Debiti dei Comuni con fornitori, in Sicilia luci ed ombre - QdS

Debiti dei Comuni con fornitori, in Sicilia luci ed ombre

Debiti dei Comuni con fornitori, in Sicilia luci ed ombre

venerdì 24 Maggio 2019

Cgia di Mestre 2018: nell’Isola la peggiore performance è di Palermo con 137 milioni e 909 imprese in attesa. Si distingue in positivo, invece, la città di Trapani: al 31 dicembre neanche un euro da liquidare

ROMA – I comuni italiani sono sempre più indebitati e non riescono a pagare i propri fornitori. Questo è quanto emerge dai dati raccolti dalla Cgia di Mestre: nella fattispecie al 31 dicembre 2018 i principali Comuni italiani hanno accumulato 3,6 miliardi di euro di debiti nei confronti dei propri fornitori.

Dai dati ricavati dalla lettura dei siti internet, la maglia nera è appannaggio del Comune di Roma, che risulta essere quello più indebitato: al 31 dicembre 2018 i fornitori dell’amministrazione capitolina (pari a 4.966 imprese) avanzavano 1,5 miliardi di euro. Nella classifica dei “peggiori” pagatori spicca anche il Comune di Napoli con 432,2 milioni di mancati pagamenti (599 imprese creditrici), il Comune di Milano con 338,2 milioni di euro (2.124 imprese creditrici), l’Amministrazione comunale di Torino con 299,1 milioni (1.161 aziende creditrici) e il Comune di Palermo con 137 milioni (909 imprese in attesa di essere liquidate).

D’altro canto per la Sicilia si distingue positivamente la città di Trapani: al 31 dicembre 2018, l’Amministrazione comunale ha dichiarato, infatti, di non avere alcun debito nei confronti dei propri fornitori. Uno spot positivo per la città e non solo.

Va ricordato che in queste graduatorie non sono presenti le Amministrazioni che non hanno ancora aggiornato il sito o non hanno mai riportato il dato complessivo dei debiti maturati a fine anno come ad esempio Aosta, Verona, Bergamo e soprattutto Catania, anche se l’attuale situazione di dissesto del capoluogo etneo lascia poco spazio all’immaginazione.

Una situazione che ha costretto la Commissione europea ad intervenire: infatti, pur avendo riconosciuto gli sforzi compiuti dal Governo italiano, l’organo europeo ha avviato una procedura di infrazione con lettera di costituzione in mora nel giugno 2014 e il successivo invio del parere motivato nel febbraio 2017. Nonostante questi richiami, le Amministrazioni pubbliche italiane avevano bisogno in media 100 giorni per saldare le loro fatture. A fronte di questa situazione, la Commissione nel dicembre ‘17 ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Ue, ribadendo il sistematico ritardo con cui le amministrazioni pubbliche italiane effettuano i pagamenti nelle transazioni commerciali, in violazione delle norme dell’Ue in materia di pagamenti.

Renato Mason, segretario di Cgia Mestre vede però il bicchiere mezzo pieno e promuove in questa direzione il nuovo sistema di fatturazione elettronica: “Grazie a questa – afferma – le cose sono migliorate. Dalla fine del mese di marzo del 2015, infatti, tutti i fornitori della Pa hanno l’obbligo di emettere la fattura in formato elettronico. Una disposizione che ha reso più trasparente il rapporto commerciale tra il pubblico e il privato, anche se il debito complessivo rimane ancora da definire e i ritardi nei pagamenti spesso sono ancora del tutto ingiustificati”.

In ultima battuta Cgia ha tenuto a precisare che la cattiva abitudine a pagare in ritardo i propri fornitori non riguarda solo la Pa, ma anche i committenti nei rapporti commerciali tra le imprese private. Secondo l’indagine condotta a livello europeo da Intrum Justitia, nel 2018 le imprese italiane hanno saldato i propri subfornitori mediamente dopo 56 giorni (peggior risultato a livello europeo dopo il Portogallo), anche se questo arco di tempo rimane al di sotto della famosa soglia dei 60/90 giorni. Un risultato decisamente negativo soprattutto se messi a confronto con i tempi registrati in Francia (42 giorni), nel Regno Unito (27 giorni) e in Germania (24 giorni). La media Ue, invece, è di 34 giorni: 22 giorni in meno che nel nostro Paese.

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