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Dal conservatorio al teatro, Gianluca Guidi ripercorre la sua vita da artista “artigiano”

Dal conservatorio al teatro, Gianluca Guidi ripercorre la sua vita da artista “artigiano”
Gianluca Guidi

L’attore, insieme a Giampiero Ingrassia, porterà dal 10 novembre al Golden di Palermo “La strana coppia” di Neil Simon

PALERMO – Si alza il sipario su un appartamento intriso di fumo, a Manhattan negli anni Sessanta. Appartiene a Oscar Madison, che l’ha lasciato andare in rovina dopo il suo divorzio. Quando invita il maniacale, ‘sterilizzato’ e ferito Felix Unger – la cui moglie lo ha appena buttato fuori di casa – a condividere per qualche tempo l’abitazione con lui, questa, diventa un campo di battaglia su quale stile di vita alla fine prevarrà, così come quanto stretto contatto personale possa sopportare un’amicizia. Prodotto da Virginy di Francesco e Virginia Bellomo, va in scena il revival de ‘La strana coppia’ di Neil Simon. In Sicilia, dal 10 al 12 novembre 2025, al Teatro Golden di Palermo, nell’ambito della nuova stagione Turi Ferro. Nei panni dei due irresistibili protagonisti Giampiero Ingrassia e Gianluca Guidi, che ha curato anche la traduzione, l’adattamento e la regia della commedia, al quale abbiamo avuto il piacere di rivolgere alcune domande.

È dagli anni Settanta che si sente parlare di crisi del teatro. Le risulta?
“Sì, decisamente. Mi ricordo da piccolo che già i miei genitori parlavano della crisi del teatro. Il problema è che oggi, diversamente da prima, abbiamo delle istituzioni che non conoscono minimamente la materia e quindi, spesso e volentieri, prendono decisioni piuttosto astruse poiché, invece di inquadrare la questione sotto il profilo economico, pensano al teatro in modo finanziario. Il che è improponibile. Non si possono prendere decisioni e fare ragionamenti basati su algoritmi! In quarant’anni di gradevole carriera, di cui quindici da produttore, mi è capitato di avere a che fare con assessori alla cultura che, indipendentemente dal lato politico a cui appartenessero, fino al giorno prima si erano occupati di sofficini della Findus… Tutto questo ha del comico: ci sarebbe da ridere, se non facesse piangere”.

Ciononostante, per fortuna, ‘La strana coppia’ continua a riempire le sale.
“La sua forza è la straordinaria attualità. Per il resto, il teatro anglofono, sia Broadway che West-End londinese, ha nel tempo istruito il proprio pubblico ad assistere ad ogni tipo di spettacolo. La gente va a rendere omaggio o ad un grande autore o a chi lo interpreta sapendo benissimo quale precisa natura ha la messinscena. Si rilassa e si diverte. Unica prerogativa richiesta, per decretare il successo o meno di una rappresentazione, è la qualità della produzione. E noi, ovviamente, speriamo di esserne all’altezza”.

Un ‘revival’ di Neil Simon, una sorta di ‘come eravamo’. Oggi, invece, cos’è cambiato?
“Non molto, i problemi umani sono gli stessi. Certo, poi sono circondati da altra natura, da tempi moderni in cui si corre, si fa, si briga, si dev’essere per forza qualcosa. Non si sa mai come parlare in maniera ‘corretta’ perché, comunque sia, si offende qualcuno. Una volta era tutto molto più semplice, adesso c’è una lunghissima serie di dettami ai quali bisogna in qualche modo sottostare per movimenti pseudo culturali che lasciano il tempo che trovano”.

C’è chi sostiene che ridere sia il miglior modo per affrontare la vita. Anche lei è di questo parere?
“Sì, basta che non siano risate che nascondono tutto il resto. Bisogna poter ridere, bisogna poter sorridere. Dato che il liquido all’interno del bicchiere è lo stesso, tanto vale vederlo mezzo pieno”.

