Trovare un “ragionevole accomodamento” ed evitare soluzioni “autoritarie” quando si tratta di ‘comporre’ conflitti che nascono nella “comunità scolastica”, è questo il “metodo mite” da seguire per trovare soluzione alla vicenda del professore ‘laico’ dell’istituto professionale di Terni sanzionato dal preside con 30 giorni di sospensione dal servizio – decisione confermata dalla Corte di Appello di Perugia – per aver tolto il crocifisso durante le sue lezioni nonostante il parere contrario dell’assemblea di classe.
E’ l’indicazione espressa nella massiccia requisitoria di 33 pagine scritta dalla Procura della Cassazione – rappresentata da Carmelo Sgroi – all’udienza svoltasi oggi dalle Sezioni Unite della Suprema Corte sul ricorso del docente sanzionato. Il Pg osserva che le norme del periodo fascista, sull’obbligo del crocefisso alle pareti, non possono trovare applicazione nell’Italia nata dalla Costituzione, e quindi su questi temi occorre avere riguardo al pluralismo delle posizioni senza prevaricazioni. Senz’altro, a suo avviso, l’atto del preside è stato autoritario e non basato sulla legge. Ma il punto per cui il Pg chiede la riapertura del caso davanti alla Corte di Appello di Perugia – in accoglimento del ricorso della difesa del prof rappresentato dagli avvocati Simonetta Crisci di Roma e Fabio Corvaja di Padova – è che occorre una “soluzione realmente condivisa, quale non è stata nel caso di specie”. Con la possibilità da parte del prof – prosegue il Pg Sgroi – “a considerare possibili collocazioni alternative spaziali” del crocifisso, e da parte degli studenti “a considerare di contro” anche “l’ipotetica adeguatezza , in chiave di rispetto delle opinioni individuali, della operazione di spostamento/ricollocazione ” del simbolo religioso “in quanto considerata significativa o necessaria”. Secondo il Pg Sgroi, “le possibilità solutorie concrete sono molte e non è necessario nè forse possibile stilarne un catalogo astratto : ciò che occorre sottolineare, nel ‘contesto’, è che questo, del metodo, è segmento cruciale di concretizzazione della composizione di conflitti su diritti di pari dignità, una volta che non si voglia far prevalere (aut/aut) uno dei due poli della questione”. Questo ‘metodo mite’ è quello che, per il Pg, è “più in sintonia con la natura specifica dell’istituzione scolastica, anzi con il suo essere una comunità prima che una istituzione”.

