Sulla piattaforma Rousseau il 59,3% dei voti per l'ingresso nel nuovo governo. Di Maio, una scelta di coraggio e maturità. Il presidente incaricato, le fibrillazioni dei partiti per la squadra e il nodo rosa
“La responsabilità è il prezzo della grandezza: in uno dei momenti più drammatici della nostra storia recente, i nostri iscritti hanno scelto la strada del coraggio e della partecipazione, ma soprattutto la via europea.
Così Luigi Di Maio ha commentato il via libera della base del M5s al governo Draghi con la votazione sulla piattaforma Rousseau che ha coinvolto 74.537 iscritti: il 59,3% si espresso favorevolmente.
“La democrazia del Movimento passa per il voto degli iscritti che è vincolante – ha ribadito il capo politico M5s Vito Crimi – e ora siamo pronti a metterci al lavoro e a disposizione del presidente incaricato”.
“Questa scelta è un’assunzione di responsabilità e segna l’apertura di una nuova fase in questa legislatura”, scrive il presidente della Camera, Roberto Fico.
“Accetto la votazione ma non posso digerirla: non posso che farmi da parte” ha dichiarato invece Alessandro Di Battista in un video su Fb dove saluta e ringrazia i suoi ex colleghi e Beppe Grillo. E si conferma l’uomo dei no.
“Le valutazioni politiche – ha detto il presidente dell’Associazione Rousseau, Davide Casaleggio – le rimando agli organi politici, ma sono molto contento che, anche questa volta, siamo riusciti a fare sintesi della volontà del Movimento 5 Stelle con la piattaforma Rousseau, a fare esprimere migliaia di persone sulla volontà di far partire questo governo. È qualcosa che succede solo con il M5s in Italia. In altri partiti lo decidono quattro o cinque persone”.
Intanto il presidente incaricato Mario Draghi continua a lavorare a una squadra equilibrata anche dal punto di vista della presenza femminile. Ciò significa, per esempio, che nel Pd, tra i papabili Dario Franceschini, Andrea Orlando e Lorenzo Guerini, uno potrebbe essere scalzato da Debora Serracchiani o da Roberta Pinotti. Stesso discorso per il M5s, con Stefano Patuanelli che potrebbe essere superato da Fabiana Dadone o dalla sindaca di Roma Virginia Raggi.
Apparentemente meno problematica, la questione parità di genere, in Fi, dove tra i papabili, oltre ad Antonio Tajani, si fanno i nomi delle capigruppo Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, mentre la Lega può giocare la carta Giulia Bongiorno da giocare, con il super favoritissimo Giancarlo Giorgetti. Italia Viva non fa mistero di volere Teresa Bellanova in squadra.
Per i partiti minori l’ex ministra Emma Bonino potrebbe essere la scelta ideale, mentre per Leu il nome sembra essere uno solo: il ministro uscente Roberto Speranza.
Sul fronte dei tecnici, spuntano anche nuovi nomi: Livio de Santoli, prorettore della Sapienza esperto di sostenibilità, al ministero della Transizione ecologica, dove continua però ad essere in pole l’ex ministro Enrico Giovannini, che godrebbe di un sostegno trasversale.
Sui ministeri economici la convinzione diffusa è che Draghi metterà dei suoi uomini o donne, come l’economista Lucrezia Reichlin. Il superfavorito sarebbe però Daniele Franco e altri nomi sul tappeto sono quelli di Luigi Federico Signorini (Bankitalia), Ignazio Angeloni (Vigilanza Bce), Dario Scannapieco (Bei) e Ernesto Maria Ruffini (Agenzia delle Entrate).
Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina, è il nome che rimbalza di più per il ministero degli Esteri, anche se in molti credono che alla fine Di Maio la spunti, restando al suo posto.
Altro big grillino che potrebbe entrare in squadra è Riccardo Fraccaro, spostandosi però al ministero dello Sport.
Ci sono poi i nomi di Marta Cartabia, in pole per la Giustizia, e Luciana Lamorgese che sembra confermata all’Interno, mentre l’ex Guardasigilli Paola Severino difficilmente entrerà in squadra per l’avversione, evidente, di Forza Italia.
Se alla Difesa dovesse arrivare un tecnico, con Guerini che potrebbe spostarsi assumendo la delega all’Intelligence, potrebbe farsi spazio il generale Claudio Graziano, ex capo di stato maggiore della Difesa.