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Costosa, precaria e insicura: in Sicilia la scuola sempre più un diritto azzoppato

Costosa, precaria e insicura: in Sicilia la scuola sempre più un diritto azzoppato
scuola sicurezza

Famiglie “strozzate” dal caro libri ed edifici senza agibilità, tra una settimana si torna in classe con i soliti problemi

Per un figlio che si appresta a iniziare il suo primo anno di scuola media, come la si chiamava un tempo e come la definiamo adesso per praticità, in Sicilia servono 325 euro di soli libri di testo cui vanno aggiunti circa 60-70 euro per uno zaino resistente quanto basta per trasportare il carico che gli viene posto ed imposto sulle spalle. Bisogna poi calcolare tutto il corredo di materiale didattico fatto di matite, penne, portacolori, squadrette e righelli, quaderni ed infine anche le attività didattiche esterne cui contribuire nel corso dell’anno o materiale e dispense da procurare su richiesta degli insegnanti. Se i figli sono due va via quasi un mese di stipendio di un lavoratore generico. Se si aggiunge il servizio scuolabus assente nelle città, nell’anno scolastico vanno ricompresi anche i costi per accompagnarli a scuola (e riprenderli) che fanno lievitare a dismisura l’investimento. È duopo chiedersi la scuola pubblica cosa offra a fronte di tale sacrificio per le famiglie siciliane, ma prima di aprire questo capitolo bisogna guardare bene tra le pieghe di una istituzione che ha degli effetti sociali sulle famiglie ma anche sul Prodotto interno lordo di una Regione che stenta più che a decollare, semplicemente ad emanciparsi.

Quello che un tempo era detto “tempo prolungato” è poi divenuto “tempo normale”, perché normale è nelle regioni italiane più produttive che i figli non debbano gravare unicamente sulle spalle delle famiglie e che queste debbano poter lavorare senza il sacrificio della donna-madre a tempo pieno, dedita unicamente ad accudire i figli. Un campus estivo per i propri figli costa in media 400 euro al mese. Anche di più se i genitori hanno bisogno fino a metà pomeriggio perché ancora a lavoro. Durante l’anno scolastico permane l’esigenza di associazioni, per lo più Ets, che si prendono cura dei figli dopo la scuola con ulteriore esborso per le famiglie. Il “tempo normale però non viene attivato nelle scuole siciliane, salvo in casi che hanno più il sapore di “progetto sperimentale” che di normalità, e non vengono adeguatamente sponsorizzati tra le famiglie. Inoltre, le scuole siciliane – anche qui salvo rari casi – non dispongono neanche di mense negli edifici scolastici.

Il quadro complessivo sulla scuola è negativo

Il quadro complessivo emerso nel corso dell’inchiesta del nostro giornale è negativo. In Sicilia la scuola è precaria perché in buona parte fatta da precari, gli edifici sono spesso edilizia civile riadattata a uso scolastico con aule ma senza spazi aperti e comuni di socializzazione e benessere ambientale, non ci sono mense né le scuole intervengono sull’educazione alimentare e sulle abitudini sociali, la programmazione dell’attività didattica è resa difficile dalla precarietà di molti insegnanti che cambiano istituto anno dopo anno, la programmazione degli interventi di sicurezza edilizia sembra impossibile come impossibile è accedere ad un database pubblico ed unico dal quale verificare se la scuola che frequenta il proprio figlio ha la certificazione di agibilità, è antisismica, climatizzata, oppure semplicemente il tetto di un’aula rischia di crollare da un momento all’altro.
Come accaduto in una scuola di Mussomeli, miracolosamente pochi giorni prima del ritorno a scuola. Il primo settembre, sul sito QdS.it, le prime righe della notizia sono state: “A Mussomeli, in provincia di Caltanissetta, è crollata una parte del solaio della scuola elementare e media ‘Padre Messina’ di via Pola, nella parte bassa del comune nisseno. Non si conosce con certezza il momento in cui è avvenuto il crollo. A scoprirlo sono stati i collaboratori scolastici alla riapertura del plesso”. Se fosse stato durante l’orario delle lezioni, con i bambini in aula, avrebbe potuto trasformarsi in una strage.

