Dodi Battaglia, nuovo disco e reunion con i Pooh "possibile" - QdS

Dodi Battaglia, nuovo disco e reunion con i Pooh “possibile”

Dodi Battaglia, nuovo disco e reunion con i Pooh “possibile”

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venerdì 12 Febbraio 2021

Il 12 febbraio esce il primo singolo del chitarrista dei Pooh che nell’album dedica un brano a Stefano D’Orazio, il batterista della band scomparso lo scorso 6 novembre.

Dodi Battaglia non ha bisogno di presentazioni. È uno dei
chitarristi italiani viventi più bravi in assoluto. Sotto le sue sapienti mani
e grazie al suo “tocco”, le chitarre hanno volato in alto restituendo quella
vena pop-rock che l’ha sempre caratterizzato sia dal punto di vista compositivo
sia interpretativo. Dodi Battaglia è, il presente non vuole essere retorico, il
chitarrista di una delle band italiane che ha fatto sognare diverse generazioni
di italiani e non solo, i Pooh. Il suono delle sue chitarre, per lui vere e
proprie compagne di vita, ha fatto avvicinare e innamorare migliaia di giovani alla
musica e gli ha dato stimolo per poterla vivere in maniera attiva. Il 2021, per
lui, è un anno che si apre con l’uscita di un nuovo album, che sarà disponibile
a partire dalla fine del mese di aprile, la cui uscita viene anticipata il 12
febbraio dal primo dei singoli che lo compongono, un brano dal titolo “Il
coraggio di vincere”.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci di lui, della sua musica
e delle sue chitarre.

Dodi Battaglia

“Io con la musica ci convivo sin da prima della mia nascita. Provengo da una famiglia di musicisti e già nella pancia di mia madre ascoltavo musica, quella che suonavano mio zio, mio nonno, mio padre. Penso che la musica sia una delle cose più naturali che esista. Negli anni, anzi, ho cominciato a diffidare delle persone che la considerano un accessorio inutile della vita perchè penso che la musica sia la nostra compagna di viaggio. Oggi, dopo cinque anni in cui ho ripercorso, dal punto di vista discografico, la mia lunga esperienza con i Pooh che è sfociata in un tour, “Perle”, nel quale ho voluto riproporre non solo i brani più rappresentativi della nostra storia ma anche quelli più ricercati e, spesso, dimenticati”.

Hai realizzato anche
un brano con Al Di Meola. Ci vuoi raccontare com’è nata questa collaborazione?

“Grazie all’amicizia di Marco Rossi, il mio discografico, con un amico di Al Di Meola è nata una di quelle occasioni alle quali non è possibile rinunciare, come se ad una ragazzino che tira calci al pallone ricevesse la proposta di fare due o tre palleggi con Cristiano Ronaldo. Mi è stato proposto di “fare qualcosa” con Al Di Meola ed è nato “One Sky”, un brano uscito negli ultimi mesi dello scorso anno che rappresenta l’incontro della mia vena pop-rock con quella jazz-fusion di Al Di Meola. Sono molto soddisfatto non solo per l’esperienza unica che ho avuto la fortuna di vivere ma anche per il brano stesso. Ha ricevuto grandi consensi in tre dei principali mercati internazionali, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Germania, mercati tutt’altro che facili”.

Questo è il tuo primo album di inediti dopo la fine dell’esperienza con i Pooh.

“Si, ho deciso di mettermi in gioco. Ho iniziato a scrivere, anche approfittando di quest’oscuro periodo in cui non è stato possibile esibirsi dal vivo. Ho avuto la possibilità di rimettere assieme gli spunti, le idee e gli approcci musicali che mi ero annotato nel tempo. È uscito il primo singolo, “Il coraggio di vincere” ed è pronto il secondo dal titolo “Una storia al presente””.

Parliamo dei tuoi nuovi singoli.

“’Il coraggio di vincere’, come dice il testo della canzone, “libera la paura di perdere”. Quando hai deciso di metterti in gioco, non puoi più tirarti indietro. Sto collaborando, e questa è una novità, con due giovani autori e con Roberto Casini, grande autore di Vasco Rossi. Anche lui bolognese, la nostra collaborazione è sfociata in una complicità unica ci ha permesso di tirare fuori la nostra vena di rocchettari, di musicisti anche un po’ dissacranti, fuori dagli schemi”.

“Una storia al presente” invece?

