Settori stremati, Anif: nell’Isola “il 50% delle strutture sportive non riaprirà”. Cgil: nei teatri a rischio 14 mila addetti
PALERMO – Oltre sei mesi di chiusura, speranze disattese e ristori privi della forza economica necessaria hanno portato alla scomparsa di posti di lavoro nel mondo dello spettacolo e la chiusura di centri sportivi. Insieme alla ristorazione, cultura e wellness sono infatti gli unici settori a non aver mai vissuto una vera riapertura dall’inizio della pandemia e hanno dovuto adeguarsi prima ai protocolli, sostenendo invano ingenti investimenti, e poi alle trasformazioni “richieste” dal mercato per provare a “convivere” con il Covid-19; la cultura si è trasferita online (in particolare teatri e mostre), gli impianti sportivi si sono convertiti agli sport praticabili (il boom del padel lo dimostra). Dopo mezzo anno qualcosa è definitivamente cambiato o si è rotto, intere compagnie teatrali sono scomparse e così come alcune società sportive.
SPORT, SE L’IMPORTANTE NON È PARTECIPARE MA… RESISTERE
“Il volto dello sport non è già più lo stesso – spiega il presidente Anif Sicilia e Endas Germano Bondì -. In Sicilia il 50 per cento delle strutture non riaprirà, se prima era un dubbio oggi questa è una certezza. A livello regionale serviva uno sforzo maggiore per trovare copertura finanziaria per palestre e centri sportivi. Era un impegno preso su cui contavamo. L’assessore regionale allo Sport Manlio Messina aveva fatto una dichiarazione, il vice presidente Gianfranco Micciché si era espresso favorevole, ma i sostegni per i centri sportivi non sono mai arrivati. Riguardo le strutture, tutti i piccoli centri hanno trovato l’escamotage dell’interesse nazionale per ricominciare le attività al chiuso come i Dpcm consentivano, ma sono nate situazioni all’italiana, ambigue e poco chiare”.
Ed infatti non è stato difficile notare il ritorno del pubblico nei palazzetti dove si disputano campionati regionali, grazie alla regola dei 150 ingressi (da intendersi con l’inclusione di squadre e staff), un “tetto” troppo basso che non ha permesso di “respirare” alle società dei campionati minori, dove il seguito e le occasioni di business non sono le stesse delle competizioni di livello nazionale.
“Da gennaio ad ora non si è visto un euro di ristori – continua Bondì -, ma le società sportive devono comunque pagare affitti, utenze e non è da sottovalutare il tema degli abbonamenti. Come Anif abbiamo ripresentato la proposta del voucher per provare a ripartire dopo sette mesi da una piccola base economica”.
IMPRESE “NELLA PALUDE” MA SI CONTINUA A RINVIARE LA RIAPERTURA
Anche Confcommercio Sicilia ha preso una posizione attraverso il presidente Gianluca Manenti. “Non si può continuare a lanciare la palla in avanti, perché le imprese non sono in un campo di gioco, ma in una palude, dove sprofondano ogni giorno di più, mentre gli indennizzi non bastano certamente a risollevarle. L’incertezza – spiega Manenti – ha ormai un peso economico e psicologico insostenibile. Possiamo riaprire ed assumerci l’impegno di farlo in sicurezza, tra distanziamenti e rafforzamento dei protocolli. Viceversa, senza prospettive certe e credibili e lo sforzo di costruire insieme una soluzione, si finisce nel caos”.
TEATRI E CINEMA, LA CULTURA NON PUÒ PIÙ ASPETTARE GODOT
Quel che è accaduto nel mondo dell’arte e dello spettacolo ha contorni economici che rasentano il disastro. La Sicilia rischia l’anno zero della cultura. Il precariato, che già caratterizzava il mondo delle realtà locali, è cresciuto, gran parte dei contratti sono stati annullati e solo in pochi casi è stata garantita la cassa integrazione per ballerini, attori e maestranze. Questo anche perché la cig, nel mondo dell’arte, non dipende strettamente dal calo in biglietteria. Considerando per esempio il Teatro Massimo di Palermo, questo introito incide per il 7-8 per cento su incassi da 35 milioni di euro annui.
“La produzione culturale non è un elemento radical chic della nostra società, non è un passatempo, è invece un fondamento della conoscenza e lo sviluppo sociale e anche economico del nostro sistema – spiega Maurizio Rosso responsabile dipartimento cultura Cgil Sicilia -. Ho ballato quarant’anni in giro per il mondo e posso affermare con certezza che l’arte o la cultura danno introiti importanti per chi sa produrli. Il Festival della Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, prima del coronavirus, contava ventimila presenze a edizione; ipotizzando una spesa media di cento euro al giorno a partecipante, basta una moltiplicazione per conoscere quanto indotto veniva lasciato sul territorio. In Italia custodiamo il 60 per cento del patrimonio culturale mondiale, in Sicilia il 40 per cento: mi chiedo per quale motivo rinunciamo a sfruttare quest’opportunità”.
