Il reato di epidemia colposa in forma omissiva è configurabile. Questo è un sì che accende anche le speranze dei familiari delle vittime Covid di Bergamo quello che arriva dalle Sezioni unite della Corte suprema di Cassazione, in risposta al quesito posto su ricorso originato dal tribunale di Sassari, in riferimento al caso di un dirigente dell’ospedale Civile di Alghero finito a processo con l’accusa di non aver fornito adeguate protezioni e garantito la sicurezza dei lavoratori contro la diffusione di Covid all’interno della struttura.
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L’uomo è stato poi assolto a marzo 2024, perché il tribunale aveva ritenuto che non potesse configurarsi il reato in questione, in assenza di un’azione deliberata, ma solo per un’omissione di azioni. Ma dopo l’assoluzione è arrivato immediato il ricorso in Cassazione, dove la Quarta sezione penale, rilevando una contrapposizione di opinioni nella giurisprudenza di merito, ha ritenuto di rimettere la questione alle Sezioni unite (la decisione è di settembre 2024).
“Reato di epidemia colposa è configurabile”: cosa dice la Cassazione
E si arriva a oggi: come osservano in una nota i legali dei familiari delle vittime Covid, “le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno deciso che il reato di epidemia colposa in forma omissiva è configurabile, ribaltando di fatto tutte le pronunce in cui è stata disposta l’archiviazione in base ad una legge del 1929 che prevedeva che il reato di epidemia ci fosse solo se taluno sparge il virus nel mondo”. La decisione “radicalmente cambia lo scenario giuridico del reato di epidemia colposa e potrebbe far riaprire i procedimenti italiani sulla gestione della pandemia nel 2020”, si osserva nella nota.
Il commento dei legali dei familiari delle vittime del Covid
“E’ chiaro che” la pronuncia in questione “riapre tutti gli scenari processuali – commentano i legali del team che segue i familiari delle vittime del Covid Consuelo Locati, Giovanni Benedetto, Luca Berni, Alessandro Pedone e Piero Pasini – e cercheremo di riaprire i processi. In ogni caso, questa pronuncia non può non essere parte del procedimento penale avanti il tribunale di Roma radicato nei confronti degli ex direttori generali della prevenzione presso il ministero della Salute”. Di fatto, è la conclusione nella nota, “la decisione delle Sezioni unite della Corte di Cassazione conferma la ragionevolezza della maxi indagine della procura di Bergamo, che aveva indagato 20 persone tra politici e tecnici, e dà atto della validità della battaglia di verità e giustizia portata avanti da 5 anni dai familiari delle vittime e dai loro avvocati”

