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Daverio, “Chiedo scusa ai siciliani. Anzi no…”

Daverio, “Chiedo scusa ai siciliani. Anzi no…”

Controversa lettera aperta del critico al governatore Musumeci, con un “tono ironico” che diventa dileggio. Il segretario della Commissione di vigilanza Anzaldi, “spero che la Rai, che doveva vigilare, interrompa qualsiasi tipo di collaborazione”

“Mi scuso con i siciliani, perché ho generalizzato dicendo a tanti ciò che era destinato a pochi facinorosi”.

Lo ha scritto, in una lettera aperta, il critico d’arte Philippe Daverio, dopo le polemiche seguite alle sue dichiarazioni rese alle Iene sulla vicenda dell’assegnazione, come presidente della Giuria, a Bobbio – di cui è cittadino onorario – piuttosto che a Palazzolo Acreide, che aveva ottenuto la maggioranza nel televoto, del titolo di “Borgo dei borghi” nell’omonima trasmissione Rai.

Daverio alle Iene, “Ho paura dei Siciliani”

Alle Iene Daverio aveva rilasciato una velenosa intervista in cui dichiarava tra l’altro di “aver paura” dei Siciliani, che aveva scatenato una serie di reazioni, a cominciare da quella di Michele Anzaldi, segretario della Commissione di vigilanza della Rai che ha bollato le parole di Daverio come “vergognose e inqualificabili: ha insultato tutti i siciliani, un organo parlamentare come la commissione di Vigilanza, il sindaco e i cittadini di Palazzolo Acreide: qui siamo di fronte a dichiarazioni di inaudita gravità e spero che la Rai interrompa subito qualsiasi tipo di collaborazione presente e futura con Daverio, che deve chiedere immediatamente scusa a tutti i Siciliani”.

Sintetizzando le dichiarazioni alle Iene, Daverio aveva detto: “Quella dei siciliani contro di me è una intimidazione, tipica della loro cultura. A me la Sicilia non piace, lo posso dire? La Trinacria poggia con un piede e a terra, sono terroni che rosicano. Non amo la Sicilia, non mi interessano l’arancino e i cannoli, mi piace il foie gras e bevo champagne. Il cannolo? Non mi piace perché ha la canna mozza… E mi piace Bobbio. È un mio diritto. Mi hanno spaventato, il tono è di minaccia e fa parte della tradizione siciliana”.

Le reazioni di Micciché e Nello Musumeci

Affermazioni che avevano suscitato la reazione del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché e del governatore della Sicilia Nello Musumeci, i quali ieri avevano preteso le scuse di Daverio. E Musumeci aveva annunciato, in caso contrario, una querela nei confronti del critico.

“Il professore Philippe Daverio – aveva dichiarato – ha il dovere di scusarsi con tutto il popolo siciliano, che ha offeso volutamente, con toni razzisti e con dichiarazioni calunniose. Amare la Sicilia non è un dovere, ma usarle rispetto sì. Non è tollerabile un atteggiamento così spocchioso, che ci impone come governo della Regione di rivolgerci anche all’autorità giudiziaria. Questo disarmante pregiudizio verso la Sicilia spiega chiaramente l’epilogo del concorso sul Borgo dei Borghi, a danno di una nostra Comunità”.

“Mi auguro – aveva aggiunto – che il servizio pubblico televisivo, se esistono ancora rapporti professionali con questo personaggio, li rescinda immediatamente. Se poi dovessero arrivare le scuse, sarò io stesso a invitare il razzista francese nella nostra Isola: senza cannoli a canne mozze, stia tranquillo, ma con una abbondante fetta di cassata, accompagnata da un bicchierino di passito. E non è una minaccia”.

L’autodifesa di Daverio e la lettera aperta

Adesso, ricostruendo la vicenda, Daverio, definendosi “talvolta ingenuo” e invocando la stanchezza per “una lunga giornata di viaggio e di lavoro” e la “sommatoria d’insinuazioni lanciatami da politici siciliani per il mio voto libero nella trasmissione dei borghi” e rivelando di aver “ricevuto minacce anche di morte” per le dichiarazioni “a una iena della nota trasmissione, ex candidato sindaco di Palermo, che mi ha posto una serie di tranelli”.

E ha sostenuto di aver “reagito in un modo ironico che ha generato confusione e da parte di spiriti malversati reazioni spropositate”.

Daverio, insomma, si scusa e non si scusa affatto, anzi, accusa.

