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Cartabellotta: “Biologico e nuove generazioni, ecco come cresce l’agricoltura”

Intervistato dal vice presidente Filippo Anastasi, il dirigente generale del Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana, Dario Cartabellotta, risponde alle domande del QdS.

Qual è l’attuale situazione dell’agricoltura siciliana?
“Secondo gli ultimi dati Istat del 2020, la Sicilia è la prima regione italiana con un milione e trecentoquarantadue milioni di ettari coltivati e 144 mila aziende. Come valore aggiunto, la Sicilia si pone al sesto posto tra le regioni europee, mentre abbiamo trecentocinquantamila ettari come agricoltura biologica. Poi, abbiamo il primato nazionale di seimilatrecentotrentacinque agricoltori sotto i 35 anni. La superficie aziendale, che prima era molto frammentata, è passata da sei ettari ad azienda a nove. In pratica, si riducono le partite Iva, ma aumenta le dimensioni delle aziende. Infine, il dato più sorprendente è che siamo primi nella mobilità fondiaria, poiché si fa un largo ricorso a comodati e locazioni, segno che la terra, comunque, si cerca di tenerla produttiva. A tutto ciò, si aggiunge che il valore aggiunto nel settore agricolo-alimentare, ora unito perché molte aziende agricole vendono direttamente prodotti alimentari, che riguarda l’uso di prodotti locali al posto di quelli stranieri. Questo valore si aggira sui dieci miliardi di euro oggi, quando nel 2000 eravamo a non più di due miliardi di euro. Il settore agroalimentare è cresciuto grazie all’uso del biologico, alla mobilità fondiaria, alla presenza di giovani nella conduzione delle aziende. La Banca d’Italia ha certificato, non a caso, un aumento del 7% in termini di reddito”.

Come si sta organizzando la Regione per prevenire il rischio di un deficit irriguo nel corso dell’estate?
“Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha avviato un confronto con tutte le parti coinvolte per affrontare la stagione calda e la carenza di risorse idriche. Il tema principale è risparmiare e in agricoltura questo termine può significare usare meglio l’acqua, secondo la tipologia di terreno che si irriga. Le nuove tecnologie stanno, però, portando a risparmi idrici notevoli di cui quasi tutte le aziende agricole siciliane sono dotate. La micro irrigazione si è diffusa moltissimo, usando tecnologie israeliane. Tuttavia, il secondo problema che si sta manifestando è il cambiamento climatico, che permette la fruttificazione di piante tropicali prima usate come ornamento. Questo permette di far nascere nuove imprese, ma queste colture hanno bisogno di molta acqua. Per combattere la siccità e per impedire crisi idriche è stata costruita una rete di laghi collinari distribuita in tutte le provincie siciliane per trentacinque milioni di euro d’investimento dalla Regione. Questa rete immagazzinerà l’acqua piovana ed è un sistema che è tornato di moda anche in regioni dove prima era assente”.

In questo quadro, le dighe siciliane presentano ancora criticità?
“In teoria, le dighe avrebbero una capacità complessiva di un miliardo di metri cubi, ma la quantità autorizzata è meno della metà. Molte soffrono di interramenti, altre presentano problemi strutturali che non ne consente la capienza massima e tutte sono vecchie. La diga Mario Francese, per esempio, che ha una capienza di ottanta milioni di metri cubi, ne può contenere solo cinquantadue”.

Quali sono le risorse che avete stanziato per aiutare gli imprenditori agricoli a fronteggiare il caro dell’energia e l’aumento dei prezzi delle materie prime?
“Tra le prime misure prese dal Governo Schifani c’è stata quella della pubblicazione di un bando rivolto agli agricoltori per abbattere il costo del gasolio agricolo, dando un contributo. Sono in corso le valutazioni delle istanze ed è stato assegnato un fondo di trentacinque milioni di euro”

Secondo i dati Ispra in Sicilia, negli ultimi 15 anni si sono persi circa 300 km2 di aree agricole. In che modo è possibile invertire questo trend?
“La perdita di suolo è controversa, perché la superficie agricola utilizzata vede la Sicilia al primo posto tra le regioni, come citato poc’anzi. È vero, però, che ci sono zone dove l’agricoltura e la città coesistono, come la zona di Ciaculli a Palermo o il litorale messinese, dove i vivai si confondono con le case abitate. L’agricoltura non è andata indietro rispetto ad altre regioni, ma i terreni sottratti a essa si sono palesati in aree che hanno visto l’espansione delle città metropolitane. In effetti, va considerato che l’80% della popolazione siciliana si concentra in poche zone, mentre il restante 20% risiede nell’80% del territorio. Perciò, a livello italiano, è diminuita la percentuale di terreni agricoli, in Sicilia non si è verificato lo stesso fenomeno. La gente ha resistito all’attrazione delle città e le proprietà fondiarie sono soggette, oggi, a locazioni o vendite a stranieri”.

