Covid: con poca vitamina D più rischi Long Covid, studio italiano - QdS

Covid: con poca vitamina D più rischi Long Covid, studio italiano

Covid: con poca vitamina D più rischi Long Covid, studio italiano

Redazione  |
sabato 13 Maggio 2023

Ricerca San Raffaele-UniSr Milano a Congresso europeo endocrinologi, 'dopo l'infezione monitorare livelli nel sangue'.

Bassi livelli di vitamina D sono associati a un maggior rischio di Long Covid, secondo uno studio italiano presentato al 25esimo Congresso della Società europea di endocrinologia in corso a Istanbul, in Turchia (13-16 maggio). La ricerca, pubblicata di recente sul ‘The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism’, è stata condotta da un gruppo di scienziati dell’Irccs ospedale San Raffaele e dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Gli autori evidenziano la necessità di indagini più ampie per confermare il collegamento, ma suggeriscono a chi ha avuto Covid-19 di controllare le concentrazioni di vitamina D nel sangue.

Il Long Covid o sindrome post-Covid – ricordano i ricercatori – è una nuova condizione patologica in cui gli effetti di Covid-19 durano più di 12 settimane dal momento del contagio. Gli studi indicano che il Long Covid colpisce il 50-70% di chi è stato ricoverato per Covid, anche se sulla sindrome c’è ancora molto da capire. Bassi livelli di vitamina D sono stati indicati come un fattore di rischio che espone gli ospedalizzati Covid agli esiti più gravi come intubazione, ventilazione meccanica o morte, ma il ruolo della ‘vitamina del sole’ nel Long Covid non è stato ancora adeguatamente indagato.

I dati emersi

Nella ricerca, sostenuta da Abiogen Pharma Spa, gli scienziati hanno esaminato 100 pazienti di età compresa tra 51 e 70 anni, con e senza Long Covid. Hanno misurato i loro livelli di vitamina D al momento del primo ricovero per Covid-19 e 6 mesi dopo la dimissione, osservando livelli più bassi nei pazienti con Long Covid rispetto a quelli senza sindrome post-virus. Un dato che è apparso più evidente in chi, nel follow-up di 6 mesi, ha manifestato sintomi di ‘nebbia cerebrale’ come confusione, problemi di memoria e scarsa concentrazione. ‘Ancora da capire se assumere integratori migliora i sintomi o riduce il rischio’

Gli autori hanno incluso nell’analisi pazienti senza malattie ossee e solo quelli ricoverati per Covid-19, ma non in terapia intensiva, rendendo confrontabili i due gruppi – con o senza Long Covid – per età, sesso, patologie preesistenti e gravità dell’infezione da Sars-CoV-2.

“Precedenti studi sul ruolo della vitamina D nel Long Covid non avevano prodotto dati conclusivi principalmente a causa di molti fattori confondenti – afferma Andrea Giustina, a capo del gruppo di ricerca – La natura altamente controllata del nostro studio ci aiuta a comprendere meglio il ruolo della carenza di vitamina D nel Long Covid e a stabilire che probabilmente esiste un legame tra deficit di questa sostanza e sindrome post-Covid”.

“Il nostro studio indica che i pazienti Covid con bassi livelli di vitamina D hanno maggiori probabilità di sviluppare Long Covid, ma non è ancora noto – tiene a precisare l’endocrinologo – se assumere integratori a base di vitamina D possa migliorare i sintomi della sindrome post-virus o ridurre del tutto il rischio di svilupparla”. Fare chiarezza su questo punto è il prossimo obiettivo di Giustina e colleghi.

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