La restituzione allo Stato delle “passività”, meglio identificate come “disavanzo”, pone i cittadini in condizione di schiavitù di norme che possono e devono essere cambiate
Uno degli argomenti di minore interesse per la politica è il disavanzo d’amministrazione, che non è un “debito verso terzi” e nel corso degli ultimi anni ha travolto la quotidianità del popolo siciliano a favore del bilancio dello Stato che, a sua volta, per la “cura dimagrante” imposta agli indigeni, accetta di averli restituiti con la formula dello “spalmare”, in un numero di anni che si accavallano e allungano con il passare del tempo.
Miliardi di euro di cui abbiamo perso il conto
Dolce per lo Stato, come il fiele per la Regione Siciliana e indifferente per politici e amministrati.
Somme che i siciliani, nell’arco dei prossimi trent’anni (almeno) compreso chi non avrà colpe, dovrà restituire ben quattro volte.
Eppure la normativa poteva essere cambiata.
10 miliardi 795 milioni di residui attivi allegramente stralciati e/o rimodulati, per poi cancellarli definitivamente, maturati tra il 2015 e il 2017, a cui si aggiungono 648 milioni “scovati” sempre nel 2017 e ritenuti inesigibili.
Dal 2018 al 2020 ci siamo persi, i numeri di certo hanno solo l’incertezza, quindi rimangono in balia delle opinioni.
Crediti inesigibili, le famiglie siciliane al collasso
Il futuro sarà peggio, sia per il bilancio regionale che per quello dei Comuni in quanto si tratta di somme che gli Uffici di ragioneria – ai vari livelli istituzionali – inizieranno a ritenere inesigibili, a seguito della scrupolosa istruttoria che la Legge impone, almeno per quanto riguarda i Comuni. Pagare tasse e tributi (declinati in residui attivi, alla fine dell’anno, a seguito del mancato incasso nell’anno in cui dovrebbero essere introitati dall’Ente creditore) per le famiglie siciliane è diventato difficile.
È prevalso l’uso della “gomma”
Per la Regione Siciliana la facilità dell’uso della “gomma” è disarmante, allorquando i crediti si riferivano a somme che avrebbe dovuto introitare da parte di privati cittadini e dallo Stato, che, almeno queste, sarebbero certe e esigibili. A proposito di lealtà.
In merito ai privati, si tratterebbe di crediti ritenuti inesigibili, senza averne verificato la reale solvibilità del debitore. Ai tempi del Governo Crocetta, autore dello stralcio miliardario e a dire il vero anche dopo, nessuno si sarebbe posto il problema di verificare gli elenchi dei “fortunati”.
UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA PER ACCERTARE LE ORIGINI DEL DISAVANZO (CONTINUA LA LETTURA)
Una Commissione d’inchiesta per accertare le origini del disavanzo
Per la cronaca, il 18 marzo 2019 l’avvocato Armao, assessore al Bilancio della Regione Siciliana, con sua determinazione, per fare luce sulla vicenda, ha istituito una Commissione di studio a cui è stato dato un preciso mandato: “accertare le cause del disavanzo”, quindi “l’effettiva configurazione e composizione”.
L’importante e inedito studio è stato svolto da un gruppo di professionisti e a titolo gratuito.
Un flambé, alimentato dal fiato di chi ha presentato l’esito dell’indagine, il quale ha tenuto a sottolineare che tutto sarebbe maturato nella precedente Legislatura e “che il governo Musumeci si è ritrovato a dover coprire nel 2019 con i conseguenti effetti sul riequilibrio dei conti pubblici regionali”.
E qui viene il bello, che non è da intendersi in senso stretto.
Nel flamber, l’avvocato Armao ha chiarito che il disavanzo “non è un debito verso terzi ma un’asimmetria tra poste attive e passive”, ovvero, la Regione Siciliana, negli anni e forse anche oggi, ha speso più di quello che ha incassato, soprattutto dai Tributi erariali spettanti alla Sicilia, quindi dai trasferimenti dello Stato, che negli ultimi esercizi finanziari sono letteralmente in picchiata.
“La commissione ha fatto un’operazione di ricognizione, – continua l’avvocato – perché solo una Regione con i conti in regola può avere la capacità di negoziare con Roma un’autonomia finanziaria piena e dignitosa”.
L’indifferenza della Commissione Antimafia e Anticorruzione
Tuttavia, gli autorevoli componenti, scevri da condizionamenti politici, denunciano che “alcuni documenti ritenuti necessari per l’indagine sono risultati carenti o addirittura indisponibili, sebbene richiesti”.
Fatti e circostanze (somme cancellate dai bilanci, privi di causali e di riscontri ufficiali) che non avrebbero riscontrato l’interesse della Commissione Antimafia e Anticorruzione della XVI e XVII Legislatura, che se pur non ha poteri di polizia giudiziaria detiene quello dell’indagine amministrativa.
