Politica

Deposito nucleare a due passi dalla Valle del Belìce? Il no: “Il nostro è un territorio sismico”

PALERMO – Il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato lo scorso 13 dicembre l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), che individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico, al fine di permettere lo stoccaggio in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività.

La Carta è stata elaborata dalla Sogin, la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, sulla base delle osservazioni emerse a seguito della consultazione pubblica e del Seminario nazionale condotti dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), e approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin).

La Carta nazionale delle aree idonee individua 51 zone i cui requisiti sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla Guida tecnica Isin, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture. Si tratta, specifica il Mase in una nota, di un elenco che “non intende indicare i territori sui quali è stato deciso di costruire il Deposito nazionale, bensì permettere alle Regioni e agli Enti locali non presenti nella lista, nonché al Ministero della Difesa per le strutture militari interessate, di proporre autocandidature e richiedere di rivalutare il proprio territorio”.

Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito era stata prevista per il 2030 ma, a causa degli ultimi 12 mesi di impasse e in attesa che arrivino le auto-candidature, la data va aggiornata e nel 2025 l’Italia dovrà far rientrare dalla Francia 235 tonnellate di rifiuti atomici ad alta e media intensità che aveva stoccato all’estero in attesa di costruire l’impianto. La scelta è caduta su territori insistenti in sei regioni italiane: Piemonte, Lazio, Sardegna, Basilicata, Puglia e Sicilia e proprio nell’isola sono stati identificati e dichiarati idonei i territori del Comune di Calatafimi-Segesta e di Fulgatore, frazione del Comune di Trapani.

Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI

No ai depositi nucleari in provincia di Trapani

Raggiunto telefonicamente dal QdS Francesco Gruppuso, sindaco di Calatafimi-Segesta, ha dichiarato che “Si tratta di una decisione caduta dall’alto alla quale ci opponemmo già nel 2021 quando, in qualità di portavoce del movimento ‘No ai depositi nucleari in provincia di Trapani’ il cui presidente era Massimo Fundarò oggi Assessore di questo Comune, presentammo una corposa documentazione scientifica, redatta da un pool di geologi qualificati, che escludeva per almeno sei dei criteri previsti dalla stessa Sogin la possibilità che il territorio della provincia di Trapani fosse tra i siti idonei”.

Fra i criteri adottai da Sogin ci sono la lontananza da zone vulcaniche, sismiche, di faglia e a rischio dissesto e da insediamenti civili, industriali e militari. Sono escluse le aree naturali protette, quelle oltre i 700 metri sul livello del mare, a meno di 5 km dalla costa, con presenza di miniere e pozzi di petrolio o gas, di interesse agricolo, archeologico e storico. “Il nostro territorio – prosegue Gruppuso – si trova all’interno dell’area sismica della valle del Belìce, ha il parco archeologico di Segesta, uno dei più importanti a livello mondiale, si trova in un’area a soli 40 Km da un aeroporto militare ed è all’interno di un’area geotermica tra le più importanti della Sicilia. Questi elementi auto escludono il nostro territorio, perché sono tra gli stessi criteri che Sogin ha indicato per la definizione di non idoneità. La nostra presenza in questo elenco ci fa sorgere un forte sospetto, quello che, forse, i milioni di metri cubi che dovranno essere costruiti sul nostro territorio possano fare gola a qualcuno. Su una cosa non c’è alcun dubbio: il nostro territorio non è idoneo e lo dimostra il fatto che, proprio sulla base dei criteri previsti da Sogin, non potremmo presentare un’auto candidatura. Non si tratta di mettere in discussione la qualità del progetto del sito che, sicuramente, sarà redatto con grande rispetto della sicurezza necessaria ma, riteniamo, che non sia stato valutato un importante aspetto. Mi riferisco alla logistica del conferimento: come saranno movimentati questi rifiuti? La maggior parte di questi rifiuti si trovano al nord Italia. Come attraverseranno la penisola? Su strada ferrata, su gomma, su nave, su aereo? È pensabile che questa movimentazione possa essere realizzata in massima sicurezza e che, non secondario, sia conveniente? La Sogin si è posta queste domande?”.

L’impianto porterà in dote anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari e, soprattutto, un ristoro economico di un milione di euro. “Non siamo molto interessati agli eventuali ristori – conclude Gruppuso -. I siti nella provincia di Trapani devono essere tolti dalla lista dei siti idonei per la formale incompatibilità del nostro territorio”.

Ciafani, Legambiente: “Il deposito è urgente”

“Sulla questione aree idonee a ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari, ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana. È assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai. Il deposito serve, è urgente – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – si è perso fin già troppo tempo, e va fatto per ospitare i rifiuti a bassa e media attività. Per quelli ad alta attività, visto la trascurabile quantità prodotta fortunatamente in Italia nella sua breve storia nucleare, si deve lavorare a livello comunitario, come previsto dalla direttiva Ue, per individuare un deposito geologico idoneo e il più possibile sicuro”.

L’enorme colata di cemento: 90 edifici in calcestruzzo armato

Si tratta di un’enorme colata di cemento riempita di rifiuti nucleari e sotterrata per almeno 350 anni sotto una collina artificiale, per 10 ettari complessivi all’interno di un’area interdetta ad ogni attività economica grande 150 ettari. Questo è quello che potrebbe sorgere, in futuro, nella campagna di Trapani, nel territorio di Fulgatore-Dattilo e in quello di Calatafimi Segesta. Il progetto prevede la costruzione di 90 edifici in calcestruzzo armato speciale da 27×15,5×10 metri di dimensioni, in pratica 90 mini condomini da 3 piani che saranno riempiti con migliaia di “moduli” al cui interno verranno inseriti centinaia di migliaia di fusti radioattivi. Il tutto sarà coperto di terra per creare una collina artificiale di circa 10 ettari di estensione, circondata da altri 140 ettari di terreno sorvegliato dai militari per evitare attacchi terroristici e furti di materiale nucleare.