MESSINA – Il flop più grave e significativo della lunga partita che nel 2026 si svolgerà sul campo della rendicontazione dei fondi del Pnrr. È il destino che potrebbe toccare alla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia di Messina. Una bomba ecologica che da anni attende di essere messa in sicurezza e che invece potrebbe vedere svanire la prospettiva di arrivare alla bonifica tramite i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Varato per favorire la ripresa post-Covid, il Pnrr ha rappresentato per molti enti – Regione Siciliana compresa – la formula magica per fare ciò che altrimenti non si sarebbe potuto fare. Sin dal primo momento, però, a pesare sulla capacità di mettere a frutto le opere previste con il fiume di denaro che sarebbe arrivato in Sicilia è stato un preciso vincolo: completare gli interventi entro il 2026.
La scadenza e i ritardi cronici
Per una terra in cui il rispetto dei cronoprogrammi è spesso una chimera, tra garbugli burocratici e intoppi di altra natura, e non di rado giudiziari, sin dal principio la scadenza era sembrato uno spauracchio non da poco. Ma finché il termine è stato sufficientemente lontano all’orizzonte, nei più ha avuto la meglio la speranza. Adesso però i nodi vengono al pettine. E l’anno che verrà sarà contraddistinto di tirate di capelli. Per riuscire a chiudere i conti in tempo utile ma anche per cercare insperate proroghe.
I fondi a rischio
Nel caso di Mazzarrà Sant’Andrea a ballare sono più di 32 milioni di euro. Per l’esattezza 32.258.379,41. Le possibilità che però la Regione riesca a spenderli – nonché completare le opere previste – entro il 31 marzo, data ultima prevista nell’accordo con il ministero dell’Ambiente, sono praticamente inesistenti. L’ammissione è contenuta in una relazione inviata al presidente della Regione, Renato Schifani, da Arturo Vallone, dirigente generale del dipartimento Rifiuti e commissario delegato a gestire e superare lo stato di crisi e di emergenza regionale che il governo aveva varato a novembre dello scorso anno, dopo che a giugno un incendio era divampato nell’area di abbancamento dismessa nel 2014. Autorizzata a inizio anni Duemila e che negli anni in cui è stata operativa potrebbe avere ricevuto oltre tre milioni di tonnellate di spazzatura.
Una emergenza ambientale irrisolta
Un peso ambientale divenuto insostenibile soprattutto nel momento in cui la società che la gestiva è stata messa in liquidazione per poi essere affidata a un curatore fallimentare. A sobbarcarsi degli oneri della bonifica è stato dunque il pubblico. Da questo punto di vista il Pnrr sembrava poter essere la soluzione. Così però molto probabilmente non sarà.
“Il sottoscritto rappresenta che la messa in sicurezza della discarica è un intervento previsto tra quelli finanziati con fondi Pnrr la cui scadenza è fissata perentoriamente per il 31 marzo 2026; tale termine ad oggi non risulta compatibile con la definizione delle attività previste nel progetto poiché il cronoprogramma procedurale fissa in oltre novecento giorni i termini per la consegna dei lavori”, si legge nella relazione di Vallone. Che poi conclude: “Si auspica che si possano trovare soluzioni, a stretto giro, affinché la messa in sicurezza possa concludersi e contestualmente possa il sito della discarica non rappresentare più per la Regione Siciliana, una gravissima emergenza di tipo ambientale”.
Il progetto e i problemi strutturali
Al momento – è ciò che si ricava dalla relazione – la Regione ha in mano il progetto esecutivo utile a indire la procedura per affidare i lavori. Nell’ultimo anno, infatti, sono stati completati i passaggi per arrivare al progetto degli interventi di bonifica, tra i quali la redazione del piano di caratterizzazione necessario a stabilire quali precise criticità si registrano in contrada Zuppa. Tra i problemi sulla cui esistenza non ci sono dubbi c’è il percolato.
Le richieste del Comune e l’impatto ambientale
Il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea ha più volte fatto ricorso alle somme stanziate in via straordinaria dalla Regione per fronteggiare l’emergenza. Nei mesi scorsi, dall’ente è arrivata la richiesta di poter accedere a un ulteriore contributo di oltre 1,2 milioni per garantire l’emungimento dei liquami prodotti nella discarica nell’anno in corso e sottintendendo che il problema è destinato ad andare avanti. A tenere banco è anche la situazione dell’impatto ambientale. Nella stessa relazione di Vallone, in riferimento a una nota inviata a fine agosto scorso al Rup, dunque oltre un anno dopo l’inizio del rogo, per chiedere di valutare l’opportunità di redigere uno stralcio del progetto per intervenire sui drenaggi di fondo e la riprofilatura del corpo dei rifiuti, si legge che tutto ciò sarebbe stato “fondamentale per lo spegnimento dell’incendio ancora in corso”.
La mobilitazione degli ambientalisti
Intanto questa mattina all’Ars le associazioni Zero Waste Sicilia e “Piero Angela Tutela Ambiente e Territorio” terranno una conferenza stampa per fare il punto su ciò che è stato fatto e soprattutto sui ritardi che, a detta degli ambientalisti, si sarebbero potuti evitare. A presenziare all’evento saranno diversi deputati regionali, soprattutto dell’opposizione. Il timore, però, manco a dirlo, è che sia ormai troppo tardi.

