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Chi lavora giorno e notte, nullafacenti in aumento

Con la scusa della povertà dilagante, soprattutto nel Sud Italia, vi è una classe politica che sta diffondendo principi anti-etici e disonorevoli e cioé che chi non lavora ha diritto ad un assegno di mantenimento, anche modesto.
Sgombriamo il campo da un equivoco: non ci riferiamo agli anziani (settantenni), ai malati, ai disabili e a tutti coloro che non sono autosufficienti. Ci riferiamo a tutti quei cittadini che sono in condizione di lavorare, non solo cercando il posto fisso, ma, e soprattutto, inventandosi un lavoro, prendendo iniziative, facendo esperienze e comunque portando a casa quanto necessario per il mantenimento proprio e della propria famiglia.
Cosicché, nel nostro Paese c’è chi lavora giorno e notte anche nei giorni festivi, chi non limita il proprio sacrificio e la propria abnegazione e c’è chi invece aspetta che la provvidenza (alias lo Stato) gli faccia pervenire un assegno comunque denominato che gli consenta di sopravvivere. Si tratta di una distorsione che un cattivo ceto politico continua ad alimentare.

La conduzione dello Stato da parte del Governo (esecutivo), mediante le leggi approvate dal Parlamento (legislativo), non può prescindere dai principi di equità, di merito e responsabilità e invece assistiamo con grande dispiacere ad una conduzione politica del Paese da parte dei governi di questi ultimi decenni, basata sempre di più sull’allargamento della spesa pubblica e sempre di meno sulla linea di costruzione di nuovo lavoro e la produzione di nuova ricchezza da distribuire.
Incompetenti e cattivi politici pensano di ottenere il consenso distribuendo debito e non ricchezza. Infatti per pagare assegni a destra e a manca debbono firmare cambiali sotto forma di buoni del tesoro, facendo aumentare la montagna del debito sovrano che poi dovranno pagare in ogni caso, prima o dopo, le future generazioni.
Questo comportamento deprecabile non è di questi giorni soltanto, ma proviene dall’alba di questa Repubblica e cioé dall’immediato dopoguerra. Solo che allora vi era una gran voglia di ricostruire il Paese, oggi vi è una gran voglia di distruggerlo.
La questione riguarda le competenze ed anche un modo di pensare generalizzato che sia basato sulla sana competizione, esattamente come avviene nello sport.
In quel settore, infatti, è difficile che vi siano imbrogli, anche perché i controlli sono rigorosi e quando un atleta viene trovato dopato, riceve punizioni severe che arrivano fino alla squalifica temporanea o definitiva.
Non si capisce perché questo metodo basato sul merito, sulla responsabilità e sui controlli, nonché sulle sanzioni conseguenti (o sui premi), non debba essere utilizzato in tutti i versanti del lavoro, a cominciare da quello pubblico.
Le attività lavorative debbono essere distinte fra quelle del settore privato e quelle del settore pubblico. Nel primo le sanzioni o i premi sono conseguenti al lavorare bene, con ingegno, creatività, sacrificio, forza di volontà. Se questi ingredienti sono buoni, i risultati arrivano inesorabilmente. Diversa canzone riguarda il settore pubblico, nel quale si prescinde dai risultati, cosicché bravi e infingardi sono sullo stesso piano.

Quando in un Paese la burocrazia si trasforma da soggetto propulsore in soggetto frenante, quel Paese va a rotoli. è del tutto evidente che il potere politico-istituzionale che stabilisce le linee economiche e sociali, ha bisogno del soggetto burocratico per trasformare quegli indirizzi, portati dalle leggi, in attività esecutive ed operative. Ma se la burocrazia non funziona, qualunque buona intenzione dei governi percorre la strada dell’inferno e non si realizza.
Quando le istituzioni non poggiano la loro azione sui valori etici di tutti i tempi, che costituiscono la Stella Polare, perdono la rotta ed inevitabilmente conducono i popoli da loro governati verso situazioni tragiche.
È quello che sta accadendo al nostro Paese ed è quello che è accaduto a tutto il Meridione dopo la Costituzione dello Stato italiano.
Ricordiamo che Cavour pronunziò il discorso della riunificazione d’Italia al Parlamento del Piemonte in francese. Bell’Italia!