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Corte dei Conti: migliorano le finanze regionali. Ma dalla sanità al personale restano criticità

Corte dei Conti: migliorano le finanze regionali. Ma dalla sanità al personale restano criticità

In crescita le entrate derivanti dai tributi: la Sicilia passa da 13,2 miliardi del 2022 a quasi 16,2 del 2024

“Negli ultimi anni, nonostante il difficile contesto economico determinato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, l’Italia ha registrato una crescita media annua del 3,8% nel periodo compreso tra il 2021 e il 2024, superando quella dell’area Euro (2,8%)”. A dirlo è la relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e delle Province autonome approvata il 4 luglio dalla sezione Autonomie della Corte dei conti, presieduta dal giudice Guido Carlino. Nel documento di oltre 400 pagine, pubblicato ieri, vengono analizzati i tanti aspetti che descrivono lo stato di salute finanziario del Paese, nelle sue articolazioni territoriali: le Regioni, a statuto ordinario e speciale, e le Province di Trento e Bolzano.

“Gli aggiornamenti sul riparto e la gestione delle risorse nei documenti di programmazione economico-finanziaria nazionali e regionali per il 2024-2025 confermano l’attenzione alla stabilizzazione degli equilibri di bilancio e alla progressiva riduzione della dipendenza dalle risorse statali straordinarie, pur con un quadro ancora complesso dovuto alle variabili macroeconomiche globali”, ha scritto la Corte, sottolineando come tali elementi continuino a riflettersi sul grado di autonomia finanziaria regionale, “che resta influenzato dalla quota prevalente di trasferimenti statali, soprattutto in alcune Regioni a statuto ordinario e nelle Regioni con maggiori difficoltà economico-finanziarie”.

In tal senso, va subito detto che se le Regioni a statuto speciale (Rss) – come la Sicilia – trovano l’asse portante dell’autonomia finanziaria nelle compartecipazioni di quote del gettito di tributi erariali riscossi nei propri territori, prendendo in esame il triennio 2021-2023 soltanto una di esse presenta un indice di autonomia inferiore al di sotto del valore medio del comparto Rss: la Sicilia. Nella relazione si fa riferimento anche alla situazione che caratterizza il Paese in relazione all’Agenda 2030, l’insieme di obiettivi che l’Onu si è era data nel 2015 per migliorare le condizioni di vita generale nel pianeta, all’insegna dello sviluppo sostenibile.

“Le Regioni hanno un ruolo fondamentale nell’attuazione delle strategie per lo sviluppo sostenibile, ai cui obiettivi i documenti di programmazione regionali dedicano una crescente attenzione. A tale consapevolezza non fa riscontro, però, un’adeguata capacità realizzativa”, è il monito che arriva dalla Corte dei conti. L’analisi restituisce, come spesso accade, una fotografia a macchia di leopardo: “L’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile su scala territoriale mostra progressi limitati e disuguaglianze marcate tra le diverse Regioni e Province autonome, particolarmente evidenti tra Nord e Sud”.

A giugno, l’Onu ha fatto presente che, a sei anni dalla data limite per il raggiungimento degli obiettivi, solo il 17% dei 135 target verrà raggiunto, il 48% mostra progressi moderati mentre oltre un terzo è fermo o addirittura in stato di regresso. A livello regionale, la Sicilia – richiamando anche un recente rapporto Istat – viene citata in alcuni passaggi: per i risultati sotto la media nazionale in fatto di lavoro e crescita economica, riduzione delle disuguaglianze, cancellazione della povertà e istruzione, in cui l’isola condivide il deficit con Calabria, Puglia e Campania. In riferimento alla situazione in Sicilia e Campania, la Corte dei conti ricorda come “pesano negativamente il tasso di abbandono del sistema di istruzione e formazione da parte dei giovani, la bassa intensità di lavoro e la deprivazione materiale”.

Passando ai numeri, si può dire che nel triennio 2021-2023 le entrate registrate dalla Sicilia – calcolate tenendo conto degli accertamenti – sono cresciute registrando “una dinamica più moderata” rispetto ad altre regioni a statuto speciale: in Sicilia si è segnato il 6,99%, mentre nell’altra grande isola il 32,44%. Dove la Sicilia spicca – al pari delle altre Regioni a statuto speciale – è nel livello di riscossione delle entrate in conto competenza dove si registra un valore che sfiora il 99 per cento. Spostando lo sguardo sulla capacità di riscossione delle entrate in conto capitale, quelle dunque destinate a finanziare investimenti, le Regioni a statuto speciale, pur mostrando un saldo positivo nella quantificazione degli accertamenti in entrata, dunque l’iscrizione nel bilancio, vedono ridurre la capacità di riscossione: la Sicilia aumenta la capacità di accertare le entrate (+43,1 tra 2023 e 2021), ma riduce la capacità di entrare in possesso delle somme – 21,85% – “in diminuzione rispetto agli anni precedenti”, segnala la Corte.

