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Dazi, competenze, liquidità: le sfide del food & beverage

Dazi, competenze, liquidità: le sfide del food & beverage
In foto: Glorioso, Paoluzi, Busi e Sciortino

A Isola l’evento organizzato da Confindustria Catania per accendere i rifilettori su un settore in crescita nonostante le difficoltà

CATANIA – Oggi, per la sopravvivenza economica di un’azienda, anche del settore food & beverage, il tema delle competenze è diventato importante quanto quello del capitale. Disporre di un solido controllo di gestione è ormai indispensabile. È uno dei punti principali emersi durante l’incontro organizzato da Confindustria Catania, ad Isola, con il supporto di Emmebi Advisory, NielsenIQ, Lca Studio legale e YOURgroup. L’evento è stato dedicato alle strategie per le imprese del settore food & beverage.

Un pomeriggio di lavori in cui il primo tema sono stati i dazi statunitensi, oltre che i risvolti della nuova realtà geopolitica anche sull’attività delle imprese catanesi coinvolte. “Non abbiamo ancora la percezione di ciò che potrà accadere, ma sappiamo quanto sia importante cercare nuovi mercati – ha dichiarato la presidente di Confindustria, Cristina Busi, nei saluti introduttivi –. I giochi purtroppo sono saltati, dobbiamo rivedere i contratti con i fornitori e non possiamo permetterci di non ottimizzare i costi. Se vogliamo affrontare il tema dei dazi, dobbiamo farlo mantenendo alta la qualità: la qualità dei prodotti siciliani è riconosciuta e richiesta. Lo vediamo anche con Sibeg–Tomarchio, che esporta il 50% della produzione, soprattutto verso gli Stati Uniti e ora anche in Cina”.

Le imprese del food & beverage catanese badano al tema della liquidità

Prestando contemporaneamente attenzione al contesto internazionale, le imprese del food & beverage catanese badano con attenzione al tema della liquidità. “Per le Pmi del settore food & beverage, come per tutte le altre, il tema centrale da attenzionare resta quello della gestione della cassa. Uno degli aspetti più rilevanti è la ristrutturazione del debito, perchè è un dato di fatto che le piccole imprese faticano a mantenere equilibrio finanziario. Basti considerare che, nella sola provincia di Catania, le prime 40 aziende consolidano un fatturato complessivo di 1,2 miliardi di euro, mentre le più piccole si fermano intorno ai 5 milioni. Esiste dunque una vasta popolazione di microimprese del comparto agroalimentare che faticano a reggersi e che vanno tutelate. In realtà, se non crescono, il rischio è quello di essere progressivamente schiacciate verso il basso” ha spiegato il Massimiliano Bruno, managin partner di Emmeby.

“All’interno delle aziende servono competenze manageriali, non è solo una questione di capitale. Occorre strutturarsi nella gestione della liquidità e ottimizzare le risorse disponibili. Molti stabilimenti risultano inefficienti perché operano con una sola linea di produzione e un solo turno di lavoro. Infine, il tema dell’innovazione: cosa può realmente dare slancio a un’impresa che mantiene invariati modello di business, sistema di pricing e che non investe in ricerca e sviluppo? Per le aziende di dimensioni leggermente maggiori, infine, valutare piccole acquisizioni può essere una leva decisiva per favorire una crescita sia organica che inorganica”.

Sono i numeri a dire come sta il comparto

Sono i numeri a dire come sta il comparto, ecco perché NielsenIq ha realizzato una ricerca capace di restituire le performance dei player siciliani e dei consumi nella regione. Lo ha fatto partendo da un dato, “l’incertezza è la nuova normalità”. I top player siciliani mostrano risultati positivi, in particolare nei comparti della verdura (+16,7%) e del vino (+5,4%). Nel complesso, i due settori hanno registrato variazioni rispettivamente del +20% e del +8,7%. Anche l’ortofrutta cresce in termini di volumi (+8,7%).

Nel complesso, il food & beverage in Sicilia vale oggi 5,8 miliardi di euro

Tra i comparti trainanti figura anche l’ittico, che segna un aumento del +9% in valore, sebbene con una lieve flessione unitaria dell’1,7%. In crescita anche il mercato del fresco (+5,4%) e le carni (+4,6%). Nel complesso, il food & beverage in Sicilia vale oggi 5,8 miliardi di euro, con un incremento di quasi il 3%. Un dato che colloca la regione al quinto posto tra quelle del Sud, dove spicca la Basilicata, con un aumento vicino al 7%.

Nielsen ha inoltre analizzato il comportamento dei consumatori: di fronte al caro prezzi, gli italiani reagiscono con due strategie principali – la ricerca dei prezzi più bassi (24,3%) e la scelta di prodotti salutari o naturali (15,3%). Seguono la qualità elevata (8,5%), il lusso (3%) e i brand di nicchia (2,3%). Sempre più diffusa è la spesa frequente: l’80% dei consumatori dichiara di fare acquisti più spesso per ridurre lo scontrino medio. I dati sono stati presentati da Eleonora Formisani e Sergio Grasso di NIQ, prima degli interventi di Nicola Lucifero (Partner di LCA Studio Legale e Head of Food Law Department), Gabriella Scionti (Counsel di LCA Studio Legale) e Gianluca Novello (Senior Marketing and Strategic Advisor di Emmebi Advisory).

La giornata si è conclusa con la tavola rotonda “Fare impresa in Sicilia: storie di aziende e strategie di successo”, moderata da Massimiliano Catena e Rossella Serrao, Associate Partner di YOURgroup, con gli interventi di Cristina Busi (Presidente di Sibeg), Domenico Sciortino (Amministratore delegato di Marullo), Mario Paoluzi (amministratore delegato di Oranfresh) e Pino Glorioso (Presidente del Gruppo Glorioso).