Covid: risposta anticorpi da bivalente non è superiore a vaccino originale

Covid, lo studio: risposta anticorpi da bivalente non è superiore a vaccino originale

Covid, lo studio: risposta anticorpi da bivalente non è superiore a vaccino originale

Redazione  |
martedì 25 Ottobre 2022

Non sarebbe stata riscontrata una differenza significativa nella neutralizzazione di qualsiasi variante tra la quarta dose movalente e la bivalente

“Somministrato come quarta dose, il vaccino a mRna bivalente mirato a Omicron BA.4/BA.5 e al ceppo ancestrale di Sars-CoV-2 non ha indotto risposte anticorpali neutralizzanti superiori nell’uomo, nel periodo di tempo testato, rispetto al vaccino anti-Covid originale monovalente”. E’ la conclusione a cui approda uno studio Usa, non ancora pubblicato e quindi non ancora sottoposto a revisione paritaria, ma disponibile in versione preprint sulla piattaforma ‘BioRxiv’. Il lavoro firmato da ricercatori della Columbia University di New York e dell’University of Michigan si concentra sulle nuove formulazioni dei vaccini bivalenti. Negli Stati Uniti sono autorizzati per l’uso di emergenza i booster di Moderna e Pfizer aggiornati a Omicron 4-5.

Lo studio

“Nonostante il loro uso diffuso come richiamo vaccinale, si sa poco delle risposte anticorpali indotte nell’uomo”, scrivono gli autori. In più “la variante Omicron di Sars-CoV-2 e i suoi numerosi sottolignaggi hanno mostrato una straordinaria capacità di eludere le risposte immunitarie umorali indotte da precedenti vaccinazioni o infezioni”. Per raccogliere informazioni sui nuovi booster, gli scienziati hanno esaminato sieri da diverse coorti cliniche: persone che hanno fatto 3 o 4 dosi del vaccino monovalente originale, persone che hanno ricevuto i nuovi vaccini bivalenti aggiornati come quarta dose e persone che si sono infettate con BA.4/BA.5 dopo la vaccinazione. Questi sieri sono stati testati per la neutralizzazione contro il ceppo ancestrale, diversi sottolignaggi Omicron e diversi sarbecovirus correlati.

Circa 3-5 settimane dopo il richiamo, chi aveva fatto la quarta dose col bivalente aveva titoli di anticorpi neutralizzanti – contro tutte le varianti testate, tra cui Omicron 4 e 5 – simili a quelli di chi aveva ricevuto il quarto vaccino monovalente. Le persone coperte con 4 dosi monovalenti erano più anziane (età media 55,3 anni) di quelle che hanno ricevuto il booster bivalente (età media 36,4). Il siero è stato raccolto da entrambe le coorti in tempi simili (media 24 giorni e 26,4). Tutte le coorti hanno mostrato i più alti titoli neutralizzanti contro il ceppo ancestrale, quelli contro le varianti erano più bassi per i sieri di persone sottoposte a booster e più alti per chi aveva contratto l’infezione BA.4/BA.5 post vaccino, mentre non c’era differenza significativa nella neutralizzazione di qualsiasi variante testata tra il gruppo della quarta dose monovalente e quello dei bivalenti.

Il fenomeno dell’imprinting immunologico

“Questi risultati – ipotizzano gli autori – possono essere indicativi di ‘imprinting immunologico’”. Il fenomeno dell’imprinting immunologico ha a che fare con il primo incontro che il sistema immunitario ha con il virus, sia nella forma di vaccino che di infezione. Lo scienziato che lo ha descritto per la prima volta (il virologo Thomas Francis Jr) lo ha definito ‘peccato originale antigenico’: in pratica, il sistema immunitario potrebbe privilegiare la risposta verso la prima versione del virus incontrata plasmando le successive su questa e avere dunque una risposta più debole nei confronti della nuova versione del virus (quindi del vaccino aggiornato). Allo stesso tempo, però, gli autori dello studio precisano che sono “necessari studi di follow-up per determinare se le risposte anticorpali devieranno nel tempo”, e valutare anche “l’impatto di un secondo booster bivalente”.

Il “caso Singapore”

La conclusione di questi dati, osserva Eric Topol, scienziato americano direttore dello Scripps Research Translational Institute di La Jolla, California, che su Twitter cita lo studio in questione, “è che un booster è la dose migliore per aggiungere protezione rispetto alle nuove varianti, in particolare BQ.1.1″, alias Cerberus come è stata ribattezzata sui social. L’esperto richiama l’attenzione su quella che definisce una buona notizia, cioè il ‘caso Singapore’. Il Paese ha infatti “resistito alla sua ondata di XBB”, Gryphon nella sua denominazione social, “una variante simile a BQ.1.1 per l’estrema evasione immunitaria, con alti livelli di vaccini e booster originali”.

I risultati dello studio che mostra risposte simili dal vaccino originale e da quello aggiornato “non sono sorprendenti – conclude Topol in un approfondimento – e non dovrebbero influenzare in alcun modo la decisione sul fare il richiamo”, indipendentemente dalla versione di vaccino utilizzata. “Perché la corrispondente induzione di anticorpi neutralizzanti” che si ottiene con la dose booster, puntualizza, “aiuta senza dubbio ad ampliare l’immunità e a migliorare i risultati clinici, come è stato visto ampiamente con ognuna delle principali varianti precedenti”. La premessa è dunque che “il booster bivalente è buono almeno quanto il vaccino originale”. E i richiami in generale hanno dimostrato, anche “nell’ondata Usa di Omicron 5”, percentuali elevatissime di riduzione di morti e ospedalizzazioni, conclude.

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