PALERMO – Con un netto calo del 5,9%, l’export in Sicilia fa segnare passi indietro preoccupanti nei primi tre mesi di quest’anno. Mentre sul piano nazionale la media parla di esportazioni in positivo (+3,2%), nell’Isola invece si nota addirittura una contrazione preoccupante. Ci sono delle evidenti criticità che emergono dal confronto con altre regioni italiane.
La fotografia dell’export siciliano scattata da Istat mostra un dato interessante ma al tempo stesso preoccupante: quasi la metà delle esportazioni dell’isola – il 48,2% del totale regionale – è rappresentato da coke e prodotti petroliferi raffinati. Questo settore, però, ha subito una contrazione pesante del 23,5% nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2024. La riduzione nelle vendite di questi prodotti ha un forte impatto sulla performance complessiva della Sicilia.
Il settore petrolifero sembra risentire di un ridimensionamento
Il settore petrolifero, tradizionalmente una colonna portante dell’export regionale, sembra risentire di un ridimensionamento, forse legato a dinamiche di mercato internazionali o a un rallentamento della domanda globale. Questo dato differenzia la Sicilia da altre regioni italiane, dove la quota di questo settore è più contenuta o in crescita. Un segnale positivo arriva però dal settore dei mezzi di trasporto (esclusi gli autoveicoli), che in Sicilia cresce in modo rilevante, passando da una quota quasi insignificante (0,2%) a un robusto 2,8%, con un incremento che supera di gran lunga il 999%. Questo balzo testimonia un’inversione di tendenza e una diversificazione dell’export regionale, con investimenti e produzioni orientati verso nuovi comparti industriali.
Aumentano le esportazioni di autoveicoli
Anche le esportazioni di autoveicoli aumentano (+74,1%), un segnale di vitalità che non può però compensare la pesante contrazione nel settore petrolifero. Il settore manifatturiero, pur rappresentando una quota modesta del totale siciliano (circa il 2,1%), mostra una flessione del 6%. Questo andamento si discosta dal dato nazionale, dove il manifatturiero rimane preponderante con il 94,9% dell’export e una crescita del 3%.
La Sardegna, ad esempio, evidenzia un comportamento più dinamico nel settore estrattivo, con un aumento quasi raddoppiato (+99,3%) nella produzione di minerali da cave e miniere, e una buona crescita nelle esportazioni di mezzi di trasporto (+109,1%). Il settore petrolifero anche qui segna un calo (-26,6%), ma la diversificazione economica sembra offrire un equilibrio migliore rispetto alla Sicilia. Oltre ai mezzi di trasporto, altri settori mostrano segnali incoraggianti: in Sicilia, ad esempio, il comparto alimentare cresce del 18,8%, mentre quello tessile e dell’abbigliamento registra un lieve aumento del 4,6%. Anche se ancora marginali nel peso totale, queste tendenze potrebbero rappresentare opportunità per lo sviluppo futuro, specie se sostenute da politiche di investimento mirate.
Prodotti chimici e farmaceutici segnano una contrazione in Sicilia
Al contrario, settori come i prodotti chimici e farmaceutici segnano una contrazione in Sicilia (-6,9% e -34,9%), mentre a livello nazionale crescono sensibilmente, indicando un ritardo regionale nella penetrazione in comparti ad alta tecnologia. Un dato curioso riguarda il settore dell’energia elettrica, gas e vapore: questo segmento praticamente non esiste in Sicilia, in Italia invece è molto forte ed anzi si registra una crescita impressionante del 464,7%. Questo indica una possibile area di investimento e sviluppo, legata alla transizione energetica, che potrebbe interessare anche le isole in futuro.
La Sicilia è scesa a 3,4 miliardi di euro in export
In termini assoluti, la Sicilia è scesa a 3,4 miliardi di euro in export, contro i quasi 3,7 miliardi di un anno fa. La quota siciliana delle esportazioni, di conseguenza, cala dal 2,4 al 2,2%. La Sicilia, con le sue risorse e potenzialità, si trova oggi di fronte a una sfida fondamentale: superare la dipendenza dal settore petrolifero, che rimane però vulnerabile e soggetto a fluttuazioni globali. La crescita dei mezzi di trasporto e di alcuni settori manifatturieri suggerisce una possibile strada di diversificazione, ma serve un impegno deciso per rafforzare queste aree e colmare il divario con altre regioni italiane più dinamiche.
Investire nella tecnologia, nell’innovazione e nelle filiere produttive a maggior valore aggiunto – come la farmaceutica e l’alimentare – potrebbe rappresentare un volano per la Sicilia, contribuendo a invertire la tendenza negativa e a migliorare la sua posizione nel mercato internazionale.

