Urge rivitalizzare il Wto
Non appena eletto, Donald Trump ha proclamato la ormai celebre frase: “America first”, il che significa che la sua politica subordinerà qualunque interesse (economico, sociale, militare e altro) a quello degli Stati Uniti.
Come tutti e tutte ricorderanno, Trump ha lanciato l’ipotesi di fare del Canada il cinquantunesimo Stato, di comprarsi la Groenlandia della Danimarca, di trasformare la Striscia di Gaza in un territorio turistico (dopo averla acquistata) e infine di cacciare i cinesi dallo Stretto di Panama, che a suo tempo fu conquistato dalle forze armate statunitensi e fu consegnato a quello Stato, ormai indipendente.
Fra gli altri suoi programmi, ha assunto primaria importanza la pace in Europa, da raggiungere rapidamente, chiudendo la guerra russo-ucraina. E infine, come la ciliegina sulla torta, Trump ha annunciato al mondo il ripristino della politica dei dazi.
Abbiamo trattato più volte gli argomenti elencati prima, quindi oggi vogliamo soffermarci su quest’ultima proposta del Presidente statunitense.
La politica dei dazi è stata nei tempi (e lo è tuttora) una politica perdente perché fa danno a chi li subisce e a chi li mette, che li subisce dagli altri. I dazi, com’è noto, fanno automaticamente aumentare i prezzi di prodotti e servizi fino ad arrivare ai/alle consumatori/trici, i/le quali di colpo vedono diminuire il proprio potere di acquisto. Il che si traduce in un rallentamento dell’economia, in un aumento della disoccupazione e in una minore disponibilità di risorse negli Stati che praticano, volente o nolente, il meccanismo perverso dei dazi.
Nonostante tali effetti noti, il Donald americano ha cominciato a calare la scure dei dazi colpendo le importazioni dal Messico, dal Canada e ora dall’Unione europea. Quest’ultima ha già messo in atto delle contromisure per caricare i dazi sulle importazioni che provengono dagli Stati Uniti.
Chi perde e chi guadagna in questi comportamenti perversi? L’abbiamo già detto: nessuno guadagna e tutti perdono, per cui non ci si rende conto della sensatezza di un’azione di questo genere.
Nel 1995 è stato fondato il Wto (World trade organization), vale a dire l’organismo a livello mondiale che ha il compito di gestire i commerci, rendendo più fluide tutte le operazioni di scambio di beni e servizi fra i diversi Paesi del mondo. Compito indiretto è quello di eliminare i carichi economici su beni e servizi di ogni Paese, in modo da consentire gli scambi che tengano conto dei costi di produzione, di trasporto e altri, senza alcun carico di imposte.
L’attività del Wto ha funzionato – seppure non in maniera completa – per tutti questi decenni e ora sarebbe sensato migliorarne l’efficacia per rendere utilità a tutte le popolazioni che si scambiano beni e servizi, oltre che per semplificare il trasferimento di persone e di merci.
Ma il buonsenso non è sempre di questo mondo, per cui arriva Trump con i suoi proclami di guerra commerciale che danneggeranno tutti, ma proprio tutti, americani/e compresi/e.
La questione esposta è chiara e non avrebbe bisogno di ulteriori considerazioni. Tuttavia, si rende necessario il tentativo di capirne le vere motivazioni, quelle nascoste, che non appaiono, in quanto sono effetto di pressione di gruppi di potere, come le lobby, che tentano di trarre vantaggi da qualunque situazione.
Abbiamo più volte elencato quali possano essere questi gruppi: sembra evidente, fra essi, la categoria delle industrie di armamenti, dei finanzieri, delle banche e altre strutture economiche, che cercano vantaggi non competitivi, come sarebbe giusto, ma derivanti da comportamenti prevaricatori.
È molto probabile che dopo avere verificato gli effetti dannosi di questa guerra dei dazi su tutte le parti, si comincerà a ragionare per retrocedere da questa via e ritornare al sano scambio di commercio mondiale, cioé, in altre parole, al ripristino del funzionamento complessivo del Wto.
Si tratta di vedere quanto tempo ci vorrà per il rinsavimento di chi sta provocando questo danno all’economia mondiale e a tutti i popoli.