Piemonte povero, Napoli ricca
Si dice, ma non sembra provato, che Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861), un grande massone, sia stato stimolato dalla massoneria inglese a tentare il ricongiungimento di tutte le regioni dello Stivale.
Vi è un’altra verità non provata e cioè che il Regno di Sardegna, che comprendeva il Piemonte, si era dissanguato nella guerra contro gli austriaci e quindi era indebitato in maniera sproporzionata. Vi era inoltre quella spina al centro del Paese che era lo Stato del Vaticano, il quale aveva ramificazioni in Toscana ed in Umbria, le cui finanze erano floride.
Questi fatti indussero Cavour a intraprendere la “conquista” dell’Italia partendo dalla Sicilia. Gli venne in mente che il suo “strumento” poteva essere Giuseppe Garibaldi, anch’egli massone, una persona che amava le guerre, che fece anche al di là dell’Atlantico. Cosicché riuscì ad imbastire una spedizione caricando sui battelli “Piemonte” e “Lombardo” un migliaio di poveracci mal vestiti e male armati.
I battelli si fermarono a Talamone (in Toscana) e imbarcarono un po’ di armi. A bordo c’era anche Alexandre Dumas padre, il quale scrisse tutta la storia seguente, che poi noi abbiamo studiato a scuola.
I due battelli arrivarono a Marsala il 15 maggio del 1860 e le navi inglesi che dimoravano in quel porto gli spararono contro, ma con la loro gittata i proiettili andavano al di la degli stessi battelli. Nonostante ciò il “Piemonte” si infranse contro una banchina, ma tutti sbarcarono sani e salvi.
Garibaldi percorse la Sicilia con piccole scaramucce, arrivò allo Stretto, lo attraversò ed il 26 ottobre consegnò tutto il Meridione al re Vittorio Emanuele II, che intanto aveva percorso da Nord a Sud tutto il territorio.
La prima cosa che fecero i “conquistatori” fu quella di svuotare le casse e i depositi del Banco di Sicilia, a Palermo, e del Banco di Napoli nella stessa città. Con essi il Piemonte riuscì a riequilibrare le proprie finanze.
Vogliamo ricordare che in Calabria in quell’epoca si costruivano i vagoni ferroviari; vi erano altre attività importanti in Sicilia e Napoli, il posto più ricco del Mediterraneo, florido di traffici e commerci.
Quindi, nel 1861 la fotografia era quella di un Nord povero e di un Sud ricco. A distanza di centosessantatre anni abbiamo la fotografia di un Nord ricco e di un Sud povero. Che bell’affare che hanno fatto i meridionali con l’Unità d’Italia!
Ovviamente di quanto precede la responsabilità è dei meridionali stessi, i quali hanno consentito che le istituzioni centrali destinassero la maggior parte delle risorse pubbliche al Settentrione, con cui sono state costruite linee ferroviarie, strade ed autostrade, scuole, ospedali ed altro, destinando al Meridione risorse enormemente inferiori.
Altra grave responsabilità della classe dirigente del Mezzogiorno è stata quella di non aver attivato politiche positive nella gestione delle risorse e, quindi, retrocedendo sul piano del reddito pro capite, del Pil, delle infrastrutture, dell’industria, dei servizi, dell’agricoltura e via elencando.
Quindi è inutile dare la croce agli abitanti del Nord del Paese perché vi è questa defaillance dei responsabili del Meridione.
Il più grande depuratore di acque fognarie si trova a Parigi. Non sembra che nel nostro Paese vi siano depuratori di acque fognarie. Cosicché quando non piove, com’è accaduto in quest’ultimo anno nel Sud Italia, emerge in tutta crudezza il fenomeno della siccità. Anche in questo caso la responsabilità è di chi ha gestito la Cosa pubblica nel Meridione perché non ha sostituito le reti idriche, non ha riparato le dighe, non ha impiantato i dissalatori e non ha appunto progettato e realizzato tali depuratori. Insomma, si chiude la stalla quando i buoi sono fuggiti.
Di fronte allo scenario storico che vi abbiamo rapidamente descritto e di fronte a quello attuale, cos’altro c’è da commentare? Quasi niente, salvo che a riprendere l’argomento fondamentale e cioè la responsabilità di coloro che hanno gestito le istituzioni meridionali (Regioni, Province e Comuni), dei ministri meridionali e degli stessi popoli meridionali che avrebbero dovuto scegliere dirigenti istituzionali capaci e onesti, cosa che non hanno sempre fatto.