È la comicità che si adatta al nuovo pubblico o gli spettatori che devono essere ‘educati’, di volta in volta, a un nuovo modo di fare teatro?
“Noi abbiamo passato, e mi ci metto anch’io nel mezzo, gli ultimi trent’anni della vita teatrale italiana a inseguire il pubblico, non a informarlo, e questo ha creato un vuoto totale che ha portato a un processo di deterioramento”.

Andiamo con ordine.
“Negli anni Cinquanta si era venuta a formare una classe attoriale che aveva studiato, conosciuto; il nostro era un Paese in crescita, la Rai trasmetteva le lezioni di italiano… Con una popolazione da ricreare e da istruire. Questo ha fatto sì che il teatro ricoprisse un’importanza enorme: per il suo essere un fenomeno di aggregazione fondamentale nella vita della gente. L’interazione con gli attori, con le persone in palcoscenico… C’era uno scambio emotivo vero, reale. E il boom economico è stato fondamentale in questo processo virtuoso”.

Poi, negli anni Settanta, si è cominciato a fare confusione e, a schiaffo, sono arrivati gli Ottanta.
“Il peggior decennio, poiché ha creato quell’illusione che tutto era possibile. Mentalità questa che ha inciso profondamente sul modo di condurre le nostre vite. Così gli ingranaggi hanno cominciato marcire e la contro-cultura è arrivata con la televisione privata che ha abbassato notevolmente il livello. Ahimè, l’offerta del servizio pubblico, intento a fare concorrenza a un sistema televisivo determinato dagli investimenti degli sponsor, non è più stato all’altezza”.

Raimondo Vianello, Corrado, Mike Bongiorno sono straordinari esempi di un tipo di show, altro, che non esiste più. Così come, a casa Guidi, Johnny Dorelli e Lauretta Masiero. La passione per l’arte dello spettacolo è sempre stata la sua bussola?
“Sì, anche se dovremmo convenire che gli artisti sono ben altri: Caravaggio, Leonardo da Vinci, Mozart, Puccini, ad esempio. Noi siamo artigiani, depositari di un antico sapere che è il teatro”.

In scena con Giampiero Ingrassia, un’amicizia che dura da oltre quarant’anni.
“Io sono un orso marsicano – l’ho ereditato da mio padre -, un tipo che meno frequenta e meglio sta; lui un vitaiolo che non è libero neppure un quarto d’ora da impegni mondani… Siamo amici da una vita diventati colleghi sul palco. Il primo spettacolo che abbiamo fatto insieme è stato ‘I due gentiluomini di Verona’ di Shakespeare, al Globe Theatre di Roma. In seguito ho diretto Giampiero in ‘Stanno suonando la nostra canzone’ con Simona Samarelli, dopodiché ho fatto con lui ‘Taxi a due piazze’, che ebbe un enorme successo con più di 730 repliche. E poi ancora ‘Serial killer per signora’, un musical da camera, e nell’estate del 2019 debuttammo al Festival di Napoli con ‘Maurizio IV un Pirandello pulp’. Infine è arrivata ‘La strana coppia’. Non abbiamo mai programmato, stiamo forse cominciando a farlo adesso. In passato semplicemente accadeva, ed è accaduto, con grande felicità di entrambi, ovviamente, ma anche del pubblico”.

Cantante e attore di grande spessore, popolare personaggio radiofonico e televisivo, autore e regista di talento. Cosa voleva fare da grande Gianluca Guidi?
“Avrei voluto diventare Claudio Abbado, o meglio ancora Daniel Harding, questo direttore inglese che pilota i 747. Ho fatto il quinto di conservatorio e, per una stupidità della vita, interruppi gli studi. Quando ripresi a suonare, intorno ai sedici-diciassette anni, avevo ormai perso l’abbrivio iniziale. Ecco, forse, quando – tra non molto – ne compirò sessanta, mi riscriverò al conservatorio e diventerò maestro. Vediamo un po’ che succede”.