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Crisi grano in Sicilia, Coldiretti organizza sit-in: cosa chiedono Cia e Confagricoltura?

Crisi grano in Sicilia, Coldiretti organizza sit-in: cosa chiedono Cia e Confagricoltura?
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Al QdS.it sono intervenuti i presidenti regionali della Confederazione Italiana Agricoltori e di Confagricoltura, Graziano Scardino e Rosario Marchese Ragona.

La crisi del grano in Sicilia continua a tenere banco e lo scorso 26 settembre la Coldiretti ha messo in atto un sit-in di protesta a Palermo. Durante la manifestazione gli associati hanno denunciato il costante crollo del prezzo del grano dovuto anche al condizionamento dell’importazione dall’estero, il rischio di chiusura per le imprese e le difficoltà patite dai giovani agricoltori che hanno investito in questo settore.

“Serve una campagna di incentivazione del prodotto Made in Italy”

Il problema rientra nella più ampia questione della crisi dell’agricoltura per via della siccità in Sicilia e fa discutere chiunque, dagli addetti ai lavori alle persone semplicemente più sensibili a questi temi. Il sit-in è stato organizzato dalla Coldiretti, ma anche altre associazioni degli agricoltori. Al Qds.it sono intervenuti i presidenti regionali della Confederazione Italiana Agricoltori e di Confagricoltura, Graziano Scardino e Rosario Marchese Ragona.

“Il grano che produciamo non è sufficiente e le importazioni sono difficili da poter bloccare in un mercato globale. Chiediamo al governo i giusti controlli alle importazioni, perché il grano importato deve avere la stessa qualità di quello che prodotto da noi. Il trattamento ai lavoratori, i costi, la manodopera e i principi di coltivazione devono essere gli stessi validi per gli agricoltori italiani” ha puntualizzato Scardino, che ha pure detto cosa bisogna fare per rilanciare il Made in Italy: “Il grano italiano deve essere utilizzato per produrre pane e pasta italiani. Ci vogliono una campagna di incentivazione all’utilizzo del prodotto Made in Italy, in particolar modo nella pasta, e un controllo per verificare la provenienza italiana del grano su chi dà la farina per la pasta. Per questi motivi abbiamo chiesto l’istituzione di Granaio Italia, per il controllo delle partite di grano di un certo peso e perché chiunque tratti frumento e farina dimostri quanto grano ha preso dall’estero e quanto di italiano ne ha utilizzato. La gente deve sapere la provenienza e i controlli devono essere anche all’interno della filiera. In questo modo si favorisce l’economia, che ha dei costi di produzione superiori agli altri e potremmo pagare gli operai rispettando i contratti del lavoro”.

“Combattere la concorrenza sleale”

I giovani sono sul piede di guerra, hanno bisogno di rassicurazioni e per far sì che i costi di produzione vengano ammortizzati il Ministero deve agire subito.

“Sull’attività agricola ci sono grandi problematiche – ha concluso Scardino -. Prima di tutto per incentivare i giovani ci deve essere un futuro. Un Ministero che si vanta di aver modificato il nome in Sovranità Alimentare deve fare in modo che il nostro prodotto di qualsiasi filiera deve essere remunerato. Vogliamo essere imprese efficienti e in regola e affinché il prodotto venga adeguatamente remunerato deve esserci un mercato virtuoso. Non possiamo bloccare le importazioni, ma dobbiamo controllare quello che arriva nelle navi e dare fiducia ai giovani”.

“La concorrenza sleale c’è quando entra un prodotto con un costo di produzione inferiore, con manodopera meno costosa, tecniche colturali minimali e con principi attivi per combattere fitofagi banditi dall’Unione Europea da vent’anni. Quando esportiamo i nostri prodotti ci sarà una corsa al Made in Italy, che deve essere salvaguardato e preservato. Se si importa dall’estero dobbiamo seguire i principi della reciprocità e invece i paesi nordafricani, che hanno un costo di manodopera che è il 10 % di quello nostro, ci mettono in un circolo di concorrenza sleale. Dobbiamo inoltre garantire agli agricoltori un prezzo minimo che equivale almeno al costo di produzione. Il Ministero si deve fare promotore di un sistema dove mette dentro tutta la filiera per dire che i prodotti devono partire da un prezzo minimo per far sì che il mercato sia davvero libero e per stabilizzare il prezzo”.

Marchese Ragona: “Intensificare i controlli nei porti. Abbiamo agito anche a livello nazionale”

Il presidente di Confagricoltura Sicilia, Rosario Marchese Ragona, ha sottolineato come si debbano intensificare i controlli nei porti e come si debba fermare lo spopolamento delle campagne. “Siamo solidali con gli agricoltori e con loro preoccupati del fatto – ha affermato Marchese Ragona – che si rischia di non poter più seminare a causa del continuo aumento dei costi di produzione, non recuperabili con il prezzo di vendita. In occasione dell’inaugurazione della Fiera Agricola di Ragusa, abbiamo avuto occasione di trasferire le nostre preoccupazioni al presidente della Regione On.Schifani. Abbiamo, in particolare, rappresentato la necessità di maggiori controlli nei porti, dove attraccano le navi che portano grano, al fine di verificare l’effettiva provenienza e la qualità del prodotto in entrata. Si rischia infatti che sulle nostre ‘tavole’ arrivi pane e pasta fatto con grano di dubbia provenienza e forse per di più essiccato con prodotti vietati dai nostri disciplinari, perché ritenuti dannosi per la salute. Che ben venga la globalizzazione, purché, abbiamo sottolineato, si garantiscono standards qualitativi e salutistici. Aggiungasi che così facendo si corre il rischio che nelle aree interne, dove si fa prevalentemente seminativo, si abbandonino le campagne, le quali si spopoleranno con ulteriori conseguenze negative sul piano economico e sociale”.

Anche sul fronte nazionale l’associazione si fa sentire. Proposta una soluzione al problema relativo alla trasformazione del grano a livello industriale. “Noi come Confagricoltura abbiamo riportato la questione anche a livello nazionale – ha detto Marchese Ragona -, evidenziando che per il sud Italia le speculazioni, in atto, sono elevate e che c’è il serio rischio di non vedere seminare più nelle nostre campagne. Il problema ha la sua risonanza non solo locale, ma soprattutto internazionale, perché il grano è il cereale più coltivato e quindi rappresenta una filiera importante. Non va trascurato che sui costi di produzione incide anche molto la svalutazione del dollaro. Sarebbe auspicabile quindi attivare i contratti di filiera, per garantire un approvvigionamento costante all’industria della pasta. Non solo! Sarebbe forse il caso anche di immaginare delle nuove varietà di grano, capaci di resistere ai cambiamenti climatici. Il problema va affrontato quindi sia a livello locale che comunitario, anche perché la riforma Pac attuale non ci aiuta in tal senso e per questo Confagricoltura ha fatto le barricate. Dobbiamo anche attenzionare il Piano Mattei che ha previsto aiuti per i paesi terzi. Noi in conclusione auspichiamo maggiori controlli, perché se da un lato è giusto aiutare i paesi sottosviluppati, dall’altro non possiamo e non dobbiamo danneggiare i nostri agricoltori”.