Un “tono ironico” che diventa dileggio

E, indirizzando una lunga lettera aperta, che riportiamo al termine dell’articolo, al presidente della Regione Siciliana, dice di assumere “un tono ironico” che è piuttosto di dileggio nei confronti, ancora una volta della Sicilia e dei Siciliani. E in particolare dello stesso Musumeci: “Ho oggettivamente partecipato – si legge nella lettera – alla realizzazione d’un capolavoro: farmi dare del razzista da un seguace di colui che fu segretario di redazione de La Difesa della Razza a partire dal 20 settembre del 1938, negli stessi giorni delle leggi razziali. Le auguro di potersi emancipare da un passato che sembra incombere inesorabilmente su di Lei e assumere una percezione aggiornata della contemporaneità”.

Daverio nella lettera attacca anche l’assessore al Turismo della Giunta Musumeci, Manlio Messina, che per primo aveva sollevato il caso e che viene da accusato dal critico aver “dato vita ad una caricatura di class action”.

Per Anzaldi (Vigilanza Rai), la vicenda non è chiusa

La polemica, insomma, non è conclusa affatto, anche perché il segretario della Commissione di vigilanza della Rai, ha sottolineato che, nell’assegnazione del titolo a Bobbio, di cui Daverio è cittadino onorario, “la Rai doveva vigilare e non lo ha fatto” e chiama in causa il direttore di rete, il responsabile della trasmissione, i quali avrebbero dovuto sapere “che Daverio aveva rapporti così stretti con il borgo che poi ha vinto” suscitando “inevitabili sospetti di favoritismo, così danneggiando la Rai stessa e tutti i borghi in gara”.

Anzaldi ha tra l’altro sottolineato che, nell’intervista alle Iene, “Daverio in pratica ha confessato quando ha detto di ‘aver fatto quello che andava fatto’ e quando ha detto di non amare la Sicilia”.
Sembrerebbe dunque non essere chiusa nemmeno la vicenda dell’assegnazione a Bobbio e non a Palazzolo Acreide del titolo di Borgo dei Borghi, visto che il segretario della Commissione di Vigilanza ha chiamato in causa “l’amministratore delegato Salini e il Cda”.

La lettera aperta a Musumeci

Ecco comunque il testo integrale della lettera aperta al presidente della Regione Siciliana.

Onorevole Presidente Musumeci, mi permetto d’assumere un tono ironico per affrontare questa versione contemporanea della Secchia Rapita che ha trasformato un gioco televisivo in una farsa tragicomica nella quale Ella non ha avuto il buongusto di evitare lo scivolone – scrive Daverio – L’appello dei neoborbonici chiede che non lavori più in Rai: non si preoccupino, è da tempo che la Rai non mi vuole e ha smesso di trasmettere i miei video nei quali tra l’altro ho spesso esaltato la Sicilia, con la trasmissione su Palermo, quella sui Normanni e quella sulla presenza araba.

Ho insegnato a lungo in Sicilia e devo riconoscere con orgoglio che molti miei laureati presso la Facoltà di architettura di Palermo conservano un buon ricordo del mio operato didattico, ricambiato dalla medesima mia simpatia – dice ancora Philippe Daverio – Ho collaborato con passione all’attività del Teatro di Montevergini e ho avuto l’incarico di organizzare la festa di Santa Rosalia, una volta con successo facendo costruire il carro gratuitamente a Jannis Kounellis (purtroppo quell’opera dall’altissimo valore economico è poi marcita all’aria aperta), una seconda volta in mezzo a mille polemiche quando la scarsità di fondi restrinse la distribuzione di incarichi.

Ho polemizzato per la cattiva manutenzione degli immobili della Facoltà nella quale insegnavo ed ho subito i biasimi d’un senato accademico che non tollerava le critiche al loro membro ormai defunto che quest’edificio aveva progettato. Ho quindi più d’una volta in Sicilia litigato con dei siciliani; sono umano e sanguigno come lo erano i miei parenti svevi ed è forse la mia quota sveva che mi ha reso possibile intendere la complessità dell’animo siciliano, nel bene sempre e nel male talvolta – prosegue ancora Daverio – Ho letto con profondo disappunto la sua intervista apparsa sul Giornale di Sicilia nella quale dice: ‘Mi auguro che il servizio pubblico televisivo, se esistono ancora rapporti professionali con questo personaggio, li rescinda immediatamente. Se poi dovessero arrivare le scuse, sarò io stesso a invitare il razzista francese nella nostra Isola’. Non posso fare altro che prenderne atto. Alla Secchia Rapita, che Ella sicuramente ha letto vista la sua nota cultura storica, Ella ha avuto l’ispirazione di aggiungere una riedizione dei Vespri Siciliani individuandomi come una replica degli angioini cacciati nel XIII secolo.

