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La digitalizzazione è ancora un tabù: un italiano su tre lavora in analogico

redazione

La digitalizzazione è ancora un tabù: un italiano su tre lavora in analogico

venerdì 29 Aprile 2022

Indagine Ipsos: “Il 31% degli occupati dichiara un utilizzo basso o nullo della tecnologia”. Un dato che spiega perchè l’Italia si trovi ancora ai gradini più bassi dell’indice Desi

ROMA – La digitalizzazione del mondo del lavoro, in Italia, è ancora una partita aperta. Ben il 31% dei connazionali occupati – uno su tre – dichiara un utilizzo basso o nullo della tecnologia e della digitalizzazione nel proprio lavoro. Mentre solo il 23% degli italiani utilizza molto o moltissimo tecnologia e digitalizzazione nel proprio lavoro. Una forbice che separa in modo netto chi è già a buon punto sulla via della digitalizzazione e chi – quel 31% di lavoratori – non ha ancora nemmeno cominciato il suo viaggio. È quanto emerge da una indagine Ipsos condotta nelle prime settimane di aprile per Kelly Services Italia, su un campione di 1000 persone dai 16 anni in su.

Capacità e conoscenza nelle nuove tecnologie

Parlando, invece, capacità e conoscenza nelle nuove tecnologie, solo il 37% si dichiara esperto o molto esperto, mentre il 53% degli italiani ritiene di avere conoscenze digitali nella media e il 10% si dichiara apertamente inesperto. Nel complesso si tratta di una fotografia che spiega il perché l’Italia si trovi tra i gradini più bassi dell’indice Desi sulla digitalizzazione del Sistema Paese: nel 2021 “piazzata” solo al ventunesimo posto in Ue, ben distante dal podio di Danimarca, Finlandia e Svezia.

Ma evidenzia anche l’esistenza di un vero e proprio fronte di eccellenza nel panorama della digitalizzazione italiana, composto da chi non solo vanta una buona padronanza delle competenze digitali di base, quali ad esempio saper navigare in rete e utilizzare la mail, ma manifesta competenze più evolute. Fronte che si rafforza nelle figure direttive.

La formazione per ridurre la distanza tra le punte di eccellenza digitale e gli esclusi

Formazione, quindi, e in particolare formazione continua come risorsa di sistema da sviluppare per ridurre la distanza tra le punte di eccellenza digitale e gli esclusi. Ben il 48% degli intervistati indica la necessità di una partnership effettiva tra scuole, università, enti di formazione e imprese come l’unica strada per avvicinare i due mondi così distanti Una consapevolezza, quella sulla necessità di competenze digitali evolute e sempre aggiornate, che si rafforza nelle aspettative verso le opportunità occupazionali. Per il 73% del campione, le persone specializzate saranno sempre più ricercate e valorizzate.

Le caratteristiche che deve possedere il manager in era digital

L’indagine Ipsos-Kelly Services Italia esplora anche quali sono le caratteristiche che deve possedere il manager in era digital.
Emerge che per poter esercitare l’e-leadership bisogna saper essere un buon comunicatore, un buon motivatore, avere attitudine al cambiamento, avere una cultura digitale ed essere in grado di ispirare e instaurare fiducia.

Più sale il livello di digitalizzazione, più aumenta la necessità di una buona sinergia tra le persone: essere capaci di comunicare efficacemente è fondamentale per il 53% dei lavoratori ad alto impatto digitale, contro il 45% di quelli che lavorano meno con la tecnologia. Anche la capacità di mettersi in gioco in prima persona e quella di motivare e coinvolgere i collaboratori crescono di pari passo con il livello digitale: rispettivamente dal 41 al 49% e dal 39 al 42%.

Quali sono i settori più interessati dal cambiamento digitale

Un ulteriore capitolo della ricerca Ipsos per Kelly Services Italia ha infine indagato per capire quali sono i settori più interessati dal cambiamento digitale. I settori più coinvolti dalla digitalizzazione sono ad oggi telefonia e telecomunicazioni e il settore bancario, finanziario e assicurativo, e in prospettiva, guardando ai prossimi 5 anni, la classifica dei settori impattati non subirà sostanziali modifiche.
Si evidenza però una tendenza al minor dinamismo nei settori che già ad oggi sono stati fortemente coinvolti, e un’accelerata invece in ambiti come il settore energetico e l’alimentare-agroalimentare.

Una crescita importante è attesa anche nel settore della formazione e dell’istruzione, che non a caso il 41% del campione mette al secondo posto tra gli attori del cambiamento digitale.
Al primo posto si confermano le grandi aziende (43%), protagoniste della rivoluzione tecnologica molto più delle Pmi (30%). Anche i singoli individui, però, dovranno sostenere il cambiamento digitale: ne è convinto il 34% delle persone che già possiedono una buona expertise digitale, mentre tra gli inesperti questa consapevolezza è decisamente più bassa (17%) e dovrà ancora migliorare.

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