La mancata attuazione del Piano per abbattere le lista d’attesa in sanità costituisce terreno di scontro tra le Regioni e il Governo. Quest’ultimo potrebbe intervenire con l’approvazione di un decreto sui poteri sostitutivi. In particolare, con l’attribuzione di poteri al Ministero della Salute per sanare le inadempienze di Regioni e strutture sanitarie per accorciare le lunghe code che mettono a rischio il diritto fondamentale alla salute, riconosciuto ad ogni persona dall’art. 32 della Costituzione.
Ma le Regioni sono compatte nel ritenere la “mancata previsione e stanziamento di risorse adeguate” (nel piano delle liste d’attesa, decreto n. 73/2024) e nel richiamare la parte statale al rispetto del principio “di leale collaborazione”. Del resto, proprio la riforma del 2001 ha riconosciuto nuove e importanti competenze normative alle Regioni e ha attribuito l’esercizio delle funzioni amministrative, in prima istanza, ai Comuni, sulla base del principio di sussidiarietà e dei suoi corollari: differenziazione e adeguatezza.
Inoltre, con la stessa revisione sono stati abrogati i controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni (art. 125) ed è venuto meno anche il visto preventivo del governo sulla legislazione regionale. Per compensare, allo Stato sono stati assegnati rilevanti poteri di controllo sulla attività di Regioni ed Enti locali, introdotti con l’art. 120. Il nuovo potere sostitutivo può essere esercitato dal Governo su organi regionali e locali nel caso di mancato rispetto di norme internazionali ed europee, nel caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, per la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica.
Quest’ultima situazione riguarda in modo specifico la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Ebbene, si tratta di presupposti che non sembrano riferiti ad ordinarie disfunzioni dei pubblici uffici, ma che, piuttosto, si riannodano ad eventi patologici in grado di lambire le ragioni fondamentali della convivenza politicamente organizzata, come precisa la giurisprudenza costituzionale (sent. 43/2004).
L’intervento sostitutivo rappresenta un rimedio per la salvaguardia di principi supremi dell’ordinamento: in primo luogo l’eguaglianza di tutti i cittadini e l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. La previsione sui poteri sostitutivi configura, infatti, uno strumento straordinario, posto a protezione di esigenze unitarie dell’ordinamento, ricollegabili ad interessi propri dell’intera comunità sociale.
Per tali motivi, la Costituzione prescrive che detto potere vada esercitato in modo conforme alla sussidiarietà e al principio della leale collaborazione. Il principio di leale collaborazione nasce dall’esigenza pratica di conciliare istanze in cui si intrecciano molteplici interessi pubblici, magari intestati a soggetti istituzionali distinti. Si tratta di un canone organizzatorio che pervade l’intero ordinamento e ispira la totalità delle relazioni tra enti territoriali.
Nell’ambito di un sistema in cui nessun livello di governo può essere considerato una monade separata dagli altri e in cui tutti sono tenuti a collaborare per il soddisfacimento degli interessi pubblici. I poteri sostitutivi sono esercitati secondo le procedure previste nella legge n. 131 del 2003 che si sostanziano nella previa assegnazione di un congruo termine per l’adozione dei provvedimenti dovuti che possono essere di natura amministrativa o normativa degli enti inadempienti.
Il Governo ha utilizzato tale strumento in sostituzione del potere legislativo della Regione Puglia, con l’adozione del decreto-legge n.86/2020, dopo che quest’ultima ha disatteso la formale diffida del Governo nazionale di adeguare la propria disciplina elettorale al principio di parità di genere, espressione del principio della tutela dei livelli essenziali delle prestazioni. Anche con riferimento al mancato rispetto degli impegni assunti da regioni ed enti locali in qualità di soggetti attuatori del PNRR il Governo ha approvato il d.l. 19/2024, art. 2.
Dopo il mancato accordo tra Esecutivo e Regioni sul decreto attuativo riguardante i poteri sostitutivi sulle liste d’attesa, il nodo da sciogliere riguarda il come garantire in un tempo ragionevole il concreto esercizio del diritto alla salute e l’effettiva erogazione delle cure in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Il fine ultimo del diritto è, infatti, garantire i diritti inviolabili, in particolare dei più bisognosi, di coloro che non hanno i mezzi per rivolgersi alle cliniche private.
Ida Angela Nicotra
Professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Catania

