione esterno alle imprese, che i whistleblower potranno sempre utilizzare laddove la segnalazione attraverso i canali interni all’impresa non dovesse ottenere riscontro.

“Uno strumento in più per far crescere sia il settore pubblico che quello privato”

Nuove regole sul whistleblowing: Presidente Busìa, siamo alla tanto attesa svolta nella lotta alla corruzione?
“Finalmente l’Italia ha recepito la normativa europea sul whistleblowing, da Anac fortemente voluta e richiesta. La tutela del whistleblower è un diritto fondamentale, riconosciuto a livello internazionale, estensione del diritto di libertà di espressione. Preservare i whistleblower da comportamenti ritorsivi è sempre stato l’imperativo dell’Autorità. Chi responsabilmente denuncia qualche irregolarità sa di poter trovare tutela, senza temere le ritorsioni dei suoi superiori. Bene quindi il rafforzamento da parte del governo di questi poteri dell’Autorità, e bene l’allargamento del campo di applicazione, come richiesto dall’Unione europea. È uno strumento importante in più nella lotta alla corruzione. I whistleblower, dipendenti prima pubblici ora anche privati, che segnalano illeciti o illegalità di interesse generale di cui siano venuti a conoscenza sul luogo di lavoro, sono autentiche ‘vedette civiche’, capaci di mettere in gioco i propri interessi per denunciare i comportamenti illeciti. Si tratta di una leva fondamentale, non solo per far emergere corruzione e malaffare, ma anche per far crescere e migliorare il settore pubblico e quello privato”.

Le imprese non dovranno farsi trovare impreparate, incombe il rischio sanzione: secondo Lei arriveranno pronte all’appuntamento del 15 luglio? Il mondo imprenditoriale a suo avviso ha compreso l’importanza delle nuove regole nel contrasto al malaffare che tra l’altro tutela e interessa anche loro?
“Il mondo degli imprenditori ha capito l’importanza di questa riforma. E anche le perplessità iniziali stanno venendo meno. Vi era il dubbio in alcuni che l’istituto del whistleblowing potesse essere usato male, magari come elemento di pressione o di ricatto sui propri superiori. Proprio l’attento esame dei casi costituisce una delle funzioni più delicate affidate ad Anac. Va chiarito che l’Autorità offre protezione solo a chi realmente la merita (perché è stato sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altre misure punitive come conseguenza delle sue precedenti segnalazioni di illeciti commessi da un suo dirigente), e non a chi viene giustamente sanzionato dal proprio datore di lavoro o, addirittura, effettua una segnalazione come whistleblower al solo scopo di crearsi una sorta di alibi o scudo rispetto a sanzioni che sa essere imminenti. Per il ruolo decisivo che chi segnala illeciti può svolgere, è necessario accertare bene che non vi sia uso strumentale o per finalità private nella denuncia. Fondamentali restano, però, le garanzie che proteggono da ritorsioni chi segnala fatti illeciti commessi all’interno della propria organizzazione. La Direttiva Europea del 2019, finalmente recepita dall’Italia, ha rafforzato tale fondamentale figura, accrescendone i livelli di protezione del segnalante e, appunto, estendendone l’operatività anche al settore privato. Anac raccoglie le segnalazioni, e le sottopone ad un attento vaglio, proprio per verificare l’effettiva ritorsività delle misure adottate e solo in questo caso interviene. Esiste pertanto una valutazione accurata caso per caso. Dove non si ravvisano comportamenti ritorsivi, e quindi emerge un appello strumentale alle garanzie del whistleblowing, la protezione del segnalante viene meno. Proprio di recente Anac è intervenuta comminando una sanzione di 5.000 euro ad un alto dirigente medico di una Asl per comportamento grave e ritorsivo nei confronti di un collega medico che aveva denunciato comportamenti illeciti e irregolari da parte del superiore. Il dirigente medico sottoposto era stato oggetto di tre procedimenti disciplinari nel giro di poco tempo fra il 2020 e il 2021, con trasferimento ad altra sede operativa, per aver fatto presente presunti illeciti all’interno dell’Asl stessa. Anac è intervenuta e ha dichiarato la nullità del provvedimento di trasferimento, oltre ad infliggere la sanzione”.

Gli effetti di questa riforma riusciremo a vederli a breve termine?
“Io credo di sì. L’istituto del whistleblowing favorisce la cultura della legalità. Chi corrompe o commette violazioni di legge, danneggia tutta la comunità, e sappiamo che a pagarlo sono soprattutto i più deboli. La prevenzione dei comportamenti corruttivi è anche un modo per rimuovere le diseguaglianze e creare pari e eque opportunità per tutti. La ‘cattiva amministrazione’, che spesso è oggetto di denuncia del whistleblower, erode le radici della convivenza comune, il necessario coesistere di diritti e doveri, sui quali si fondano i vincoli di solidarietà economica e sociale richiamati dall’articolo 2 della nostra Costituzione. La Repubblica è legalità, come ripete il Presidente della Repubblica. Tutto ciò che può aiutare a far crescere nel Paese e nella società la cultura della legalità va promosso, sostenuto e incentivato”.

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