I cittadini rinunciano al loro potere
Più passa il tempo e più i cittadini rinunciano al loro potere-dovere, che è quello di scegliere e decidere coloro che li debbono rappresentare in Parlamento.
Si tratta di una scelta obbligatoria sia sul piano etico che su quello politico, eppure l’obbligo viene glissato da tante persone che non si rendono conto come la loro omissione comporti il raddoppio del valore dei voti degli altri cittadini.
Quanto precede compromette il cuore della democrazia, la quale consente appunto al Popolo di governare nella sua interezza e non con una parte di esso, che via via diventa minoranza.
Infatti, i presidenti delle Regioni Lombardia, Attilio Fontana, e Lazio, Francesco Rocca, sono stati eletti da una minoranza, che però si è tradotta in maggioranza.
Questo perverso meccanismo ha avuto gli stessi effetti non democratici relativamente all’elezione dei consiglieri regionali.
Quanto precede è deleterio perché chi elegge i propri rappresentanti, che poi andranno a governare, è portatore di interessi, quindi va da sé che i delegati-eletti dovranno tenerne conto e quindi si comporteranno di conseguenza.
Qualcuno obietterà che chi governa e chi fa le leggi dovrebbe osservare i principi etico-costituzionali di imparzialità, responsabilità, proporzionalità, ragionevolezza, adeguatezza e via enumerando. Ma così non è perché, come sappiamo, la carne è debole, quindi non si possono escludere i “favori” per sdebitarsi dai portatori di voti.
Il quadro è chiaro, ma difficilmente esso può essere cambiato, perché il vizio sta a monte, vale a dire nei cittadini che non vanno a votare, divenuti sempre più numerosi.
Il deficit di democrazia pesa sulle decisioni che si vanno prendendo, giorno per giorno, per il presente e per il futuro. Cosicché vengono penalizzate le prossime generazioni, le quali si trovano sul groppone, molto spesso, decisioni sbagliate prese dalle generazioni precedenti, con la conseguenza che i guai peggiorano ed è sempre più difficile trovare soluzioni ai numerosi problemi che si presentano quotidianamente e si vanno a stratificare.
C’è un rimedio rispetto allo scenario prima rappresentato? Il rimedio c’è, ma è di difficile attuazione e consiste nell’indurre i cittadini di una certa età (cinquantenni, sessantenni o settantenni) a cominciare a leggere storia, letteratura, filosofia e apprendere nozioni di matematica e geometria, nonché di altre discipline, atte a rappresentare la realtà. Non quella immaginata, ma quella che deriva dai secoli.
Vi renderete conto che questo rimedio è solo teorico, perché chi non è abituato a leggere, chi non ha la volontà di apprendere ciò che è successo nei secoli, difficilmente inizierà oggi.
Né l’apprendimento dei fatti può passare attraverso i siti web. Sì, è vero che le informazioni ci sono, ma sono affastellate, spesso erronee e non certo organizzate in modo tale da far comprendere i fatti, anche nella loro dinamicità.
Scuola e Università dovrebbero essere artefici di una crescita culturale quotidiana, ma così non accade perché la Scuola è fatta in maggioranza da insegnanti precari sui circa ottocentomila dell’organico e l’Università è ancora troppo teorica, cioè poco collegata con la realtà e quindi con il futuro.
Certo, bisogna conoscere la teoria per passare alla pratica, ma sia l’una che l’altra devono essere connesse come spina e presa. I giovani laureati che non hanno fatto pratica nel mondo del lavoro, come invece accade per esempio in Germania, sono spaesati e inermi di fronte alle domande che pongono loro i ricercatori di nuove risorse umane.
Scuola e Università non bastano per modificare lo stato prima evidenziato, perché è poi nella vita di tutti i giorni del Consesso civile che i cittadini si devono misurare per la loro capacità di rispettare le leggi e il prossimo.
Prima abbiamo indicato quelli di una certa età, ma dobbiamo evidenziare che la conoscenza dei fatti deve partire dall’inizio, cioé da ventenni, trentenni e quarantenni. Questi ultimi usano e abusano del “feticcio”, ovvero dello smartphone, che se fosse usato adeguatamente potrebbe aprir loro gli occhi e non farli restare ciechi di fronte al futuro. Ma non è così!