Su 97 principali eventi franosi a livello nazionale, 8 si sono verificati in Sicilia nel solo 2022. A rivelarlo è l’ultimo annuario di ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. A essere a rischio resta il sistema Italia: fragile e sempre più soggetto fenomeno connessi con il rischio idrogeologico. L’ultimo più grave in ordine temporale, l’alluvione di Scaletta e Giampilieri che nel 2009 causò 36 vittime tra Messina e provincia. La fragilità strutturale della Penisola, caratterizzata da un territorio prevalentemente montuoso e collinare, espone vaste aree – soprattutto del Nord – a un elevato rischio di frane e alluvioni. Frane, smottamenti e inondazioni – come quella che di recente ha investito Licata – colpiscono regolarmente l’Isola, minacciando la vita delle persone, l’integrità degli edifici e il patrimonio culturale. Colpa dell’abusivismo edilizio. Ma colpa anche dell’erosione del suolo e della cementificazione selvaggia, che in Sicilia continua ad aumentare riducendo i terreni disponibili per il drenaggio e il naturale defluire di fiumi e torrenti. Nel periodo 2010-2022, spiega ISPRA, “le province più colpite da eventi franosi sono Bolzano, Salerno, Genova, Messina, Belluno, Trento e Aosta“.
Sicilia, una terra fragile
Negli ultimi anni, la Sicilia ha vissuto un aumento preoccupante degli eventi catastrofici legati al dissesto idrogeologico. I dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) indicano che nel solo 2022 si sono verificati otto principali eventi franosi su un totale di 97 a livello nazionale. I recenti fatti di cronaca hanno evidenziato tutte le difficoltà anche del Catanese, con le frane che a Mascali hanno isolato intere zone residenziali e messo a rischio l’incolumità dei cittadini. Catania non è però l’unica: il rischio è elevato soprattutto nelle province di Messina, Siracusa, Palermo e Trapani.
Secondo il rapporto ISPRA, in Sicilia sono oltre 131 mila (2,6% della popolazione regionale) le persone che vivono in aree a rischio alluvione; circa 89 mila (1,9%) risiedono invece in zone soggette a frane. Numeri che evidenziano come una percentuale considerevole della popolazione siciliana (4,5%) sia esposta a potenziali disastri naturali. La situazione peggiora se si considerano gli edifici e le infrastrutture, con 48 mila strutture a rischio frane e 39 mila a rischio alluvioni. A essere esposto a rischio idrogeologico c’è anche il patrimonio culturale con 600 beni esposti al rischio di smottamenti e circa 500 che rischiano di essere danneggiati da inondazioni. E questo solo nell’Isola.
Al Sud fragilità e vulnerabilità
Tra Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia risiedono circa 800 mila persone che vivono in aree a rischio inondazione: il 5,7% della popolazione complessiva del Sud Italia. Oltre 543 mila persone (4,1%) risiedono invece in zone minacciate da frane. Dinamiche del dissesto idrogeologico nel Sud Italia che risultano influenzate dalla conformazione del territorio e dalla gestione delle risorse naturali.
In molte aree, infatti, l’abusivismo edilizio e la mancanza di una pianificazione urbanistica adeguata hanno aggravato la vulnerabilità delle comunità locali. Il mancato rispetto delle norme ambientali contribuisce poi a un progressivo degrado del suolo, rendendo il terreno più suscettibile agli smottamenti e alle inondazioni. E negli ultimi dodici anni, tutte le leggi che avrebbero dovuto tutelare il territorio, sono sempre rimaste al palo nelle aule della politica. Con responsabilità, è importante sottolinearlo, che riguardando tanto il centrodestra quanto il centrosinistra.
Centro Italia, un territorio in bilico
Anche il Centro Italia non è esente dai rischi connessi al dissesto idrogeologico. Le regioni del Lazio, delle Marche, della Toscana e dell’Umbria vedono 1,2 milioni di persone vivere in aree a rischio alluvione (10,8% della popolazione), mentre 290 mila cittadini (2,5%) risiedono in zone esposte a frane.
Le Marche – soprattutto nel Pesarese, al confine con l’Emilia, e nel Maceratese – è la regione che negli ultimi anni ha vissuto eventi di inondazioni di grande portata, che hanno causato gravi danni a infrastrutture e coltivazioni dell’entroterra. Non da meno la Toscana, con le zone di Prato, della provincia fiorentina e deo dintorni finiti sott’acqua nei recenti fatti di cronaca. Qui i problemi sono legati all’estrema cementificazione che ha ridotto o costretto il letto dei fiumi.
Al Nord la situazione più critica
Le regioni del Nord, per ISPRA, sono quelle più esposte al rischio idrogeologico. Qui sono quasi 3,6 i milioni di persone che vivono in aree a rischio alluvione nel Nord-Est (Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto ed Emilia Romagna), una percentuale pari al 2,6% della popolazione. Le frane interessano circa 119 mila persone (1% del totale). L’Emilia Romagna, in particolare, ha vissuto negli ultimi anni eventi catastrofici come le devastanti alluvioni del maggio 2023 e dell’ottobre 2024, che hanno portato alla perdita di vite umane e a ingenti danni economici. Nel Bolognese, proprio in questi giorni, si continua a spalare per rimuovere il fango che ha sepolto case e investito quartieri. Nel Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta), il rischio di frane colpisce circa 240 mila persone (1,6% della popolazione), mentre quasi 930 mila cittadini vivono in zone a rischio alluvione. La Liguria, con il suo territorio montuoso che si affaccia sul mare, è una delle aree più vulnerabili d’Italia e ogni inverno soggetta a frane e inondazioni.
Deficit di gestione e pianificazione
Nonostante la gravità della situazione, il dissesto idrogeologico in Italia rimane un problema spesso trascurato. Secondo i dati ISPRA, tra il 1999 e il 2022 sono stati promossi circa 11.000 interventi per ridurre il rischio idrogeologico nel Paese, per un costo totale di 10,4 miliardi di euro. Ma meno della metà di questi interventi è stato completato (4.890, ndr), mentre il resto è ancora in esecuzione o addirittura in fase di progettazione. Una gestione della messa in sicurezza del territorio non solo inefficace, ma spesso condizionata da vincoli burocratici e finanziari. Con ritardi cronici nell’erogazione dei risarcimenti a disposizione delle famiglie: Emilia Romagna e Marche docet. Sarebbe fondamentale per il Paese che le autorità locali e nazionali investano in modo significativo nella messa in sicurezza del territorio, implementando piani di gestione del rischio che tengano conto delle specificità territoriali e dei cambiamenti climatici in atto. La classe dirigente continua a essere sorda ai richiami del pericolo, ma pronta alle manovre d’urgenza. Tutto in attesa della prossima alluvione. Qui la mappa interattiva ISPRA nella quale è possibile consultare la situazione, Comune per Comune: https://beta.idrogeo.isprambiente.it/app/pir/m/5?@=38.17860189729683,15.53050685,9