“Già oggi come Cgil Sicilia – prosegue – stiamo lavorando per mettere insieme in cinque anni 15 teatri del calatino in modo da offrire al turista che potrà tornare nella nostra regione un percorso culturale che duri potenzialmente quattro giorni e non una notte mordi e fuggi. In teatro durante questo periodo di pandemia sono successe cose singolari. La chiusura delle sale non è lecita se ad esempio gli aerei volano. Al teatro si assiste, allo spettacolo non si parla, occupando un posto si e uno no si può mantenere il distanziamento”.
RIAPRIRE TUTTO, ORA E SUBITO
Chi sta facendo di più le spese di questa situazione sono certamente i lavoratori dello spettacolo, come continua a spiegare Maurizio Rosso. “È anche necessario evidenziare – afferma – che il precariato dei teatri siciliani ha provocato la rovina degli stessi. Se il contributo Fus (Fondo unico per lo spettacolo) è stato garantito per tutte le fondazioni e le Ico, se i finanziamenti regionali e comunali sono stati garantiti, perché i lavoratori sono stati messi in cassa integrazione? Questa lezione deve seguire a qualcosa. Bisogna riaprire i teatri facendo passare l’idea praticata in Francia e Gran Bretagna che destinano al mondo della cultura teatrale l’1,9 del prodotto interno lordo. In Italia investiamo solo lo 0,17 per cento del Pil. Il mondo dello spettacolo siciliano non è il jet set, gli stipendi degli attori locali ruotano in media intorno ai 400-600 euro al mese. Il raddoppio degli investimenti nei teatri sarebbe un regalo che la Sicilia farebbe a se stessa, perché permetterebbe di aumentarne l’attrattività. Nel frattempo sono a rischio 14 mila addetti ai teatri e registriamo la chiusura dei corpi di ballo. E’ impossibile quantificare le somme perse in questi mesi”.
COSA STA FACENDO LA REGIONE PER AIUTARE I SETTORI IN CRISI
La politica regionale ha provato a fare la sua parte con l’approvazione della Finanziaria 2021 all’Ars. Si tratta, più nel dettaglio, dei finanziamenti per il potenziamento delle attività sportive siciliane, dei contributi al Comitato italiano paraolimpico (Cip) e di azioni a favore delle società sportive dell’Isola (professionistiche, semiprofessionistiche e dilettantistiche), regolarmente iscritte ai campionati nazionali di serie A e serie B, indetti dalle Federazioni sportive competenti per la stagione 2020-2021, che riceveranno contributi per la relativa attività, anche nei casi di sospensione del calendario o di anticipata conclusione del campionato a causa dell’emergenza Covid-19.
La spesa, che nel 2020 ammontava a 8,15 milioni di euro, si attesta a 8,45 milioni di euro per il 2021, 7,45 milioni di euro per il 2022 e 7 milioni di euro per il 2023, introducendo la triennalità dei finanziamenti anche per il settore sportivo. E ancora varati contributi straordinari per 5 milioni di euro, a valere sulle risorse del Poc 2014-2020, per le imprese che gestiscono sale cinematografiche e quelle del settore dell’organizzazione, distribuzione, co-organizzazione e produzione degli spettacoli dal vivo. Previsto un capitolo di bilancio per le residenze artistiche pari a 50 mila euro per il triennio 2021-2023 per valorizzare e sviluppare gli spettacoli dal vivo attraverso specifici progetti.
LE PROSPETTIVE
In una recente conferenza stampa, il presidente del Consiglio Mario Draghi si è espresso sulle riaperture legandole all’andamento dei dati epidemiologici, ma soprattutto alla progressione spedita della campagna vaccinale. E in un incontro dello scorso 7 aprile tra il ministro alla Cultura, Dario Franceschini, e i rappresentanti delle Regioni si è deciso di lavorare, collegialmente, a un nuovo protocollo per la riapertura di teatri, cinema, musei e spettacoli dal vivo, con un ampliamento progresssivo del numero degli spettatori. Nessuno lo dice ma, a denti stretti, si spera di poter annunciare l’agognato ritorno in sala (e nelle sale sportive) al più tardi nei primi giorni di maggio. Per alcuni sarà comunque troppo tardi, purtroppo.