LA BEFFA PER LA REGIONE CHE SI INDEBITA CON LE BANCHE (CONTUNUA LA LETTURA)
La beffa: la Regione si indebita con le Banche
Cosa accade, quindi, quando i ragionieri a fine anno si accorgono di avere speso e/o impegnato più rispetto alle entrate e nel corso degli anni hanno fatto ricorso alle anticipazioni bancarie?
Secondo il Dlg 118/2011 l’asimmetria contabile, ovvero il disavanzo, deve essere messo nella disponibilità della Tesoreria dello Stato. Non vi è alcun margine di trattativa.
Quindi, nel caso dei rapporti tra lo Stato e la Regione Siciliana, lo stesso non ti garantisce l’intero gettito tributario (10/10 di Irpef e Iva, a titolo di esempio), i servizi essenziali devono essere assicurati, quindi in mancanza di liquidità (dovuta anche al mancato incasso di tasse e tributi) si chiede alle Banche l’anticipo di risorse per pagare stipendi e fornitori di servizi essenziali, sulle quali maturano interessi passivi e poi, in ultimo, la beffa. La restituzione allo Stato della differenza tra le entrate e le uscite, ovvero della passività, meglio identificate come “disavanzo”.
Il risultato è che i siciliani pagano quattro volte ingenti cifre che, come afferma Armao, non rappresentano un debito verso terzi. (1. Lo Stato non trasferisce le risorse alla Regione, quindi ai Comuni, gli stessi non incassano abbastanza tasse e tributi; 2. La Regione chiede anticipo alle Banche, che deve essere restituito; 3. Sulle anticipazioni maturano gli interessi; 4. Il disavanzo miliardario maturato deve essere restituito, allo Stato).
L’ERRORE POLITICO. ECCO DI COSA SI TRATTA (CONTINUA LA LETTURA)
L’errore politico
La domanda che ci poniamo è la seguente: se non è un debito verso terzi perché deve essere restituito allo Stato, a danno dei siciliani?
Queste somme, in forma “gassosa” in quanto determinati dal riaccertamento straordinario ma che si solidificano solo al momento della restituzione, non devono essere ripianate, ed averlo previsto costituisce un ingiustificabile errore politico, conseguenza di un’anomalia gestionale. Una tra tutte, prevedere entrate che mai (con consapevolezza) verranno introitate, al fine di pareggiare i bilanci così come impone il “centodiciotto”.
Tutto questo accade perché – almeno in Sicilia – chi accerta è un soggetto diverso dagli Uffici della Regione Siciliana, se così non fosse non si registrerebbe indebitamento e la conseguenza sarebbe quella di offrire servizi pubblici adeguati alla peculiarità dell’arcipelago.
Dal primo ottobre scorso le cose andranno peggio in quanto accertamento e riscossione verranno effettuati dallo Stato, attraverso una società creata ad hoc, che ha assorbito Riscossione Sicilia e controllata dall’Agenzia delle Entrate.
La Regione continuerà a chiedere a Roma – con il cappello in mano – sulla consistenza del proprio portafoglio.
Ignorate le previsioni legislative
La soluzione. La Regione Siciliana fin dall’entrata in vigore della Legge di contabilità pubblica, ha ignorato (volutamente?) le previsioni contenute nel D.lgs. 267/2000, nella Legge 42/2009 e nello stesso D.lgs. 118/11; con il supporto giuridico di queste norme il Governo regionale avrebbe potuto emanare disposizioni legislative applicabili solo in Sicilia e non restituire allo Stato le ingenti somme di cui scriviamo, piuttosto, il Governo regionale in carica ha recepito per intero il D.lgs. 118/11, attraverso una determinazione della Commissione Paritetica di dicembre 2019.
Sarebbe stata una svolta storica e l’applicazione di un principio ignorato per troppo tempo.
A tal proposito abbiamo chiesto un chiarimento all’assessore Armao, attraverso i suoi collaboratori e via mail. Non abbiamo ricevuto alcun riscontro.
Si spalma la Nutella
Quello che regna è la confusione e l’illogicità, che pongono i cittadini in condizione di schiavitù di norme che possono e devono essere cambiate.Paradossalmente la pandemia avrebbe dato alla politica la possibilità di porre il tempo all’anno zero, sopravvenuta all’indomani del riaccertamento dei residui attivi, quindi, della pulizia integrale dei bilanci.
La ripartizione pluriennale (si spalma la Nutella) dei disavanzi accertati (solo per la Regione, i Comuni sono stati lasciati alla deriva, costretti ad accantonare una somma pari ai crediti di dubbia esigibilità. Lealmente? Nei prossimi mesi sarà un disastro) sottrae risorse alla comunità (ne pagano principalmente le conseguenze le fasce deboli) e la illogica restituzione allo Stato dovrebbe indurre, fin da subito, a emanare norme che azzerino il disavanzo maturato affinché le generazioni future non paghino le colpe di altri che nemmeno conoscono.
Nell’immediato ne trarrebbero legittimo ristoro anche gli attuali residenti, costretti a lesinare ogni diritto, che in Sicilia si è trasformato in “gentile” concessione.
Vincenzo Lapunzina