Lo studio commissionato dall’Università Lumsa sulla spesa sanitaria e il federalismo fiscale
In Sicilia ci sono 133.878 famiglie che spendono oltre il 20% dei propri consumi “non essenziali” per pagare cure mediche (il 6,67% del totale) a fronte di 51.666 nuclei familiari (2,57% del totale dell’Isola) a rischio impoverimento proprio per questo tipo di spesa. Sono i dati di uno studio ancora in corso commissionato dall’Università Lumsa sulla spesa sanitaria e il federalismo fiscale, condotto dal professore Antonello Maruotti ordinario statistica nell’Ateneo.
Le spese per le cure mediche
A livello nazionale, nota lo studio, la difficoltà economica delle famiglie a far quadrare mensilmente i conti riguarda in totale 1.348.473 famiglie, il 5,17% del totale, spendono mensilmente oltre il 20% dei propri consumi “non essenziali” per pagare cure mediche per uno o più dei suoi membri (quelle che l’Oms definisce addirittura “spese mediche catastrofiche”), e 378.629 sostengono spese mediche che li portano a finire sotto la soglia di povertà relativa. La Sicilia si trova al terzo posto della classifica che considera la percentuale di famiglie che spende oltre il 20% in cure sanitarie. Al primo posto in Italia c’è la Calabria (9,4% del totale con oltre 73 mila nuclei familiari che si trovano in questa situazione e il 4,4% rischiano di finire in povertà), seguita dalla Basilicata (7,2% con 17 mila nuclei con il 3,9% a rischio).
I principi del Servizio sanitario nazionale
“Vale la pena ricordare che il Servizio sanitario nazionale si basa su tre principi cardine: universalità (l’estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione); uguaglianza (i cittadini devono accedere alle prestazioni del Ssn senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche); equità (a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute)”, spiega il docente, “eppure, appare evidente, questi principi fondamentali sono messi a dura prova, con le famiglie che preferiscono (o sono costrette a) pagare di tasca propria per cure mediche che, altrimenti, sarebbero rinviate di mesi e che, invece, si possono avere rapidamente. Pagando, appunto. Il federalismo sanitario, pensato per migliorare e rendere più efficiente il sistema sanitario, ha portato invece ad aumentare le diseguaglianze”.
L’Italia spaccata tra Nord e Sud
“Pertanto”, nota ancora il docente in un suo intervento, “a fronte di un solo 3% di famiglie che consumano più del 20% del consumo mensile non essenziale complessivo per spese mediche in Toscana e Liguria, o del 5,6% delle famiglie lombarde, ecco che in Calabria ci si avvicina a quasi il 10% di famiglie che ogni mese vedono una larga fetta di consumi assorbita da spese mediche. Differenze regionali, con un’Italia spaccata in tre (Nord, Centro e Sud), ancor più evidenti se si guarda l’impoverimento delle famiglie a causa delle spese mediche. Se al Nord non si supera mai l’1% di famiglie a rischio impoverimento e al Centro ci si aggira intorno all’1%, al Sud la situazione è drammatica con il 3% circa di famiglie a rischio impoverimento in Molise, Campania e Sicilia, circa il 4% in Basilicata e circa il 4,4% in Calabria, ancora fanalino di coda, la cui sanità regionale è sotto la lente d’ingrandimento dal 2009 e, successivamente, commissariata a luglio 2010”.
Le famiglie in difficoltà
Secondo le elaborazioni dello studio, infine, le famiglie su cui pesano maggiormente le spese sanitarie e che rischiano di impoverirsi sono quelle con figli minorenni e con over-75 a carico. Famiglie in cui il capofamiglia è una donna, con titolo di studio basso e un lavoro modesto, gli operai (o figure assimilate), famiglie che già quotidianamente combattono per far quadrare i conti dei consumi mensili, per le quali invece una buona parte dei consumi è dedicata alle spese mediche, in un Paese che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32 della Costituzione).