In Sicilia solo 404 immissioni a ruolo del personale Ata

Tra i tanti limiti della scuola pubblica italiana, che sempre più campo cede agli istituti privati ormai non così elitari rispetto ai costi della pubblica, ad agosto di quest’anno emergeva anche quello del personale Ata, il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario. Il 18 agosto, con una nota che il primo lunedì dopo ferragosto sarà sfuggita ai più, la Flc Cgil Sicilia faceva notare che “a partire dal 1° settembre 2025, in Sicilia saranno solo 404 le immissioni in ruolo del personale Ata, a fronte di 1.404 posti disponibili. Una copertura del 28,77%, ben al di sotto della media nazionale del 31,36%”. Secondo Adriano Rizza, segretario generale della Flc Cgil Sicilia, “queste cifre confermano l’incapacità del sistema di rispondere alle reali esigenze delle scuole”. Ed aggiunge: “È inaccettabile che, nonostante le nostre pressioni a livello nazionale e regionale, si mantengano vincoli di turnover che strangolano il pubblico impiego”.

Nello specifico, rende noto la sigla sindacale, “saranno solo 272 collaboratori scolastici su 862 posti disponibili; 78 assistenti amministrativi su 280 posti disponibili; 41 asistenti tecnici su 213 posti disponibili e otto funzionari Eq (ex Dsga) su 12 posti disponibili”. Il “sistema” però è fallace anche se si parla di “sistema informatizzato”. Notizia di settembre, anche questa quindi a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, è che il software che gestisce le nomine dei predetti insegnanti precari sia andato in tilt per l’intero quadro docenti nazionale, assegnando cattedre il primo settembre che poi sono state annullate a seguito del rilevamento di errori segnalati da altri docenti esclusi.

“La scuola ha bisogno di stabilità e investimenti”

“La scuola ha bisogno di stabilità e investimenti”, sostiene con forza Adriano Rizza che afferma anche come “continuare a ignorare queste emergenze significa danneggiare non solo i lavoratori, ma l’intera comunità scolastica”. A questi problemi si aggiungono anche quelli per i servizi Asacom, fondamentali per l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, in carico agli enti locali ed in discussione all’Ars da parecchio tempo e parecchie manovre finanziarie. La norma con il contributo agli enti locali per i servizi Asacom è stata infine esclusa anche dalla manovra finanziaria ter, approvata ad agosto dalla deputazione regionale, e rinviata alla variazione quater il cui esame inizia dal 9 settembre in Commissione bilancio. In una regione con centinaia di comuni in dissesto finanziario, i servizi agli alunni disabili sono un calvario familiare che ricomincia puntuale come ogni anno anche questo settembre.

Renzo Piano, architetto italiano di fama mondiale, ha immaginato – e realizzato un modello in miniatura – una “scuola ideale”. Nella sua visione, nel suo progetto, è una scuola che crea integrazione e coltiva la comunità. La scuola di Renzo Piano è un luogo sostenibile, che vive anche al di là delle ore di lezione e che è circondato dalla natura. Chi scrive ha visionato il progetto dell’architetto molti anni orsono, quando si era proposto di progettarne una gratuitamente. La scuola del progetto allora proposto era caratterizzata da un grande albero al centro, intorno verde e panchine e spazi di socializzazione visibili da ogni aula con parete a giorno sul giardino centrale. Un luogo in cui si coltiva il benessere degli studenti mentre studiano ed anche quando non stanno sui banchi delle rispettive aule. Ma questo concept di edilizia scolastica sembra utopia in Sicilia, dove prima bisogna risolvere – anche quest’anno – la sicurezza degli esistenti edifici scolastici, otto su dieci circa privi di certificazione di agibilità.

Il panorama degli edifici scolastici

A novembre dello scorso anno la Cgil ha presentato il risultato della ricognizione, recante gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2022, sul panorama di edifici scolastici costituiti da edifici costruiti in maggioranza tra gli anni ’50 e gli anni ’70: “Al 2022 di 3.533 edifici scolastici solo 760 avevano la certificazione di agibilità completa, il 21,51%; 1.656 il collaudo statico (il 46,87%) e 952 (il 26,85%) sistemi di prevenzione antincendio. Nel 2020 sono stati censiti 3.669 edifici scolastici in zona sismica, 3.146 dei quali in zona 2 su scala 4, ma gli interventi per aumentarne la sicurezza sono stati minimi: per l’1,3% di essi per quanto riguarda l’adeguamento, per lo 0,9% per il miglioramento senza che si raggiungesse tuttavia il livello prescritto”.

