Una vittoria sull’abusivismo: con queste parole è stata salutata la sentenza della Corte costituzionale n. 72 del 2025.
L’art. 15, primo comma, lettera a), della legge della Regione siciliana 12 giugno 1976, n. 78 (Provvedimenti per lo sviluppo del turismo in Sicilia), prevedeva che gli strumenti urbanistici generali comunali dovessero contenere la prescrizione del divieto di costruire entro il limite di 150 metri dalla battigia. Ritenendo che la prescrizione di inedificabilità, per produrre i suoi effetti limitativi, dovesse prima essere inserita negli strumenti urbanistici dei Comuni, molti avevano edificato nelle zone precluse, seppure in assenza di tale recepimento. Nel 1991, a distanza di ben 15 anni, il legislatore siciliano approvava la legge n. 15 che all’art. 2, comma 3 prevedeva che le disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma, lett. a) d) ed e) della legge regionale n. 78 del 1976 dovessero intendersi “direttamente ed immediatamente” efficaci anche nei confronti dei privati. Chi aveva costruito entro il limite dei 150 metri non avrebbe potuto così beneficiare dei condoni previsti dalla legge regionale n. 37 del 1985 che li escludeva nei casi di inedificabilità assoluta.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (Cgars) sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, terzo comma, citato. A suo avviso non poteva essergli riconosciuta natura interpretativa vista la chiarezza della norma asseritamente da interpretare. Esso poteva valere pertanto solo per il futuro: la retroattività avrebbe leso il diritto di proprietà dei soggetti interessati, esclusi retroattivamente dalla possibilità di chiedere un condono nel quale avevano legittimamente confidato.
Con una legge “di interpretazione autentica” il legislatore dichiara il significato da attribuire ad una norma già vigente, sin dal momento della sua entrata in vigore. Poiché tale retroattività può danneggiare gli amministrati che avevano attribuito alla norma un significato diverso da quello successivamente e autoritativamente assegnatole dal legislatore ab initio, il controllo della Corte costituzionale sulle leggi qualificate “di interpretazione autentica” è particolarmente severo trattandosi di norme retroattive suscettibili di ledere valori costituzionali (tra i tanti quello della certezza del diritto).
Se il significato della norma era ambiguo, e soprattutto se i giudici nel darvi applicazione l’hanno interpretata ciascuno a suo modo, il legislatore può precisarne il vero contenuto senza che gli amministrati possano invocare il cosiddetto “affidamento”. Non possono cioè invocare una fondata aspettativa a che venga confermata l’interpretazione che essi avevano dato alla norma, regolandosi di conseguenza.
Da un esame dell’intera legge n. 78 del 1976 la Corte costituzionale ha desunto che il suo articolo 15, primo comma, lett. a) poteva dar adito a dubbi e necessitasse pertanto di una interpretazione autentica. È pur vero che l’incipit della norma sembrerebbe effettivamente indicare che il dictum dell’inedificabilità si rivolge ai comuni, tuttavia, altre disposizioni della legge contengono indicazioni che possono con fondamento essere interpretate come immediatamente rivolte ai privati in attesa di essere poi recepite negli strumenti urbanistici comunali. Né le leggi regionali succedutesi tra il 1976 e il 1985 potevano far sorgere un affidamento in un condono reso poi impossibile dalla legge del 1991, in quanto escludevano dalla sanatoria gli edifici sorti in dispregio dei limiti di rispetto, indipendentemente dalle previsioni urbanistiche. La Corte dichiara quindi infondate le questioni e “salva” la legge regionale ritenendola idonea allo scopo di salvaguardare l’integrità delle coste siciliane.
Giovanni Cattarino
già Consigliere della Corte costituzionale e Capo Ucio Stampa