Tra le voci significative che interessano la Regione Siciliana c’è l’azzeramento nel 2023 dell’accensione dei prestiti, mentre nel 2021 si era arrivati al miliardo e mezzo di euro. In crescita anche le entrate derivanti dai tributi che per legge spetta alle Regioni a statuto speciale trattenere: la Sicilia passa dai circa 13,2 miliardi del 2022 ai quasi 16,2 del 2024 (le entrate totali sono passate da 24 miliardi a 25,7). Guardando alle spese, nella relazione si segnala che la Sicilia – insieme a Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Trentino e Provincia autonoma di Bolzano – registra “una elevata capacità di impegno anche con riferimento alla spesa in conto capitale”. Un trend che si inverte nelle altre regioni, sia a statuto ordinario che speciale.

Nel 2023, la Regione ha speso in pagamenti oltre 22,3 miliardi. Si tratta del dato più elevato dopo Lombardia e Campania, e per quasi 16,5 miliardi è rappresentato da spesa corrente, mentre più di 1,8 miliardi da spesa in conto capitale. Tenendo da parte le spese destinate alla sanità, nelle Regioni a statuto speciale, “laddove – ricorda la Corte – i rispettivi statuti possono assegnare un più ampio novero di funzioni e quindi consentire un margine di operatività” nel 2023 si è registrato in molti casi un aumento della spesa: la Sicilia è la Regione con il dato più alto in Italia, oltre 12 miliardi, e segna una crescita del 12,18%.

Guardando ai singoli settori che sono stati finanziati dalla Regione siciliana, con oltre 23 miliardi, viene fuori questa ripartizione: 47,51% tutela della salute; 14,45% servizi istituzionali, generali e di gestione; 13,74% servizi per conto terzi; 5,54% trasporti; 4,47% relazioni con altre autonomie territoriali e locali; 2,29% sviluppo economico e competitività; 2,2% Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca; 1,96% sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente; 1,87% debito pubblico; 1,87% politiche sociali e della famiglia; 1,29% istruzione; 0,88% politiche del lavoro; 0,80% edilizia abitativa; 0,53% tutela dei beni culturali; 0,21% soccorso civile; 0,19% turismo; 0,13% energia e diversificazione fonti energetiche e infine 0,05% politiche giovani, sport e tempo libero.

Lea, Sicilia promossa per l’area Ospedaliera. Sotto la sufficienza Prevenzione e Distrettuale

Due insufficienze su tre. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno si potrebbe che, a dispetto del biennio 2020-2021, la situazione della sanità in Sicilia – stando al monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) tramite il Nuovo sistema di garanzia (Nsg) – nel 2023 è migliorata, stabilizzandosi sul dato del 2022. Tuttavia, è inevitabile chiedersi se e quando lo stato generale delle cose sarà tale da poter equiparare l’isola ad altre parti d’Italia.

“In base ai risultati del monitoraggio del Nsg per il 2023 – ha scritto la Corte dei conti nella propria Relazione sulla gestione finanziaria delle Region-Province autonome – Piemonte, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, FriuliVenezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna hanno registrato un punteggio superiore alla soglia di sufficienza (in tutte le macroaree). Nessuna Regione o Provincia autonoma, invece, presenta punteggi inferiori alla soglia su tutte le tre macro-aree”.

Di quest’ultimo scenario era stata protagonista la Sicilia qualche anno fa. Il Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dei Lea prevede l’attribuzione di un punteggio – il minimo per la sufficienza è 60 – in tre settori: Area prevenzione, Area distrettuale e Area ospedaliera.

Nel 2023, la Sicilia ha registrato 80 nell’Area ospedaliera mentre sotto la sufficienza sono rimaste l’Area prevenzione (49) e l’Area distrettuale (44). La bocciatura in due delle tre macro-aree ha riguardato anche la Valle d’Aosta (Distrettuale e Ospedaliera), l’Abruzzo e la Calabria (Prevenzione e Distrettuale).