Costosa, precaria e insicura: in Sicilia la scuola sempre più un diritto azzoppato
VALENTINA CHINNICI, POLITICA

La deputata Valentina Chinnici, presidente nazionale del Cidi

“La metà dei docenti a tempo, così tutto il sistema è instabile”

Insegnate di professione ma prestata alla politica, dove è stata eletta deputata regionale del Partito Democratico del quale è da qualche tempo vicesegretaria regionale, Valentina Chinnici è anche presidente nazionale del Cidi, Centro iniziativa democratica insegnanti.

Nel contesto scolastico generale, quali sono le primarie difficoltà o criticità per il personale, docente e non?
“Il problema atavico della scuola dal punto di vista del personale è la precarietà, perché ogni anno circa il 50% dei colleghi docenti è precario. Quindi, se il 50% degli insegnanti è precario, vuol dire che è una scuola precaria. Ogni anno i docenti cambiano ed ogni anno i presidi vedono davanti a se il 50% di insegnanti nuovi. Fare una programmazione seria, radicarsi nelle classi, nella scuola stessa, così, è molto difficile. Alla precarietà poi si aggiunge l’affollamento e la concorrenza di sistemi di selezione e formazione del personale per l’immissione in ruolo che sono quanto di più complesso, farraginoso, contrastante, contraddittorio e che non di rado innescano guerre fra precari di vario tipo. Solo i sindacati che ci lavorano da anni sanno districarsi nel ginepraio dell’accesso in ruolo nella scuola italiana. Così un insegnante un anno è in una scuola, poi a giugno saluta tutti, a settembre ricomincia in un’altra scuola e la continuità didattica in Italia è dimezzata. Una chimera per il 50% degli insegnanti, ma anche per gli alunni. Perché il nostro primo obiettivo sono gli alunni”.

Questo scenario di precarietà e discontinuità didattica può contribuire alla dispersione scolastica?
“Certo. Assolutamente si. Lo dice chi ha lavorato dieci anni a Borgo Nuovo e gli ultimi dieci a Borgo Vecchio. Soprattutto in queste scuole il corpo docente deve essere assolutamente il più possibile stabile, altrimenti l’auctoritas dell’insegnante non viene riconosciuta. Perché li non funziona che l’autorità la dai, checché ne pensi Valditara, con i voti bassi o con il rigore. Tu l’autorità li la guadagni se ti guadagni la loro fiducia ed il loro affetto”.

Efficienza della programmazione scolastica, didattica pomeridiana, mense, spazi di socializzazione, c’é un intero elenco di carenze; che ripercussioni hanno sui ragazzi e sulla società?
“La Cgil ha calcolato che alla fine della quinta elementare un bambino siciliano fa quasi un anno e mezzo di scuola in meno rispetto ad un bambino lombardo o emiliano. Le scuole dovrebbero stare aperte quantomeno fino alle venti, ma laddove sono già attrezzate, dove c’é già la cultura del tempo pieno, o tempo prolungato, come in Emilia Romagna ed in Piemonte dove furono le stesse donne a chiedere questo servizio perché lavoravano. In Sicilia ci si è sempre cullati sul fatto che le donne non lo chiedevano perché non lavoravano, ma questo è chiaramente un cane che si morde la coda. Non lo chiedi perché non lavori e non lavori perché devi accudire i bambini. Io ho sempre sostenuto che la politica deve avere pure una funzione pedagogica. Chiaro che la didattica pomeridiana deve essere una didattica calibrata, attività didattica ludica, laboratorio. I nidi d’infanzia poi sono un’altra grandissima infrastruttura sociale che in Sicilia è totalmente carente, il sistema integrato 0-6 anni in Sicilia non è decollato per niente, ma sono infrastrutture sociali che poi impattano sulle capacità cognitive del bambino e sul suo successo scolastico”.

Sembra inoltre che in Sicilia, sul piano scolastico, l’ambiente circostante conti poco; perché?
“La nostra edilizia scolastica è edilizia civile, purtroppo. Banalmente noi abbiamo molte scuole ospitate in palazzi. Quindi non sono nate come scuole. Sui fondi del Pnrr io ancora devo fare una disamina vera, perché non so quanti cantieri sono stati attivati e quante scuole nuove sono state create in Sicilia. So che i Comuni hanno lavorato, hanno presentato i progetti, però sappiamo che il governo ha stoppato i progetti sugli asili nido perché non ci si arrivava coi tempi. Temo quindi che la Sicilia sia rimasta al palo”.

