Non sono mai stato di sinistra estrema e non sono mai stato di destra estrema. La mia è sempre stata una posizione moderata, laica, liberale e comunque non ho mai pensato che si potesse passare da “hippy” a “yuppie” senza transitare dal via, cioè solo per convenienza. Intendo dire che qualsiasi modificazione della società e della relativa classe dirigente ha bisogno di passaggi intermedi che mai sono facili e mai sono repentini: pensare il contrario sarebbe velleitario e persino incomprensibile. Eppure qualcuno ha pensato di poterlo fare.
Lo “hippy” era un appartenente a quel movimento, prevalentemente giovanile, sorto negli Stati Uniti d’America, intorno al 1960, e poi diffusosi in tutto il mondo negli anni seguenti. Un movimento decisamente contrario alla civiltà dei consumi e alla cultura di massa, alla quale contrapponeva il recupero dell’interiorità individuale, spesso raggiunta con comportamenti anticonformisti e con l’uso di droghe, da alcuni di essi considerate un supporto all’anticonformismo ed un surrogato della libertà. Ci fu un periodo in cui, in Italia, essere “hippy” era sinonimo di essere di sinistra, anzi, di essere anarco-comunista, mettendo insieme Marx Lenin, Mao Tse Tung, Fidel Castro, Che Guevara, ma anche John Kennedy, che forse la pensava in maniera “leggermente” diversa, soprattutto nei confronti di Cuba e del suo regime comunista. In quel periodo gli “hippy” avevano il mito dell’isola di Wight, dell’omonimo festival della musica rock, del sesso e della droga liberi. Per similitudine la stessa cosa accadeva nell’area anarco-comunista italiana, dove gli spinelli, il sigaro e un fascio di giornali sotto braccio avevano sostituito le Camel dei ragazzi di Carosone, Black Macigno e Capitan Miky. Renato Carosone questo cambiamento lo capì subito e si ritirò dalle scene per un lunghissimo periodo.
Poi c’erano gli impegnati, quelli che cantavano “El pueblo unido jamás será vencido” del complesso cileno degli Inti Illimani, Il popolo unito non sarà mai sconfitto per molti era solo uno slogan, tuttavia è rimasta una delle più belle e note canzoni legate al movimento Unidad Popular e alla presidenza del Cile da parte del socialista Salvador Allende, morto nel golpe cileno del 1973. Questa canzone la cantavano anche i giovani repubblicani, che ai congressi nazionali ospitavano i rappresentanti della gioventù cilena, che portavano in giro per il mondo la loro straordinaria lotta contro le violenze del regime di Pinochet. In quel periodo si cantava anche “We Shall Overcome”, che letteralmente significa “Lo supereremo”, una canzone di protesta pacifista che divenne un inno del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti d’America. E si cantava anche “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, una canzone di Gianni Morandi, che raccontava la storia di un giovane chiamato a combattere nella terribile guerra del Vietnam.
Gli “yuppie”, invece, erano i giovani dirigenti che curavano ogni aspetto della vita di relazione nell’intento di fare rapidamente carriera, di stare accanto al capo e di trasformarsi in “yes men”, che può essere parecchio comodo. Il termine veniva spesso utilizzato con una sfumatura di ironia, soprattutto quando ci si riferiva a degli arrivisti in cerca di protagonismo, quelli che a Catania venivano e vengono ancora definiti “monfiani”.
Non si può passare dalla posizione di “hippy” alla posizione di “yuppie” senza una profonda revisione del proprio essere, perché la differenza è tanta davvero, sia nei modi, sia nelle scelte, sia nel linguaggio. Eppure c’è chi pensa che un simile salto cultural-comportamentale lo si possa compiere facilmente, come fece Renzi qualche anno addietro, magari “senza passare dal via”, cioè negando i valori laici e socialisti della società o rinchiudendo gli avversari in galera, per il tempo necessario a provarci, ma senza riuscirci.
C’è chi pensa che si possa passare dalle cooperative di mutuo soccorso di mazziniana memoria ad “abbiamo una banca”, frase pronunziata da Piero Fassino, allora segretario dei Ds, con la stessa facilità con cui si passa da un marciapiede all’altro, e magari impedirne il tracollo con i soldi dello Stato.
No, non credo che ci si possa trasformare senza dare nell’occhio e soprattutto senza fare autocritica e chiedere scusa a chi ci credeva!

