Milano, 12 set. (askanews) – “Solitamente quando un prodotto diventa inflazionato, la sua naturale conseguenza è l’implosione, si tratta di una regola quasi assoluta. La continua crescita della Doc sta provocando un progressivo e inesorabile abbassamento del valore percepito del prosecco, generando una spirale a ribasso che lo sta posizionando a livello di commodity, con prezzi che oscillano tra 2 e 3 euro”. A dirlo ad askanews è Loris Dall’Acqua, enologo e Ad di Col Vetoraz Spumanti, azienda di Santo Stefano di Valdobbiadene (Treviso), nel cuore delle colline del Cartizze, che dal 2017 ha scelto di non riportare più la parola “Prosecco” sulle proprie etichette, a sottolineare il legame esclusivo con Valdobbiadene e con il suo terroir unico.
“Il grande universo prosecco però è costituito da realtà che non sono minimamente confrontabili tra di loro” prosegue Dall’Acqua, spiegando che “c’è il Conegliano-Valdobbiadene Docg, un sistema collinare riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Qui – continua – la vite viene coltivata da oltre ottocento anni, dove donne, uomini e vite si sono plasmati con queste colline in un legame indissolubile. Usi, costumi, tradizioni, terra, clima, vino: tutto questo assieme è il vero significato di terroir”.
“Poi c’è il prosecco Doc, un grande territorio principalmente pianeggiante, che si estende su nove province tra Veneto e Friuli, istituito nel recente 2009, dove la coltivazione della vite non è stata tramandata di generazione in generazione attraverso la saggezza degli anziani ma ha assunto un’impostazione con logiche industriali” precisa l’enologo, sottolineando che “tutto ciò ha creato una situazione caotica, dove la semplice distinzione tra Prosecco Superiore Docg e Prosecco Doc non è sufficiente per trasmettere in modo chiaro e distinto una precisa e distinta identità”.
“Oggi il Conegliano-Valdobbiadene Docg sta soffrendo a causa di questa commistione, pertanto sta diventando sempre più urgente trovare il coraggio di allontanarlo dal sistema prosecco, perché solo in questo modo sarà possibile riconquistare l’identità perduta” rimarca, evidenziando che “si tratta di un percorso molto arduo, perché il conflitto d’interessi e l’opportunismo hanno ormai intaccato quasi totalmente il sistema produttivo”.
“Servirebbe il coraggio di abbandonare la parola Prosecco ma gli interessi economici sono più forti della volontà o della consapevolezza di proteggere e delimitare un’identità e un paesaggio unici, cresciuti nei secoli” spiega il manager, mettendo in rilievo che “la parola Prosecco banalizza la nostra origine”. “Le donne e gli uomini del Conegliano-Valdobbiadene devono ritrovare la consapevolezza di aver avuto il privilegio di nascere e vivere in questa terra gentile, unica e irripetibile” sottolinea Dall’Acqua, concludendo che “non devono permettere che venga banalizzata solo per soddisfare logiche economiche arrivistiche”.
Col Vetoraz Spumanti della famiglia Miotto ha radici che risalgono al 1838, ma l’attuale realtà aziendale nasce nel 1993 dall’iniziativa di Francesco Miotto, assieme all’agronomo Paolo De Bortoli e all’enologo Loris Dall’Acqua, con l’obiettivo di valorizzare esclusivamente le Denominazioni Valdobbiadene Docg e Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg. L’azienda lavora circa 170 ettari (tra proprietà e conferitori) e produce oltre 1,2 mln di bottiglie all’anno.