Costosa, precaria e insicura: in Sicilia la scuola sempre più un diritto azzoppato

Carlo Gilistro, deputato regionale del M5s e pediatra

“Caro scuola piaga che pesa su migliaia di famiglie,
così l’istruzione si trasforma in un affare per ricchi”

Carlo Gilistro è deputato regionale eletto con il Movimento 5 stelle, ma prima che personaggio politico è un pediatra che spesso si è speso anche in Sala d’Ercole per mozioni ed iniziative, inclusa una legge voto approvata, in favore dei ragazzi e dei bambini per i quali ha passato una vita prendendosene cura. Lo si ricorda ancora con il caschetto giallo da cantiere edile perorare interventi sulla sicurezza degli edifici scolastici ed esultare all’approvazione del ddl sul controllo dell’uso di device elettronici ai bambini.

Come ogni anno la riapertura delle scuole è stata anticipata da notizie sul “caro scuola”, ed anche quest’anno emerge un quadro difficilmente sostenibile per le famiglie; tanto più in Sicilia, dove il reddito medio pro capite è sensibilmente più basso. Non c’é soluzione ad una scuola pubblica, magari dell’obbligo, pagata di tasca dalle famiglie?
“Il caro scuola è una piaga che pesa su migliaia di famiglie in Sicilia. A livello nazionale, secondo recenti stime, la spesa media per il corredo scolastico è di circa 591 euro per i libri di testo e due dizionari, con un aumento del 18% rispetto all’anno precedente. Un salasso. Abbiamo dimenticato che la scuola è un diritto, mentre stiamo trasformandola in un affare per ricchi”.

Quello dei libri è un problema che pesa, anche sulle spalle dei bambini; ancora nel 2025 ci troviamo un sistema scolastico basato su giovanissimi muli con pesanti oltre che costosi zaini sulle spalle.
“È ormai scientificamente provato che lo zaino non dovrebbe superare il 10-15% del peso corporeo dell’alunno. Lo dicono diverse fonti sanitarie ed io, da pediatra, condivido. Molti studenti oggi trasportano carichi ben superiori: fino al 22-27%, e in alcuni casi oltre il 30% . Questo favorisce dismorfismi posturali, scoliosi e altre patologie fin dalla giovane età. Le soluzioni? Ci sono. Dividere i tomi più corposi in più volumi, leggeri e compatti; promuovere il booksharing tra compagni di banco e formare insegnanti e famiglie sull’uso corretto dello zaino: due spallacci, peso vicino alla schiena, ecc”.

I bambini ed i ragazzi a scuola devono socializzare di più, usare gli smartphone meno, non usarli durante le lezioni o per aggirare ostacoli didattici. La circolare del Ministero arriva mesi dopo l’approvazione della legge voto che porta il suo nome, ma è sulla stessa linea di limitazione. I device sono pericolosi per i ragazzi?
“Nessuno ritiene che la tecnologia sia nemica dei giovani, figuriamoci. Ma come in tutte le cose, serve un controllo consapevole per tutelare il loro benessere psicofisico e sociale. Forse non ci avete mai fatto caso, ma i costi sociali e sanitari legati ai nuovi disturbi collegabili ad un uso intensivo e senza regole dei dispositivi digitali, sono spaventosi”.

L’edilizia scolastica è un altro motivo d’allarme che non viene mai affrontato, neanche quando si pianificano infrastrutture importanti e si dispone di ingenti risorse.
“Questa è la più classica delle emergenze ignorate, in Sicilia. Stando ad alcuni dati disponibili, solo il 21,5% delle scuole siciliane ha la certificazione di agibilità; secondo altre stime, 7 scuole su 10 ne sarebbero prive (2.952 scuole su 4.173 totali) . Sul piano antisismico, solo lo 0,4% degli edifici ha visto interventi di adeguamento, ed appena il 6,8% è progettato secondo le norme antisismiche. Questo è inaccettabile. E il problema è che non esiste un database aggiornato, per provincia o per regione. Quindi è anche difficile capire la situazione reale, oltre alle stime. Capirete che è assurdo, come giocare alla roulette russa”.

Dai tetti che crollano ai vetri oscurati delle aule per ridurre il caldo fino alle caldaie che non ce la fanno in inverno nel periodo più rigido; stare fermi in classe in queste condizioni e concentrarsi sugli studi è difficile.
“Dobbiamo essere franchi. Le istituzioni non sono state capaci di creare comunità energetiche scolastiche, che avrebbero permesso risparmi, climatizzazione e produzione pulita. In una regione che affronta estati sempre più torride, è scandaloso che solo pochissimi istituti garantiscano condizioni climatiche umane”.