Il magistrato etneo, sulla vicenda nata dalle rivelazioni sulla Loggia Ungheria dell'avvocato aretuseo, attacca Davigo: "Dire che non si possono seguire le vie formali è un'affermazione gravissima"
Il caso Csm “è una bufala clamorosa, una cosa che non si può veramente sentire”.
Lo ha detto il magistrato catanese Sebastiano Ardita, componente del Csm, intervenendo a Piazza Pulita, su La7.
“Sono basito da quello che ho sentito: dire che non si possono seguire le vie formali è un’affermazione gravissima”, ha detto riferendosi alle dichiarazioni dell’ex componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo.
Sui verbali – anzi, come ha precisato, “copie Word di atti” – che, al tempo in cui era nel Csm, aveva ricevuto dal sostituto procuratore di Milano, Paolo Storari, Davigo, intervistato nella stessa trasmissione, aveva detto: “bisognava fare le indagini tempestivamente e nel caso di specie non si potevano seguire le vie formali”.
Invece, a quanto sostenuto da Storari, il Procuratore di Milano, Greco, tardava con l’iscrizione nel registro degli indagati che avrebbe consentito di far partire le intercettazioni.
“La via formale più semplice – aveva aggiunto Davigo – era rivolgersi al Procuratore generale. Il problema è che il Procuratore generale non c’era. La sede era vacante”.
E sul fatto che la sua ex segretaria avrebbe consegnato copie dei documenti a dei giornalisti, Piercamillo Davigo ha affermato: “mi ha sorpreso non poco, perché l’ho sempre considerata una persona totalmente affidabile”.
Secondo Sebastiano Ardita, però, “Davigo aveva tutti gli elementi per capire che questa era una bufala. Di cosa doveva preoccuparsi? Questa è la cosa che mi lascia assolutamente di stucco”.
Il magistrato catanese ha aggiunto di essere “sicuro che il procuratore Greco ha fatto tutto quello che si doveva fare”.
E ha aggiunto di non conoscere l’avvocato Pietro Amara: “Ci ho parlato solo una volta, quando l’ho interrogato nel 2018”.
Anche l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, ospite della trasmissione, ha detto di non aver “mai avuto rapporti” con l’avvocato siracusano che ha parlato della Loggia Ungheria: “L’ho visto una sola volta in vita mia” ha affermato.
“E’ stato individuato in me – ha aggiunto Palamara – l’unico responsabile di un sistema che non funzionava. Tutti mali concentrati in una cena dove si discuteva quali votazioni fare. Oggi al Csm si giudicano le carriere dei magistrati a seconda che abbiano interloquito con me nelle chat o meno”.