Le debbo purtroppo comunicare che sono italiano e come tale ho servito Milano da assessore per quattro anni – dice ancora Philippe Daverio nella lettera a Musumeci – sono francese per metà e per quella normativa che mi consente d’essere francese per jus soli e italiano per jus sanguinis in quanto il mio ceppo familiare lombardo (quanti sono i siciliani che di cognome fanno Lombardo!) è iscritto nella Maricula nobilium familiarum Mediolani sin dal 1377 e che mio parente fu quel Francesco Daverio, il quale a capo del partito popolare delle Cinque Giornate riportò Garibaldi in politica.

Che i neoborbonici assieme a Lei si siano inalberati non mi sorprende quindi, anzi onora sia me che i miei antenati morti per far sorgere l’Unità di quest’Italia.

La TV non è del tutto la realtà, ne è solo uno specchio, talvolta drammatico, talvolta come in questo caso oggettivamente ludico. Credo che pure il Suo ispiratore storico l’On Almirante (“il maestro della mia generazione” Ella disse) lo avrebbe capito e mi duole dover ricordare che sono ben meno razzista di quanto non lo fosse stato l’ambito ideale al quale Ella storicamente si riferisce – prosegue Daverio – Ho oggettivamente partecipato alla realizzazione d’un capolavoro: farmi dare del razzista da un seguace di colui che fu segretario di redazione de La Difesa della Razza a partire dal 20 settembre del 1938, negli stessi giorni delle leggi razziali. Le auguro di potersi emancipare da un passato che sembra incombere inesorabilmente su di Lei e assumere una percezione aggiornata della contemporaneità.

Per il resto le suggerisco di riguardare la trasmissione e si accorgerà che anche gli altri due componenti della Giuria hanno votato a favore di Bobbio: ritenere che siano stati influenzati da me è un drammatico insulto alla loro professionale competenza e alla loro rispettabilità – dice ancora Daverio – Sono l’una olimpionica con varie medaglie d’oro, la gentile signora triestina Margherita Granbassi e il geologo Mario Tozzi, il quale ha votato pure per Rotondella in provincia Matera, dove ha lavorato per anni (sarà quindi anche lui mosso da conflitto d’interesse per via del martelletto da geologo?) e per la quale ho votato pure io (c’eravamo forse messi d’accordo con dei pizzini passati sottobanco?). La cultura del sospetto e delle insinuazioni è repellente.

In seguite alle Sue dichiarazioni la mia pagina facebook è stata inondata di minacce – dice ancora Daverio – Liliana Segre sostiene che ‘gli hater sono persone di cui bisogna avere pena, vanno curate’. Lei riceve tuttora duecento messaggi razzisti al giorno. Sono orgoglioso d’essere in sua compagnia. Ma le minacce di morte giunte a me alla mia famiglia vanno oltre ogni limite di convivenza civile. In seguito alla Sue dichiarazioni l’assessore al Turismo della Sua onorevole Amministrazione, Manlio Messina, ha dato vita ad una caricatura di class action chiedendo che non possa più io lavorare in Rai. Forse un attimo di riflessione sull’articolo della nostra Carta costituzionale potrebbe tornarvi a tutti assai d’aiuto laddove l’articolo 21 recita: ‘Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure’.

Non mi permetterei mai di chiederLe una traccia di sense of humour ma nondimeno spero non abbia confuso una trasmissione televisiva virtuale con la realtà che Ella deve affrontare nell’ARS e che il suo collega Anzaldi dovrebbe afferrare in Parlamento. Capisco che per un politico l’inseguire l’opinione pubblica più immediata sia sempre argomento d’insuperabile fascino ma reputo che la responsabilità etica debba andare verso pensieri più elevati – dice ancora nella lettera a Musumeci – Con le minacce che mi sono pervenute mi sarà assai difficile intraprendere qualsiasi lavoro nell’isola. So bene, onorevole Presidente, che del mio lavoro da comunicatore dei Beni Culturali ad Ella non potrà importare nulla; la Sicilia è già perfetta così come è, la sua notorietà mondiale è accertata. Le vorrei solo ricordare anche l’articolo 4 della Carta, quello che recita: ‘La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società’.

Le scuse a tutti i siciliani le faccio con sommo piacere, e so che alcuni mi capiranno, almeno quelli non troppo suscettibili ai pizzicotti critici. Ero stato inseguito da un giornalista insistente e molesto delle Iene, ovviamente pure lui siciliano e candidato sindaco a Palermo, dopo una lunga conferenza e in mezzo ad una ressa di pubblico. Le scuse da parte Sua non me le aspetto.