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Corte Costituzionale, in 70 anni solo 9 giudici donna. Anche qui la parità di genere è ancora un miraggio

Corte Costituzionale, in 70 anni solo 9 giudici donna. Anche qui la parità di genere è ancora un miraggio
Consulta Corte Costituzionale

Maria Alessandra Sandulli unica scelta femminile per la Consulta, che rimane un’istituzione ad appannaggio maschile

ROMA – Dopo un lungo tira e molla, giovedì sono stati finalmente eletti i quattro giudici costituzionali che mancavano alla Consulta: Francesco Saverio Marini, Roberto Cassinelli, Massimo Luciani e Maria Alessandra Sandulli.

Dal 1956 a oggi solo 9 donne alla Consulta

Uno dei commenti a caldo, leggendo i nomi, è inevitabile: la sfida sulla parità di genere ha perso. D’altronde, non è cosa nuova in Corte costituzionale, dove dal 1956 a oggi sono state solo nove le donne elette su un totale di 125 giudici, di cui solo due quelle scelte dal Parlamento (una è Sandulli, per l’appunto).

Che non sia cosa nuova, però, non vuole dire che non sia una notizia. Ed anche una notizia su cui non bisognerebbe soprassedere. È di questo avviso Elena Bonetti, deputata di Azione e già ministra per le Pari opportunità, che parlando della nomina di Sandulli ha così sottolineato quanto stoni la proporzione dei sessi di fronte alla sfida dell’equità: “È un nome ottimo, con un profilo di caratura eccellente. Purtroppo è l’unico nome femminile che commenteremo oggi per un incarico di rilievo altissimo. Ci sono in Italia tante donne competenti e spiace che l’unico tratto in cui tutti i partiti si somigliano sia l’irrinunciabile tendenza a scegliere gli uomini per nomine di rilievo. Lo dimostra il fatto che quello di Sandulli è un profilo tecnico e non politico. Il giorno in cui vedremo prevalere il numero di donne all’esito di un accordo politico sarà una notizia, e non dovrebbe esserlo”.

Processo di equità tra i due sessi difficile in Italia

Il processo di equità tra i due sessi, nella storia della Repubblica, è stato da sempre difficile e lento in Corte Costituzionale: la prima donna giudice costituzionale fu Fernanda Contri, nominata alla Corte nel novembre del 1996 dal presidente della Repubblica di allora, Oscar Luigi Scalfaro. Da allora solo otto altre donne sono diventate giudici costituzionali: Maria Rita Saulle, Marta Cartabia, Daria De Pretis, Silvana Sciarra, Emanuela Navarretta, Maria Rosaria San Giorgio, Antonella Sciarrone Alibrandi e, in ultimo, Maria Alessandra Sandulli che ha dato inizio al suo nuovo incarico (“Ringrazio i rappresentanti del popolo italiano per questa elezione, ad una carica che per me riveste la massima importanza”).

Anche il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, intervistato da Adnkronos è intervenuto sulla questione della parità di genere all’interno della Consulta: “Il Parlamento avrebbe potuto impegnarsi di più, ma è nella sua discrezionalità. Rispettiamolo e teniamocelo caro, come che sia composto”.

C’è da riportare che Mirabelli, dal canto del suo giudizio maschile, ha dato una sferzata importante al clima in cui sono avvenute le elezioni: “Avrebbe dovuto essere più aperto alla questione femminile, ma è succube di altri equilibri”, sottolineando però che al momento “c’è addirittura una presidente del Consiglio donna e una capo partito che è donna. Quindi non è che sono sotto rappresentate: sia la capa della maggioranza che della opposizione sono donne, quindi hanno una forza politica. Per fortuna le donne valgono per la loro professionalità e anche capacità politica, imponendosi nella sfera pubblica. E questo è un bene”.

Mirabelli ha però, contestualmente, ammesso: “Le donne hanno maggiore difficoltà perché in genere assolvono ad altri impegni da cui gli uomini tendono a sottrarsi. Lavorando due volte, hanno un onere educativo maggiore rispetto agli uomini, anche per attività non adeguatamente valorizzate dal punto di vista sociale e istituzionale. E poco tempo per essere visibili quanto gli uomini. Ricordo Contri, che aveva difficoltà ad andare in tribunale per la figlia”.

Il nodo riportato all’attenzione dal presidente emerito è una delle verità più nude che ci siano: alla donna si attribuisce ancora un insostituibile ruolo di cura (non retribuito) che, in alcuni casi, può diventare ostacolo: per esempio, quando i luoghi di lavoro si modellano – in fatto di spazi e di orari – solo a uno standard di vita maschile. Oppure ancora, quando gli impegni familiari (più opprimenti per la donna che per l’uomo, in genere) finiscono per essere motivo di giudizio a lavoro, o addirittura di svalutazione da parte dei colleghi. Fu proprio quello che successe a Contri, che “subì” una campagna stampa che la giudicava in possibile difetto rispetto ai requisiti di massima stabiliti dalla Costituzione italiana.

Mirabelli la difese e tutt’ora, ricorda: “Contri fu un buon acquisto, persona di grande equilibrio e capacità di interrelarsi con gli altri. Ricordo che anche in momenti difficili, ha avuto una posizione di equilibrio e cucitura molto di sostegno anche a Falcone”.

L’annosa questione (tutta al femminile), del binomio famiglia-lavoro è ancora irrisolta, anche per alcune delle massime cariche dello Stato: le donne, a fatica, continuano a camminare a testa alta in mezzo agli ostacoli.