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Depuratore di Acireale, la svolta dopo le polemiche: la Regione ufficializza la compatibilità ambientale

Depuratore di Acireale, la svolta dopo le polemiche: la Regione ufficializza la compatibilità ambientale
Depuratore acque – dissalatore – Imagoeconomica

Dopo anni di dibattito e confronti, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale del progetto per il depuratore di Acireale si è conclusa positivamente.

Con tre pareri istruttori conclusivi rilasciati nel giro di due mesi, ognuno utile ad aggiornare il precedente, e con il dietrofront dell’attuale amministrazione comunale che pubblicamente ha criticato la localizzazione ma per iscritto ha dato l’ok, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale del progetto per il depuratore di Acireale si è conclusa positivamente.

La struttura commissariale nazionale per la depurazione, guidata da Fabio Fatuzzo, ha incassato il risultato qualche settimana fa. Il decreto di compatibilità ambientale – Via, Vinca e piano delle terre e rocce da scavo – firmato dall’assessore regionale al Territorio, Giusi Savarino, riporta la data dell’8 agosto.
Tuttavia la notizia finora era passata sotto traccia, nonostante in ballo ci sia uno dei temi più discussi, specialmente in piena estate: la cattiva qualità dell’acqua del mare come effetto dei troppi scarichi diretti.

Depuratore di Acireale, la polemica sulla localizzazione

Quello della mancanza dei depuratori – ad Acireale come altrove – è un problema di carattere igienico-sanitario, ma anche economico: l’Unione Europea da molti anni ha messo sotto sanzione l’Italia per inadempienza alle direttive comunitarie, imponendo multe che a cascata si ripercuotono sui cittadini.
Una situazione di arretratezza in cui la Sicilia veste la maglia nera e che risente, come spesso accade, quando in ballo c’è la costruzione di impianti che in un modo o nell’altro sono destinati a modificare porzioni di territorio, della ritrosia di chi ha una proprietà ritenuta troppo vicina e per questo teme un peggioramento delle condizioni di vita.

Nel caso di Acireale, il progetto prevede la costruzione dell’impianto in via San Girolamo, a sud della frazione di Aci Platani e a non troppa distanza dalle antiche terme di Santa Venera al Pozzo. Per alcuni – tra cui la Soprintendenza dei beni culturali, che ha dato parere negativo, ma anche per un comitato di cittadini che ha manifestato la propria opposizione – l’impianto non andrebbe realizzato lì, perché ricadrebbe in area C del Parco archeologico Valle dell’Aci. Situazione che però sia per il Commissario straordinario per la depurazione che per la Regione, che ha valutato il progetto, non rappresenta un’incompatibilità in quanto l’impianto non tratta rifiuti ma depura scarichi civili.

Comune ondivago

Dell’esigenza di realizzare un depuratore consortile ad Acireale, verso cui far confluire i reflui di una decina di Comuni del comprensorio, si parla da decenni. La politica locale, tuttavia, non è mai stata in grado di compiere delle scelte resistendo alle inevitabili tirate di giacchetta da parte di coloro che si sarebbero sentiti danneggiati.

Lo stallo si è sbloccato nel 2018, quando l’allora commissario Enrico Rolle ha preso in mano la vicenda e avviato, mentre alla guida dell’amministrazione comunale c’era il sindaco Stefano Alì, l’iter individuando nell’area di San Girolamo il luogo in cui far sorgere l’impianto.

Da allora la procedura è andata avanti, anche nel momento in cui, nel 2023, a tornare a vestire la fascia tricolore è stato Roberto Barbagallo. Dall’attuale amministrazione, a cavallo tra fine 2024 e inizio 2025, sono arrivati messaggi un po’ contraddittori.

A ottobre 2024, nell’ambito della conferenza di servizi tra i vari enti interessati, il Comune di Acireale dichiarò il proprio dissenso al progetto del depuratore sulla scorta di una serie di rilievi mossi dall’Area marina protetta Isola dei Ciclopi. In quella circostanza, l’ente locale affermò il rischio di “avere riflessi di natura impattante sul territorio di questo Comune, con significativi danni di natura ambientale ed economica, difficilmente irreversibili a opera eseguita, pur ritenendo la stessa di interesse strategico e fondamentale”.

Mesi dopo, a febbraio 2025, il Comune rettificò un po’ il tiro, sostenendo che l’opposizione “non è da riferirsi quale parere non favorevole alla localizzazione dell’impianto, ma alla tipologia di progetto per il quale questo ente ha condiviso le criticità poste dall’Area marina protetta”. Un mese dopo però, a fine marzo, è stato lo stesso primo cittadino a commentare di nuovo negativamente la vicenda: “Chi ha stabilito il posizionamento, e non è stato il commissario Fatuzzo, non ha ben studiato il territorio. È chiaro che un depuratore all’interno di una fascia di rispetto del Parco archeologico, come dice la norma, non può essere allocato e chi lo ha fatto si è sbagliato”, ha dichiarato Barbagallo a La Sicilia.

In queste settimane, invece, la politica locale non ha commentato in alcun modo il rilascio dell’autorizzazione da parte del governo Schifani al progetto.

Le prescrizioni

Passando alla parte tecnica, il decreto dell’assessora al Territorio, Giusi Savarino, prevede il rispetto delle prescrizioni in precedenza disposte dalla Cts.

In molti casi si tratta di intervenire già al momento di redigere il progetto esecutivo: si va dalle operazioni di verifica di eventuali ordigni bellici a chiarimenti sull’uso dei fabbricati previsti nel progetto, con l’impegno ad aggiornare le simulazioni relative all’impatto odorigeno che avrà il depuratore. A riguardo si sottolinea l’esigenza di introdurre soluzioni gestionali che permettano di rispettare “i valori di accettabilità degli odori”.

Altre misure dovranno essere prese “al fine di poter escludere ogni possibilità di contaminazione dell’area in cui verrà realizzato l’impianto”, ma anche per tutto ciò che riguarderà le opere da realizzare a mare dove i reflui depurati verranno rilasciati.

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