“La gestione della spesa sanitaria rappresenta una sfida centrale per le Regioni, chiamate a garantire il diritto alla salute in un quadro di sostenibilità economica sempre più complesso – hanno scritto i giudici –. Tra il 2021 e il 2023 la spesa sanitaria complessiva è cresciuta significativamente, passando da 139,9 a 152,9 miliardi di euro, trainata sia dall’aumento dei costi ordinari, come il personale e i servizi, sia dagli investimenti straordinari legati al Pnrr. Nel solo 2023 il finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale ha raggiunto i 128,87 miliardi, di cui il 96% destinato ai Lea, per assicurare la garanzia di standard minimi di assistenza su tutto il territorio. Tra le Regioni con i maggiori aumenti figurano Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia. Tuttavia – si legge nella relazione – persistono disavanzi, disomogeneità territoriali e difficoltà nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, accentuati dall’invecchiamento della popolazione e dalla crescita delle patologie croniche”.

Nel documento si specifica che il riparto del finanziamento dei Lea in Sicilia è stato frutto per oltre 128 milioni da ricavi ed entrate delle Aziende sanitarie, più di 4,8 miliardi per quota di partecipazione del pubblico; 1,2 miliardi da Irap, circa mezzo miliardo da addizionale Irpef e 3,2 miliardi da accesso al Fondo sanitario nazionale.

Restando in tema di sanità, nel triennio in esame, “le risorse finanziarie destinate dalle Regioni e Province autonome ai ripiani dei disavanzi sanitari relativi ad esercizi pregressi – si legge nella relazione – hanno registrato una contrazione di -1.387 milioni di euro (-49,6%); la riduzione è quasi integralmente imputabile alla Regione siciliana (1.563 mln del 2021 contro i 15 mln del 2023). Osservando il biennio 2022-2023, la riduzione delle risorse destinate al ripiano dei disavanzi risulta essere inferiore: -379 mln (-21,2%)”.

La Regione resta “regina” per numero di dipendenti

Nella relazione della Corte dei conti, il tema in cui la Regione Siciliana spicca per incidenza dei numeri è quello relativa al personale assunto. I dati fanno riferimento al 2023 e tengono conto della popolazione registrata all’1 gennaio dello stesso anno. “Considerando il rapporto a base mille, risulta che tutte le Regioni del Centro e del Meridione, ad eccezione della Puglia (0,55), superano il valore medio delle Regioni a statuto ordinario (0,74), mentre le Regioni del Nord, ad eccezione della Liguria (1,15) e dell’Emilia-Romagna (0,82), presentano valori più bassi della media nazionale”, si legge nel documento.

In merito alla situazione nelle Regioni a statuto speciale – alle quali, bisogna ricordare, sono attribuite un maggior numero di funzioni rispetto a quelle a statuto ordinario – si mette in luce “una media nettamente superiore (3,51) rispetto a quella rilevata nelle Regioni a statuto ordinario”, con picchi elevatissimi, per esempio, in Valle d’Aosta, dove ogni mille abitanti ce ne sono oltre 21 che percepiscono redditi dalla Regione. “Di un certo rilievo anche il dato relativo alla Regione Siciliana, ove l’indicatore è influenzato da una consistenza totale del personale che, in valore assoluto risulta superiore a quella dell’area Centro, inferiore di circa 500 unità a quella del Sud e di circa 2.400 unità a quella dell’area Nord”, viene rimarcato.

Il caso della Sicilia è particolare: nonostante una flessione del 5,73% rispetto al 2021, resta la Regione con la maggior dotazione di personale, ben 11.338 dipendenti. In termini assoluti, la classifica che descrive il numero di dipendenti vede poi la Provincia di Trento (4674) e la Campania (4582).

Se ci si focalizza sul rapporto tra numero di dipendenti e popolazione, la Sicilia si attesta sul valore di 2,36 ogni mille abitanti, che è superiore alla media nazionale (1,15) ma anche inferiore, oltre alla già citata Valle d’Aosta, anche alle Province autonome di Bolzano e Trento (rispettivamente 7,63 e 8,61 per mille abitanti) e Friuli Venezia Giulia (3,17). La Campania si ferma ad appena lo 0,8 per mille.

Escludendo la Provincia di Trento, in Sicilia c’è anche il rapporto più basso in Italia tra non dirigenti (10.614) e dirigenti (724): 14,67. La media nazionale è di 20,41, con un picco in Sardegna di 49,11.