Disoccupazione perde se si vuole e si sa - QdS

Disoccupazione perde se si vuole e si sa

Carlo Alberto Tregua

Disoccupazione perde se si vuole e si sa

venerdì 24 Dicembre 2021

Attivare gli scambi internazionali

Non esiste la verità vera, esiste la verità che vediamo. Non è utile continuare a sostenere che bisogna approdare al vero assoluto, in quanto le nostre povere forze non sono in condizione di farlo. Perciò, ci dobbiamo barcamenare fra tante verità, che sono tutte valide a condizione che si sia in buona fede e che si detengano competenze e saperi capaci di distinguere il vero dal falso.

Questo incipit ci introduce all’argomento in rassegna oggi e cioè al tema più importante che vi è nella nostra società: la disoccupazione, ovvero l’assenza di lavoro.
Attorno a questo argomento si continuano a dire e a scrivere menzogne, una sull’altra, perché si parla del lavoro che non c’è, invece di parlare del lavoro che c’è.

Ricordiamo che ai primi del secolo scorso vi fu la rivoluzione dei telai meccanici, per cui non era più necessaria l’attività manuale. Grida di dolore si elevarono da ogni parte dicendo che quella innovazione tecnologica avrebbe creato un gravissimo problema sociale conseguente alla disoccupazione che si sarebbe verificata.

I fatti hanno dimostrato che le cose non sono andate in quel modo perché, anziché disoccupazione, si crearono moltissimi posti di lavoro, avendo proceduto alla formazione di tutti coloro che lavoravano a mano, i quali, a seguito della stessa, cominciarono a lavorare sulle macchine.

Il processo dell’innovazione è continuo e progressivo, cioé aumenta la sua velocità ogni giorno. Per cui, continuare a sostenere che esso produca disoccupazione è una stupidaggine colossale.

Come è una stupidaggine colossale continuare a sostenere che il lavoro non ci sia, mentendo e non esponendo la verità che è la seguente: è indispensabile investire nella formazione, in modo tale che coloro che vengono espulsi dai lavori tradizionali, perché superati tecnologicamente, diventino idonei ad inserirsi nel nuovo lavoro.

Purtroppo il Governo italiano, le Regioni ed i Comuni, non sono orientati in questa direzione e dispiace sottolineare che neanche il sindacato, che dovrebbe rappresentare i lavoratori, utilizza questi argomenti creando una sorta di diseducazione collettiva.

La disoccupazione c’è, ma la causa non è la mancanza di lavoro bensì l’assenza di competenze: le associazioni imprenditoriali cercano duecento/ trecentomila tecnici, i gruppi imprenditoriali che fabbricano infrastrutture e nel campo dell’edilizia cercano decine e decine di migliaia di persone. Le società di autotrasporto cercano autisti per i loro “bestioni”.

Mentre nelle istituzioni nazionali, regionali e comunali non c’è il problema della disoccupazione bensì quello dell’assenza di produttività, capacità e merito. Dirigenti e dipendenti, non tutti, non hanno voglia di crescere professionalmente anche perché non hanno effettivi carichi di lavoro e, soprattutto, non subiscono mai i controlli per verificare se i risultati del loro lavoro pareggiano gli obiettivi prefissati.
Cosicché, nel settore pubblico, non c’è la formazione continua per trasformare dirigenti e dipendenti in soggetti digitali, capaci di fare funzionare le piattaforme, come accade nelle imprese private.

Forse è provocatorio proporre lo scambio dei dipendenti fra il settore pubblico e quello privato. Sarebbe un’operazione sicuramente significativa perché trasportare le esperienze e le competenze da un settore all’altro potrebbe essere molto utile a tutti coloro che fanno queste esperienze.

Come altrettanto utile potrebbe essere scambiare qualche decina di migliaia di dirigenti e dipendenti italiani con altrettanti dirigenti e dipendenti tedeschi, svizzeri o danesi. Insomma, il mondo del lavoro dovrebbe aprirsi agli scambi e alle esperienze internazionali; non restare in retroguardia come accade oggi.

La disoccupazione si vince a condizione che si premino i talenti e le competenze, derivanti da una selezione continua di cittadini e cittadine che abbiano volontà e spirito di sacrificio, per apprendere e diventare competitivi.
Perciò, la verità è che se manca la volontà, non si va da nessuna parte. Questa verità non si deve falsare con le menzogne che sentiamo tutti i giorni.

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