Da qui a poco più di un anno, la Regione Siciliana si troverà a dover trovare una giustificazione accettabile davanti all’ennesima occasione persa di usufruire di fondi per migliorare la vita dei siciliani? Il quesito, secondo il Partito Democratico tutt’altro che campato in aria, riguarda lo stato di avanzamento dei lavori sulle dighe finanziati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il tema è al centro di un’interrogazione parlamentare depositata nelle scorse settimane all’Assemblea regionale siciliana e rivolta al presidente della Regione, Renato Schifani, e al neo-assessore all’Energia, Francesco Colianni.
Giugno 2026
Quando è stato varato, il Pnrr è stato visto come una potenziale manna dal cielo. Il fiume di soldi destinato per la ripresa economica, dopo la pandemia di Covid-19, e il miglioramento della condizione strutturale del Paese ha interessato anche la Sicilia. Un’occasione ritenuta unica per assottigliare il gap che separa l’isola dal resto delle regioni, specialmente quelle del Centro-Nord. Tuttavia il Pnrr sin da subito è parso anche una di quelle prove che avrebbero potuto mettere ancora più in evidenza i cronici problemi della pubblica amministrazione. A partire da quelle lungaggini burocratiche che contraddistinguono ciò che passa dal pubblico e che difficilmente si sarebbero potute superare con le assunzioni a tempo determinato del piano nazionale ribattezzato “mille esperti”. Ciò che più di ogni altro ha preoccupato del Pnnr sono le scadenze. Entro fine giugno del 2026, per esempio, bisognerà avere certificato la spesa riguardante gli oltre 350 milioni di euro di cui la Sicilia ha beneficiato per la realizzazione di dieci interventi di manutenzione sulle infrastrutture idriche di derivazione, stoccaggio e fornitura primaria. Di questi, quattro vedono la Regione nelle vesti di soggetto attuatore, mentre due sono in capo ad Amap (la società partecipata che si occupa del servizio idrico nel Palermitano), tre a Siciliacque e uno a Enel Green Power Italia. “A poco più di anno dallo spirare del termine del 30 giugno 2026 – si legge nel testo dell’interrogazione che ha come primo firmatario il deputato Mario Giambona – si registra un avanzamento della spesa del solo 16 per cento, a fronte di una media nazionale del 23,93. Si tratta di una percentuale bassissima che crolla ulteriormente se si considerano unicamente gli interventi nei quali il soggetto attuatore è la Regione”.
Gli interventi più a rischio
I finanziamenti gestiti dalla Regione riguardano la diga Rosamarina, nel territorio di Caccamo (Palermo), la diga Olivo, nell’Ennese; la diga Pietrarossa, tra le province di Catania ed Enna, e il serbatoio Castello, nell’Agrigentino.
“Tra gli interventi fermi al palo, si rinviene la manutenzione straordinaria e la stabilizzazione del versante della diga Rosamarina, che, a fronte di un finanziamento di 8 milioni di euro, registra un avanzamento della spesa dello zero per cento”, scrivono i deputati dem, facendo riferimento ai dati, aggiornati al 31 dicembre 2024, di OpenPnrr, il progetto gestito dalla Fondazione OpenPolis per monitorare l’andamento della spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le cose, tuttavia, non sembrano andare benissimo neanche per le altre tre opere: lo zero alla voce pagamenti riguarda anche la manutenzione della diga Olivo, mentre nella diga Pietrarossa, che attende di essere completata dagli anni Novanta, si è fermi al 22,51 per cento. Poco migliore – 24,09 per cento – è il dato riguardante i lavori al serbatoio Castello.
A fronte di questi numeri, per i deputati è “prevedibile che nessuno degli interventi dei quali la Regione è soggetto attuatore sarà ultimato entro quel termine, con la conseguente perdita delle relative risorse finanziarie” ed è per questo che chiedono a Schifani e Colianni di riferire all’Ars.
Il caso Enel
Per l’opposizione, a dimostrare come l’allungamento dei tempi di intervento sia un tema su cui il governo regionale è chiamato a fare chiarezza c’è l’andamento dei lavori nell’invaso gestito da Enel Green Power, che nel territorio di Regalbuto (Enna) gestisce la diga Pozzillo. Il progetto prevede la realizzazione di un nuovo scarico sul fondo. “Registra un avanzamento della spesa del 76,08 per cento: su un finanziamento complessivo di 32,95 milioni di euro sono stati effettuati pagamenti per 25 milioni – si legge nell’interrogazione – L’opera prevede la rimozione di 30 milioni di metri cubi di sedimenti accumulati che ostruiscono lo scarico di fondo senza svuotare il serbatoio, preservando così l’acqua per la stagione irrigua per i 60mila ettari di agrumeti nella Piana di Catania. I sedimenti rimossi dall’invaso saranno poi resi disponibili in parte come fertilizzante per usi agricoli ed in parte per la realizzazione di piastrelle”.
Il pericolo siccità
Per quanto i mesi scorsi abbiano registrato precipitazioni in quantità superiore alle aspettative, dire che per la Sicilia il 2025 sarà un anno meno critico sul versante della siccità rispetto al 2024 resta un azzardo. La riflessione, che richiama i dati aggiornati a inizio marzo dei livelli d’acqua negli invasi della Regione (sono 23 quelle in esercizio), è inserita nell’interrogazione dei deputati Pd.
“I volumi invasati nelle dighe siciliane all’1 marzo 2025 ammontano a 345,04 milioni di metri cubi registrando un incremento rispetto al mese precedente del 28 per cento e rispetto all’anno precedente del 16 per cento; tali dati positivi, tuttavia, non sono in grado di fugare le preoccupazioni per lo scenario che può delinearsi con l’approssimarsi della stagione estiva. Da un confronto con la serie storica dei volumi invasati è evidente che le piogge degli ultimi mesi non bastano a scongiurare il riacutizzarsi della crisi idrica che ha caratterizzato il 2024. A titolo di esempio – sottolineano i deputati – il totale della riserva idrica a marzo 2020 ammontava a 533 milioni di metri cubi: i volumi attuali sono pertanto diminuiti del 35 per cento in 5 anni; a ciò deve aggiungersi che il 34 per cento del volume complessivo è inutilizzabile a causa dell’accumulo di detriti sui fondali, con milioni di metri cubi di materiali solidi depositatisi sul fondo dei bacini”.
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