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I dazi uccidono consumi e consumatori

I dazi uccidono consumi e consumatori
Ursula von der Leyen

Governi contro i cittadini

Le dichiarazioni soddisfatte di Ursula von der Leyen sono fuori luogo, perché di fatto ha dovuto accettare il meno peggio, ovvero il 15% di dazi che gli Stati Uniti imporranno su tutte le importazioni provenienti dall’Unione europea. A fronte di tale gravame, i 27 Stati aumenteranno i propri dazi sulle importazioni di prodotti e servizi americani della stessa percentuale.
Nello scambio guadagneranno i nordamericani, a scapito degli europei. Ecco perché, ripetiamo, nessuna manifestazione di giubilo doveva essere comunicata dalla tedesca, presidente della Commissione europea.

C’è però uno Stato che ci guadagna e cioè proprio la Germania della von der Leyen, nazione che produce armi di ogni tipo, insieme ai cyber-apparati che cercano di concorrere con la Starlink di Elon Musk.
Al di là di queste considerazioni di ordine generale, ne va fatta una che riguarda tutti i cittadini: i dazi li danneggiano in misura proporzionale al vantaggio che arrecano ai Governi.

Ci spieghiamo meglio. Le imposte relative, che nel caso in esame sono appunto del 15%, vanno a rimpinguare le casse governative, degli Usa da un canto e dei 27 Paesi dall’altro.
Tali imposte vanno a gravare prodotti e servizi che servono alle imprese quando si tratta di semilavorati o ai cittadini quando acquistano i prodotti per il loro fabbisogno. Inoltre, quando i semilavorati diventano prodotti finiti, anch’essi sono stati caricati dei dazi che comunque graveranno sui consumatori.
O di riffa o di raffa, sono sempre questi ultimi che porteranno sui propri bilanci familiari questi enormi maggiori oneri. Dal che se ne deduce che i consumi diminuiranno, per cui, in conseguenza, l’economia ne risentirà e il Pil si contrarrà.
Infatti, è noto che quest’ultimo ha una delle sue gambe fondamentali, appunto, nei consumi, da cui si può dedurre lo stato di salute o di malattia di una realtà economica.

I dazi fanno male a tutti. Ecco perché è sempre condannabile e deprecabile che i governanti li impongano. Essi sono contrari all’economia di mercato, la quale dovrebbe essere libera da lacci e lacciuoli e funzionare in base alla domanda e all’offerta. Quando viene inquinata dai dazi, funziona male, aumenta la disuguaglianze e crea squilibri in tutte le fasce sociali.
Perché i dazi aumentano le disuguaglianze? La ragione è semplice: i ricchi non ne soffrono. Per esempio: se una bottiglia di Barolo oggi negli Stati Uniti si vende a 70 dollari e aumentasse, per effetto dei dazi, a 80 dollari, sarebbe acquistata lo stesso.

Sono il ceto medio e la fascia sociale economicamente più bassa – che non acquistavano la bottiglia di Barolo, ma magari avrebbero comunque acquistato un vino italiano di più basso prezzo – che non lo prenderanno e sceglieranno al suo posto un vino californiano, che imita quello italiano.
Gli squilibri di questa insana iniziativa di Trump sono del tutto evidenti e si manifesteranno per tutto il tempo in cui i dazi resteranno in vigore. La conseguenza peggiore è che lo stesso Trump non è in condizione di misurare le ricadute sulla propria economia. Egli ha già furbescamente fatto in modo che il Dollaro si deprezzasse rispetto all’Euro di circa il 15% e in tal modo ha reso più competitive le esportazioni dei propri beni e servizi, ma ha danneggiato i Paesi che esportavano in Usa. Apparentemente questo è un vantaggio, ma nel medio periodo si rivelerà uno svantaggio.


La ragione di quanto precede è che ormai le economie del mondo, basate su cinque pilastri (Usa, Cina, Europa, Brics e Mondo Arabo) è a vasi comunicanti, per cui inevitabilmente gli squilibri di un vaso si trasferiscono negli altri. Ecco perché, anziché attuare questa dissennata politica, Trump nell’interesse di tutti – e anche del proprio Paese – avrebbe dovuto mettere in atto un programma di valorizzazione del Wto (World trade organization, Organizzazione mondiale del commercio) tendente a una progressiva eliminazione dei dazi. Altro che un loro aumento.

Ma Trump, è ormai noto da decenni, ragiona con la mente del bottegaio – che fa i conti oggi per oggi, senza guardare al futuro – per soddisfare le proprie ambizioni e non ha la minima capacità di guardare all’intera popolazione del nostro Pianeta e soprattutto di lavorare per il futuro e per le nuove generazioni, di cui non gli importa niente.