“Questo è un brano che ho voluto dedicare a un grande amico che ci ha lasciato il 6 novembre scorso, Stefano D’Orazio, con il quale ho percorso un lungo e importante periodo della mia vita. Non è un brano smielato, lamentevole o patetico. Ho voluto raccontare un’amicizia vera, fatta di grande rispetto e vicinanza. La struttura musicale del brano era già pronta e avevo dato un input alla mia collaboratrice che si doveva occupare del testo, una semplice immagine che doveva essere cardine del brano. Suggerii “guarda là fuori la neve che fa”, proponendo una storia semplice, quella di due ragazzi davanti ad un caminetto con una finestra dalla quale si vedeva nevicare, mentre loro facevano i progetti della loro vita. Il giorno dopo Stefano ci ha lasciato. Al ritorno da Roma, dopo l’ultimo saluto a Stefano in una piazza del Popolo gremita di gente, dal cuore mi è uscita l’idea e la frase è diventata “Guarda là fuori la gente che c’è”. Magicamente questa frase continua il racconto di uno dei nostri brani, “Pronto, buongiorno è la sveglia”, il cui finale è “Gente davanti al teatro, sarà meglio passare da dietro…”. Il nuovo brano inizia da lì, dal nostro arrivo davanti al teatro e dal nostro ingresso. È l’immagine della gente che vedevamo in attesa davanti ai teatri prima dell’apertura, che si fonde con quella della gente che ho visto quel giorno a piazza del Popolo”.

Vuoi parlare di Stefano?

“Lui è stato il vero collante dei Pooh. Per quello che mi riguarda, la sua presenza della band mi ha permesso di occuparmi di musica, di chitarre. Sapevo che lui si occupava dei rapporti con i discografici, dei service tecnici che utilizzavamo vari tour. Sapevo che di lui ci si poteva fidare e che avrebbe fatto sempre le scelte migliori per noi. Era una persona con una simpatia innata, devastante. Dopo i primi cinque minuti trascorsi assieme era inevitabile che ti ritrovassi a ridere”.

In generale il tuo
album, a giudicare dai singoli, è un lavoro molto “chitarroso”.

“Le chitarre sono sempre state parte della mia vita. Ho deciso di mostrare la mia vena pop-rock e le chitarre sono indissolubilmente legate a questo. Il secondo, quello dedicato a Stefano, è una ballad con la chitarra molto presente. Purtroppo le chitarre stanno scomparendo dall’attuale produzione musicale”.

A proposito di
chitarre. Quando ci siamo conosciuti, nel 1994 in occasione del vostro tour
“Musicadentro”, suonavi una “Tom Anderson” rossa e alla fine di quell’anno
arrivò la proposta di Fender di realizzare una chitarra specifica per te che fu
chiamata “Dodicaster”. Hai pubblicato, alla fine dello scorso anno, un libro
dal titolo “Le mie 60 compagne di viaggio”.

“La “Tom Anderson” di cui parlavi è stata la cifra di “Musicadentro”, è la chitarra dominante di quel disco, una chitarra con un incedere rock unico e ben adatto alle sonorità di quell’album. La Fender, invece, decise di realizzare delle Stratocaster “su misura” per Eric Clapton, Steve Vai, Joe Satriani, Jeff Beck e anche per me che poi furono messe in vendita. Le mie chitarre le conservo gelosamente ancora tutte. Sono state tra le mie mani in questi lunghi anni. Ho deciso di farle fotografare. Ognuna di loro rappresenta un disco dei Pooh, una tournée. All’inizio non ne abbiamo stampate molte copie ma sono state vendute in pochissimi giorni. La novità, in anteprima per te, è che presto sarà in distribuzione nei negozi di strumenti musicali in tutta Italia”.

Ti potremo
riascoltare dal vivo?

“Appena la pandemia lo permetterà sicuramente sì. Devo ancora finire “Perle”, un tour che è rimasto “appeso”. La band è pronta e sicuramente il nuovo album merita uno show tutto suo”.

Due battute sul
prossimo festival di Sanremo.

“Con i Pooh abbiamo partecipato in una sola occasione, a quello del 1990 che vincemmo con “Uomini soli”.

Penso che il festival, in questo momento, faccia bene all’umore della gente. Non solo, penso che faccia bene anche alla musica italiana, che nel festival trova l’esaltazione della sua forma, e che è sempre sotto pressione da parte della musica straniera”.

Reunion dei Pooh?
Pensi che sia possibile?

“Per quello che mi riguarda, anche domani. Ma c’è un però. Lo potremmo fare solo se l’evento corrispondesse a una grossa donazione da parte di un finanziatore. Il denaro deve servire per superare questo terribile momento di emergenza sanitaria, per finanziare la ricerca in campo medico. Abbiamo voglia di restituire al pubblico tutto quello che ha regalato nei 50 anni della nostra lunga carriera e questa potrebbe essere un’importante occasione”.

Roberto Greco

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