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L’Italia dei mediocri affossa i talenti

Nel nostro Paese, i talenti emergono per cause naturali, perché non c’è stato un progetto dei Governi, che si sono succeduti, che li cercasse, li selezionasse, li sorreggesse e li portasse ad assumere responsabilità istituzionali.
Tutto ciò si spiega con l’evidente mediocrità che infesta il nostro Paese. Una mediocrità che fa scattare gelosia e invidia nei confronti dei migliori, di chi ha intraprendenza, di chi sa fare e, in definitiva, di chi produce ricchezza, materiale e immateriale, per sé e per gli altri.
Una mediocrità che ha portato l’Italia, fieramente ricostruita dai nostri padri e da qualcuno di noi, all’ultimo posto fra i diciannove Paesi della Uem per crescita di Pil, prevista da Eurostat per il 2020.
Una mediocrità che fa chiedere lavoro, lavoro, lavoro, ma che non mette in atto i noti meccanismi per produrre lavoro vero, non quello pubblico. Fino a quando vi saranno dei cialtroni che continueranno a dire che mandando in pensione dei giovani sessantaduenni si creano nuovi posti di lavoro, una menzogna, la mediocrità continuerà a essere predominante ed estesa.

Il meccanismo indicato è noto: quando ai vertici di responsabilità vengono inviate persone con metodi clientelari e secondo la cultura del favore, senza selezionare meriti e competenze, quindi mediocri, è evidente che questi non possano che scegliersi collaboratori ancora più mediocri. Infatti, come dicevano i saggi, del peggio c’è il peggiore.
Cosicché, da molti decenni, vi è una classe politica di incapaci e perciò pavidi, perché operano osservando minuto per minuto sondaggi e seguendo le richieste di questa o quella porzione di popolazione.
I talenti, invece, ascoltano tutti, ma poi progettano linee di progresso di medio e lungo periodo e vanno avanti a costruire il futuro del Paese senza occuparsi delle lamentele, quasi sempre sbagliate, di questo o di quell’altro.
Ulteriore conseguenza negativa è che i mediocri non vogliono essere contornati da talenti perché ne sarebbero subissati e perciò li respingono e assistono indifferenti alla fuga di quei bravi italiani che eccellono nelle diverse discipline e che trovano sbocco all’estero, ove sono costretti ad andare.
Questo scenario non è catastrofista, ma conseguenza di una fotografia incontrovertibile.
Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio. Anche fra gli uomini politici ci sono persone di grande intelligenza e cultura. Anche fra i dirigenti pubblici di ogni livello, ci sono professionisti di grande valore. Anche fra i dipendenti pubblici si trovano persone perbene e dedite al loro dovere. Ma tutti questi bravi italiani non riescono a trovarsi nei punti ove si prendono decisioni, con la conseguenza che non possono incidere sulle stesse che, quasi sempre, non sono idonee alla soluzione dei problemi.
Non si può pretendere che i talenti politici e burocratici facciano una lotta continua contro i mediocri che li sovrastano. Tuttavia dovrebbero fare sentire all’opinione pubblica la loro voce, forte e chiara, contro un malcostume imperante che impedisce al nostro Paese di decollare, nonostante gli immensi tesori che possiede e la nomea di una nazione attraente a livello mondiale.

Per fortuna, vi è una grande ricchezza costituita dai cinque milioni di piccole e medie imprese che lavorano con capacità, abnegazione, spirito di sacrificio e che producono quella ricchezza che sta sostenendo le scassate casse pubbliche.
Ovviamente, anche in questo caso, i mediocri non solo non sostengono i migliori, ma cercano di affossarli, per cui, nei confronti di questo tessuto produttivo, invidiatoci da tutto il mondo, vengono messe in atto leggi vessatorie che tentano di strangolare chi opera anche per il bene comune.
Si può fare qualcosa per combattere la mediocrità del ceto politico e burocratico? Sicuro. Si dovrebbe formare una legge costituzionale che prevedesse i requisiti di cultura e competenza per essere candidati al Parlamento nazionale, alle Assemblee regionali, ai Consigli comunali. Insomma, la selezione dei migliori e non dei mediocri come avviene ora.
Questo meccanismo non vìola il principio fondamentale della democrazia, perché il Popolo ha interesse a esprimere i capaci (non i mediocri) che lo conducano verso il benessere e la crescita continua.