Il rapporto della Caritas presnta una serie di indicatori molto scoraggianti per il territorio. 16.000 le domande presentate in provincia per ottenere il Rei. Solo 70 i progetti avviati
MESSINA – Una povertà multifattoriale, in cui si disattendono diritti fondamentali, alla salute, alla casa, al lavoro, allo studio. Una povertà diversa per ogni storia umana, non statica ma che ha un percorso dinamico che può essere intrapreso ma anche interrotto. Una povertà che può essere strutturale, legata certo all’assenza di reddito ma che interessa anche chi ha stipendi o pensioni minime.
Sono le diverse facce di un fenomeno che si allarga in una provincia che si sta svuotando ed ha un tasso di occupazione passato in un anno dal 29% al 28% e una disoccupazione che in nove anni è quasi raddoppiata, (da 30mila nel 2010 a 59 mila nel 2018).
Il Rapporto redatto dalla Caritas diocesana contiene una serie di indicatori che vanno oltre i numeri. “Non esclusivamente una raccolta di dati – ha detto il direttore Caritas Nino Basile – gli argomenti e le problematiche trattate non sono senza volto. Ogni contributo descrive le speranze e i sogni, le sfide e le sofferenze della gente delle nostre comunità”.
Una delle analisi che colpisce è quella di Francesco Polizzotti componente dell’Osservatorio Diocesano delle Povertà e delle Risorse, sul Rei, una misura attivata nel 2018, dalle grandi potenzialità, avanzata nelle finalità, che però, viene rilevato, non ha dato i risultati sperati perché sono prevalse alla fine le procedure sulle prese in carico degli operatori con i percorsi di reinserimento, delegando tutto alla prestazione economica. Sono state oltre 16mila le domande in provincia di Messina di cui 8000 nella città capoluogo. Sono in media 170 le istanze di Rei lavorate per ciascuno dei 26 assistenti sociali assunti dal Comune, per un periodo limitato, attingendo ai fondi Pon Inclusione, per un totale di 1.529 richieste ma sono circa 70 i progetti individuali avviati seguendo interventi multidimensionali.
Le richieste per il Rei, che adesso sono assorbite dal Reddito di cittadinanza, danno una dimensione del bisogno che va insieme ad una questione predominante a Messina, quella abitativa con un’incidenza considerevole per i quartieri di Fondo Fucile, Villaggio Aldisio e Provinciale. Lo rilevano i Centri d’ascolto della Caritas, specie i tre della zona Sud, insieme ai problemi occupazionali e alla mancanza di risorse per i bisogni primari. Nelle richieste d’aiuto c’è una prevalenza femminile ed un’incidenza del 25,8% sul totale di stranieri. Ci sono poi dei dati che indicano uno stato di bisogno che si accompagna ad una povertà educativa: il 27,7% delle persone incontrate ha la licenza media, il 16,3% quella elementare, l’8% nessun titolo e solo il 7% ha raggiunto un livello di istruzione superiore.
“Sembra delinearsi una situazione in cui il sostegno alla povertà non può avere risposta solo con bollette pagate o buste della spesa, – dice Carmela Lo Presti componente dell’Osservatorio -gli interventi economici non sono più sufficienti perché aumentano le vulnerabilità affettivo relazionali. Siamo chiamati a interventi mirati che tengano conto della lettura reale dei bisogni”.
Complessivamente anche nel corso del 2018 i dati dei Centri rilevano come l’intervento attivato più frequentemente dagli operatori è l’ascolto, che insieme all’orientamento e alla fornitura di beni e servizi rappresenta il 78% degli interventi. Il report contiene per la prima volta un ampio approfondimento sulla presenza di persone con disagio mentale all’interno dei tre servizi Caritas più di contatto con le povertà emergenti: il Centro ascolto diocesano “Salvatore Finocchiaro”, la Casa di accoglienza “Aurelio” e l’Help Center della Stazione Centrale.
“La Caritas ha voluto dedicare l’intero anno pastorale, – ricorda Enrico Pistorino referente dell’Osservatorio,- alla tematica della salute mentale, con alcune iniziative e destinando tra l’altro delle risorse provenienti dalle raccolte all’inserimento socio-lavorativo di persone con problemi psichiatrici”.