Nuovi inquietanti particolari della vicenda con al centro l'avvocato siracusano che sta scuotendo la magistratura. Due giorni dopo, la prima email del pm Storari a al procuratore di Milano Greco
E’ addirittura del nove dicembre 2019 il primo verbale in cui l’avvocato siracusano Piero Amara, interrogato a Milano, confessò di appartenere alla loggia segreta Ungheria.
E già due giorni dopo il pm Paolo Storari scrisse la prima delle tante mail al procuratore Francesco Greco per evidenziare la necessità di effettuare iscrizioni ai registri degli indagati per far partire immediatamente gli accertamenti sulla vicenda.
Ma l’indagine cominciò soltanto cinque mesi dopo, il nove maggio del 2020. Tra giugno e luglio il pm raccolse diverse testimonianze in varie città d’Italia e in settembre i vertici della Procura decisero di inviare gli atti a Perugia, poi trasmessi dopo oltre un anno da quel primo verbale.
Sulla base della “autodenuncia” di Amara di appartenere alla loggia, l’undici dicembre 2019 Storari scrisse dunque a Greco sottolineando la necessità di indagare.
La richiesta, che è andata avanti per mesi, era quella di iscrivere nel registro degli indagati alcuni nomi, Amara compreso, per associazione segreta ai fini di fare subito dei tabulati telefonici e avviare intercettazioni.
E se i primi riscontri avessero smentito quelle affermazioni, si sarebbe proceduto per calunnia.
Invece, le iscrizioni vennero fatte soltanto il nove maggio e così, tra giugno e luglio, il pm potè recarsi – peraltro senza nemmeno un ufficiale di polizia giudiziaria ad accompagnarlo, per via delle restrizione per la pandemia -, in molte parti d’Italia, tra cui Sicilia, Roma e Torino, per raccogliere testimonianze.
Una delle spiegazioni da parte del procuratore di Milano Greco sui ritardi nelle indagini fu anche quella dell’epidemia in corso, che rallentava le attività.
In settembre arrivò la decisione dei vertici della Procura milanese di spogliarsi dell’inchiesta e di mandarla a Perugia.
Gli atti, fisicamente, furono trasmessi tra fine 2020 e inizio 2021 e quindi oltre un anno dopo le prime dichiarazioni dell’ex consulente esterno dell’Eni.
Nell’autunno scorso, intanto, ci fu la prima denuncia a Milano di uno dei giornalisti che ricevettero – in forma anonima – quei verbali secretati e che il pm, per autotutelarsi, aveva consegnato a Piercamillo Davigo nell’aprile 2020.
Lo stesso pm, su richiesta del procuratore Greco e dell’aggiunto Pedio, si occupò delle indagini sulla fuga di notizie e dispose pure una consulenza per stabilire la provenienza di quelle carte così delicate.
Quando poi venne a sapere che erano uscite dalla segretaria di Davigo, l’otto aprile scorso ne parlò con Greco e decise di chiamarsi fuori da quell’indagine, così come da quella principale sul presunto falso complotto Eni.
Sulla vicenda si attendono, oltre all’apertura di un’inchiesta a Brescia, le convocazioni da parte del Csm, competente per i procedimenti disciplinari.