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Crescita zero, colpa delle lobbies

Crescita zero, colpa delle lobbies
L’Italia rischia crescita zero e un Mezzogiorno in recessione

Armi, farmaci, finanza, energia

Il fatto che sia prevista una crescita zero o poco più per i prossimi due anni è drammatico per tutta l’Italia, ma soprattutto per il Mezzogiorno perché in questo quadro le otto regioni meridionali potrebbero addirittura andare in recessione.
Tuttavia, non si possono dare croci a questo Governo, che sta innanzitutto cercando di tenere ferma la barra dei conti nell’attesa dell’eventuale approvazione della Legge di bilancio 2026, in conformità al disegno di legge governativo. In altri termini, tale obiettivo verrà raggiunto se il Governo riuscirà a tenere lontani tutti quei parlamentari, di destra e di sinistra, portatori degli interessi delle lobbies, le quali chiedono privilegi e aumenti di spese, scassando i conti.

Si capisce che la situazione economica del nostro Paese non è facile perché da molti decenni non è stato messo in piedi un processo di crescita basato su piani decennali o più. Tutti i Governi che si sono succeduti, di tutti i colori (compresi i due pentastellati), hanno vissuto giorno per giorno, ciò perché il nostro Paese non ha avuto veri statisti e statiste.

Qual è la causa principale che impedisce la crescita dell’Italia e fa aumentare il gap (differenza) fra Nord e Sud al livello di ricchezza (o povertà), di funzionamento delle istituzioni regionali e locali, di efficienza delle infrastrutture? Crediamo sia la mancata imposizione in tutti i settori economici della concorrenza, quella vera.
Per esempio, nel campo degli appalti la concorrenza dovrebbe portare a una diminuzione dei prezzi e a un miglioramento dei risultati. Ma questo non accade perché i favoritismi sono all’ordine del giorno. Non parliamo del Sud, ove la cultura del favore domina anche in molte attività economiche, politiche e sociali.

Purtroppo, nel Meridione manca la cultura del merito e quella dei risultati, per cui vengono erogate risorse finanziarie in grandi quantità anche a chi non raggiunge risultati e a chi non ha nessun titolo per gestirle in modo efficace.
Perché i Governi non sono riusciti a imporre a tutti i costi la concorrenza nei più svariati settori economici? La risposta è evidente: perché le lobbies, i gruppi di potere economici e coloro che agiscono nel mercato, tentano di mantenere e acquisire nuovi privilegi.

Le industrie delle armi, le industrie dei farmaci, i soggetti che agiscono nel mondo della finanza (fra cui le banche), quelli che si muovono nel settore dell’energia e altri, hanno privilegi che lo Stato ha loro concesso in questi cinquant’anni e che li mettono in condizione di raggiungere utili stratosferici e non giustificati in una condizione normale di mercato.

Per esempio, le banche, nel primo trimestre di quest’anno, hanno conseguito ben 6,8 miliardi di utili. Intendiamoci: che le banche siano solide è un fatto positivo ed è anche positivo che guadagnino, ma se straguadagnano, dall’altra parte ci sono state le imprese e cittadine e cittadini che le hanno strapagate.
Merito, dunque, ad amministratrici e amministratori delegati delle banche che le gestiscono bene, ma bisogna tenere conto delle necessità di imprese e clienti, in modo da non gravare sui loro bilanci. A questo proposito, vogliamo ricordare il ruolo fondamentale delle imprese nella transizione energetica: queste ultime dovrebbero ridurre drasticamente gli investimenti a favore dell’estrazione dei combustibili fossili, per indirizzarli verso le iniziative che promuovono la produzione di energia rinnovabile.

Non abbiamo citato un attore principale, in questo quadro, che è la Pubblica amministrazione, la quale agisce in uno stato di monopolio assoluto perché gestisce le risorse di Stato, Regioni, Comuni e altri enti senza alcuna concorrenza.
Qualcuno potrebbe chiedere: chi dovrebbe fare concorrenza alla Pa? La concorrenza dovrebbe essere presente all’interno della stessa Pa, mettendo in competizione tutti i soggetti responsabili che vi lavorano, in modo da far emergere il merito di chi ottiene maggiori e migliori risultati e il demerito degli altri.
Ciò attualmente non accade e, nonostante questa deficienza, vengono erogati a cascata premi di ogni genere ai dirigenti, come se essi raggiungessero risultati e potessero essere orgogliosi degli stessi.
Intendiamoci, non vogliamo generalizzare perché vi sono dirigenti valorosi e di grandi competenze che meritano.