Depositate le motivazioni della sentenza sul caso Montante: i dettagli - QdS

Depositate le motivazioni della sentenza sul caso Montante: i dettagli

Depositate le motivazioni della sentenza sul caso Montante: i dettagli

Roberto Greco  |
lunedì 20 Novembre 2023

Depositate le motivazioni della sentenza emessa lo scorso 8 luglio 2022. Formalizzato il c.d. “cerchio magico” di Antonello Montante, ex paladino dell’antimafia.

“Raccoglieva informazioni e le custodiva riservandosene l’uso”, questo si legge nelle oltre 400 pagine della motivazione della sentenza emessa dalla I° Sezione Penale della Corte d’Appello di Caltanissetta, a firma della Presidente Andreina Occhipinti, giudici a latere Giovambattista Tona e Alessandra Giunta, nei confronti di Antonello Montante e altri lo scorso 8 luglio 2022.  

Le condanne

Sono stati necessari ben 500 giorni affinché l’estensore mettesse, nero su bianco, le motivazioni alla condanna comminatata ad Antonello Montante, 8 anni ossia 6 in meno rispetto al primo grado di giudizio, e ad alcuni dei componenti del suo c.d.“cerchio magico”, accusati a vario titolo di corruzione, rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio e favoreggiamento. Ricordiamo che sono stati condannati a 5 anni il capo della security di Confindustria Diego Di Simone, 6 anni e 4 mesi in primo grado, a 3 anni e 3 mesi il sostituto commissario Marco De Angelis anziché 4 come indicato dai giudici del primo grado. Sono stati invece assolti il generale Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, che in primo grado aveva avuto 3 anni, e Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco cui era stato comminato un anno e 4 mesi.

Il sistema Montante

“Molte intercettazioni descrivono la fama acquisita da Antonello Montante presso soggetti imputati, indagati o estranei ai fatti oggetto dell’indagine. Se ne ricava prova del fatto che in quegli ambienti e in contesti per nulla occulti o riservati erano note non solo la sua capacità di influenza nelle più alte sfere degli ambienti istituzionali ed economici non tanto del territorio, ma della Regione e del Pese. Ed era nota anche la sua complessa rete informativa”, si legge nelle motivazioni eche “Dietro la coltre fumose della locuzione ‘sistema’, tanto spesso utilizzata anche in questo giudizio, nonostante sia più appropriata alla sintesi giornalistica che non all’analisi dei fatti tipici propria della giurisdizione, si perdono i percorsi che conducono ai più qualificati appoggi dei settori politici, istituzionali ed economici che hanno reso Montante una figura strategica con un ruolo di fatto e informale non classificabile nelle ordinarie e più trasparenti categorie della politica, dell’economia e delle istituzioni”. Nelle motivazioni, i giudici mettono a fuoco la rete del sistema del “cerchio magico”.

“Il primo appartenente a questa rete era Diego De Simone Perricone, già appartenente alla polizia di Stato, assunto dalla ‘Aedificatio Spa’, su segnalazione di Montante, società che svolgeva servizi di sicurezza in favore di Confindustria nazionale. Di Simone Perricone, che non poteva più accedere alla banca dati si serviva di Marco De Angelis, in servizio alla Squadra Mobile di Palermo”. Inoltre i giudici ritengono che “molti dei dati rinvenuti nella stanza segreta dell’abitazione di Montante provenivano da questa attività di accesso illecito” che “venivano effettuati da Salvatore Graceffa, vice-sovrintendente della Polizia di Stato, alle quali le richieste pervenivano da De Angelis”. E il Montante, secondo quanto appurato dai giudici “raccoglieva informazioni e le custodiva riservandosene l’uso” e che “ciò era noto nella sua cerchia e tra le persone a lui vicine, l’uso che ne avrebbe potuto fare era chiaro” anche perché lo stesso Montante “si vantava di avere a disposizione dossier, pronti all’uso”.
Montante è stato, quindi, “l’uomo potente che poteva garantire la possibilità di ottenere sostegno e favori, e l’accordo si basava sulla corrispettiva messa a disposizione da parte del pubblico ufficiale delle sue funzioni e da parte dell’imprenditore di ogni utile suo buon ufficio” e che ha inoltre “approfittato di opportunità che avrebbe potuto perseguire per coltivare ambizioni, interessi particolari e al contempo anche valori civici e obiettivi ideali e invece le ha piegate per pratiche di natura illecita, unitamente al dato della sistematicità delle condotte, impedisce delle circostanze attenuanti generiche e di qualsivoglia altra attenuante”.  

Servizi segreti e mafia

I giudici descrivono, inoltre, il ruolo dei Servizi segreti partendo da quel 15 giugno 2012 quando “veniva nominato direttore dell’Aisi il generale Esposito con il quale Montante aveva un solido rapporto tale da trovare nei servizi un canale di informazioni sulle indagini a suo carico”. Esposito è attualmente sotto processo nello stralcio del troncone in corso davanti al Tribunale di Caltanissetta. I giudici si sono anche concetrati sui rapoporti che erano in essere tra Montante e la famiglia mafiosa Arnone di Serradifalco, suo paese di origine. Pr “Non voleva fare emergere pubblicamente i suoi rapporti con la famiglia Arnone – scrivono i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta – si può dare per certo che aveva intrattenuto rapporti di familiarità e di affari con la famiglia Arnone. Sebbene sul punto Montante non abbia mai fatto specifiche ammissioni sull’esistenza e sulla natura di questi rapporti e sebbene allo stato degli atti non vi sono nelle contestazioni da valutare imputazioni che prefigurino che questi rapporti siano trascesi nell’illecito penale, ciò che conta ai fini del presente del giudizio è che Montante aveva cercato in ogni modo di evitare che essi emergessero e fossero sottoposti alla pubblica opinione” e che “anzi riteneva che chi si adoperava per farlo doveva considerarsi parte di un sodalizio a lui avverso, che mirava ad impedirgli il conseguimento dei suoi obiettivi”. L’ex paladino dell’antimafia ed ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, “pure nell’ambito di un progetto politico imprenditoriale lecito (…) aveva interesse ad attrarre attorno a se persone disponibili a sostenerlo anche se del caso dedicandosi ad attività illecita”, scrivono ancora ancora i giudici tanto che “poteva mostrare la solida legittimazione a livello locale, vantando il consenso delle autorità e delle rappresentanze sul territorio, e a livello locale poteva guadagnare il consenso delle autorità e delle rappresentanze sul territorio, vantando l’appoggio dei vertici politici e istituzionali a livello nazionale. Egli, peraltro, nel suo interrogatorio, cercando di ridimensionare le sue indubbie abilita politico-relazionali, ha sostenuto di essere stato indotto ad assumere il ruolo che gli veniva riconosciuto dalle autorità”.

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