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Sanzioni Ue e la nuova mappa del petrolio: nel 2022 Italia +65% da fonti russe

Teleborsa  |
20/07/2023 15:42

(Teleborsa) - Da quando l'Ue ha imposto sanzioni alla Russia, la "mappa del petrolio" mondiale è stata ridisegnata: un nuovo studio di Transport & Environment (T&E), l'organizzazione ambientalista indipendente europea, mostra come sono cambiati i flussi di approvvigionamento del combustibile fossile in Europa. Il vecchio continente, lontano dal ridurre la sua domanda di petrolio, ha semplicemente sostituito le importazioni dalla Russia con quelle provenienti da altri paesi produttori, perdendo così - ancora una volta - un'opportunità storica per tagliare il consumo di fossili e ridurre la dipendenza dall'import.

Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia, ha dichiarato: "In poco più di un anno, l'Ue ha ridotto sensibilmente la sua dipendenza dal petrolio russo. Purtroppo questo non è dovuto a un abbattimento nei consumi di combustibile fossile, ma a una strategia di sostituzione "barile per barile" del greggio russo con quello di nuovi fornitori. Se tutti gli sforzi profusi nel ridisegnare la mappa delle importazioni fossero stati indirizzati verso politiche di superamento della dipendenza dagli idrocarburi, oggi avremmo un sistema energetico migliore e più pulito".

Cresce l'import dall'Arabia Saudita. Nel gennaio 2022, la Russia rappresentava il 31% delle importazioni europee di petrolio. Nel marzo 2023, a seguito delle varie sanzioni, la quota era scesa ad appena il 3%. Tuttavia, questo non è coinciso con alcuna riduzione nei consumi, purtroppo. Alla fine del 2022, gli Stati Uniti hanno sostituito la Russia come primo esportatore in Europa, con l'11% delle importazioni dell'Ue. Seguono a ruota la Norvegia e l'Arabia Saudita. Oltre a quelle dai fornitori tradizionali, sono cresciute le importazioni mensili dall'Angola verso l'UE, aumentate di sei volte raggiungendo quasi i sei milioni di barili. Anche la quota delle esportazioni brasiliane e irachene è aumentata.

L'aumento delle importazioni europee ha coinciso con un incremento della produzione e delle esportazioni globali di petrolio. Ad esempio, il 70% dell'aumento della produzione petrolifera statunitense, tra il 2021 e il 2022, era destinato all'Ue. L'analisi di T&E mostra che l'80% dell'aumento delle esportazioni di petrolio verso l'Europa proviene da soli dieci giacimenti petroliferi. La maggior parte della crescita delle esportazioni proviene dal Texas, a cui seguono il giacimento Johan Sverdrup - il più grande della Norvegia - e il giacimento brasiliano Lula.

Al contrario di altri Paesi, che con l'avvio del conflitto in Ucraina hanno rapidamente cercato di diversificare le fonti di import di greggio, l'Italia ha visto crescere, nel 2022, il consumo di petrolio russo (+65% rispetto all'anno precedente), che è arrivato a rappresentare il 19% delle importazioni italiane (il 13% nel 2021). Questo dato si spiega in larga parte con la presenza di una raffineria di proprietà russa, la ISAB, nel porto siciliano di Augusta.

Come già documentato dal Financial Times e da Reuters, prima della guerra questa raffineria sembrava operasse con greggio di diverse provenienze; con l'inizio delle sanzioni sul petrolio russo, tuttavia, il greggio di Mosca è passato dal 30% al 100% del raffinato, potendo l'impianto contare solo sulle forniture provenienti dalla sua società madre, la Lukoil. La ISAB, nel 2022, ha processato un quinto del greggio arrivato in Italia, determinando appunto l'impennata delle importazioni complessive di greggio russo. Tale crescita si è esaurita con l'inizio del 2023, per via dell'embargo (-90% tra novembre e dicembre 2022). Nel mentre è stato annunciato l'accordo per la vendita della raffineria Lukoil a una società cipriota.





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