Colture favorite dai cambiamenti climatici, così anche l’Isola si inizia a produrre caffè

I cambiamenti climatici stravolgono le stagioni e incidono sulle produzioni agricole. Quali sono gli interventi necessari per contrastare questo grave fenomeno?
“Per ovviare ai cambiamenti climatici, l’Ue ha stanziato circa tre miliardi di euro che consentono agli agricoltori di attivare delle polizze assicurative per essere risarciti in caso di danno. È chiaro che si tratta di uno strumento di non facile attuazione, soprattutto dove i rischi sono elevati e i cambiamenti climatici spingono le polizze verso l’alto. Il premio è pagato per il 70%, ma per l’agricoltore non è semplice da sostenere, in particolare nelle zone soggette ad alluvioni. È scomparso il fondo di solidarietà nazionale ma, oggi, i costi delle calamità sarebbero insostenibili per le finanze pubbliche. Il confronto tra il ventennio che va dal 1980 al 2000 e il ventennio successivo che va dal 2001 al 2020 mostra la realtà del cambiamento, dove le giornate di caldo estremo che prima erano rare durante la stagione estiva, oggi stanno divenendo la norma. È chiaro che si assiste alla modificazione delle piante e non sorprende che quelle di caffè stiano fruttificando. Perciò, è ipotizzabile che la nostra diventi una terra di coltura del caffè e c’è già qualcuno che lo sta sperimentando. Un’altra novità è data dal settore degli spumanti, che dieci anni fa comprendeva pochi marchi: oggi ci sono più di cento marchi di ottima qualità, di cui molti intorno all’Etna come il Mascalese. Questo dimostra la capacità dei nostri agricoltori di saper estrarre dal territorio dei prodotti di alta qualità. Non a caso, il prezzo del vino si è alzato parecchio negli ultimi anni e il valore dei terreni è passato da diecimila a ettaro a centomila ad ettaro, dimostrando che i prodotti portano ad un incremento del valore fondiario”.

Il microclima dell’Etna aiuta queste produzioni?
“L’Etna è il polmone climatico della Sicilia e presenta una grande varietà di zone che favoriscono coltivazioni diverse nello stesso territorio. Le precipitazioni sul versante ionico sono di duemila millimetri, mentre su quello interno di seicento millimetri. Questa situazione fa un gioco di esposizioni di piogge e di temperature che esaltano la qualità degli spumanti”.

Processo di riorganizzazione per la politica comunitaria

In che modo la Regione sta promuovendo le eccellenze agroalimentari dell’Isola nel mondo?
“Il nuovo assessore Luca Sammartino ha spinto molto su un programma d’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari. La Regione ha organizzato il Fruit logistica e centocinquanta aziende hanno preso parte al Vinitaly. Si continuerà con le partecipazioni a fiere come il Feed food a New York, il Sial a Shangai, e la Fiera di Colonia. Dopo la pandemia, si vuole ripartire con quella che è stata la spinta forte per l’internalizzazione dell’agroalimentare siciliano per conquistare i mercati. Le aziende rispondono, non solo quelle classiche, ma anche nuove. La Regione garantisce un contributo abbassando parecchio i costi di partecipazione. La guerra russo-ucraina ha comportato una perdita per il mercato vinicolo siciliano, ma già la crisi era iniziata nel 2014 con le prime sanzioni alla Russia. Paradossalmente, si stanno riassortendo i mercati prima abbandonati come il latte e il grano anche hanno avuto un aumento del prezzo, seppur intaccato dall’espansione dei costi del gasolio e delle materie prime. Le aree interne della Sicilia hanno beneficiato di quest’aumento del valore dei prodotti”.

In cosa si differenzia la Pac dalle Politiche europee del passato?
“La Politica agricola comunitaria attuale riunisce in un unico strumento strategico tutte le politiche agricole europee come il Psr. L’Ue si è resa conto di conservare una produzione propria di materie prime durante la pandemia e la guerra russo-ucraina e sta spingendo gli agricoltori a rispandere le colture. Con il Pac è stato stanziato un miliardo e mezzo di euro circa, di cui 750 milioni per l’agricoltura biologica e per l’indennità compensativa per le aree svantaggiate, mentre il resto è dedicato al rafforzamento del rapporto tra produzione di materie prime e industria”.