Il suo progetto discografico è dedicato agli artisti "maledetti" francesi. La sua mission, infatti, è promuovere la cultura e far comprendere la musica al mondo.
Domenico Famà è un musicista poliedrico nato a Catania soli 32 anni fa, ma è già un chitarrista, compositore e direttore d’orchestra riconosciuto a livello internazionale. Della musica e, più in generale, della cultura ha fatto la sua missione. Soprattutto tra le fila dei più giovani che oggi, più che mai, hanno bisogno di riconoscere il loro valore e di esprimere la loro sensibilità. Oggi racconta al QdS la storia della sua breve ma già intensissima carriera, fatta di grandi riconoscimenti e di piccoli ma preziosi successi che hanno consentito a tantissimi giovani come lui di avvicinarsi alla musica e sceglierla per sempre. E il prossimo 21 maggio uscirà “”Fragments de temps”, il suo omaggio agli artisti “maledetti” francesi.
La direzione d’orchestra al teatro Bellini
Nel 2018 ha fatto scalpore la notizia di un giovane che, a soli 29 anni, dirigeva l’orchestra sinfonica del Teatro Massimo Bellini di Catania. Questo giovane era proprio Domenico Famà che, a un anno dall’inizio degli studi di direzione d’orchestra con Gilberto Serembe – presso l’Italian Conducting Academy di Milano -, aveva raggiunto quello che lui definisce “il suo più grande sogno”.
Nato a Catania nel 1989, si è diplomato in chitarra classica al Conservatorio Stanislao Giacomantonio di Cosenza ed è subito diventato allievo del chitarrista/compositore di Angelo Gilardino, studiando nella Scuola Superiore di Musica Vallotti di Vercelli. Si è laureato nella città etnea in didattica della musica con il massimo dei voti e la lode, ha frequentato corsi di perfezionamento tenuti da Luigi Attademo, Guido Salvetti, Lucio Matarazzo, Giulio Tampalini, Fabio Federico e Gaelle Solàl. Nel 2020 ha fondato l’Orchestra da Camera Orfeo con cui ha lavorato a diverse produzioni con repertorio barocco e classico, tra cui lo Stabat Mater di Pergolesi per l’Associazione Mozart Italia. Per supportare anche il proprio territorio, dal 2012 è direttore artistico dell’Associazione Musicale Promethéus con cui, ogni anno, organizza una stagione concertistica, collaborando con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Catania.
Il primo progetto discografico: “Fragments de temps”, l’omaggio ai pittori e ai poeti “maledetti” francesi
Vincitore assoluto di premi nazionali e internazionali, premiato da case editrici, scrittore di riviste culturali, Domenico Famà non si è fermato nemmeno durante la pandemia.
“In questo periodo ho preferito dedicarmi ad alcuni progetti che avevo in mente di fare dopo, ma che ho anticipato visto lo stop dei concerti dovuto alla pandemia – racconta Domenico Famà -. Così è nato Fragments de temps, il mio nuovo progetto discografico che raccoglie tutta la musica da camera che ho scritto da quando avevo vent’anni. Saranno protagonisti la chitarra, il pianoforte e altri strumenti musicali.
È un omaggio allo stile del primo ‘900, e in particolare alla letteratura e alle opere figurative dell’arte francese, che si esprime in un linguaggio non troppo complesso, ma nemmeno scontato. Uscirà il prossimo 21 maggio e sarà prodotto e distribuito dalla casa discografica Da Vinci Publishing di Osaka, in Giappone. La prefazione è del chitarrista concertista Luigi Attademo. Gli interpreti sono Enrico Luca (flauto), Giulia Russo (pianoforte), Stefania Sgroi (flauto), Giulia Mazzara (soprano), Alfredo D’Urso (chitarra classica). Il tecnico del suono è Giuseppe Palmeri mentre l’assistente al pianoforte – fornito dalla ditta Toscano Pianoforti – è Gianluca Messina. Una squadra che ha lavorato al massimo ed egregiamente con un risultato artistico notevole e di cui sono molto orgoglioso”.
Come insegnare la musica ai giovani talenti
Domenico Famà ha iniziato a studiare la chitarra classica a soli 7 anni e a 9 anni ha tenuto il primo recital. “Nemmeno lo ricordo molto lucidamente – spiega -. Ma per quanto io creda nel talento naturale, ciò che sono lo devo soprattutto ai grandi maestri che ho avuto la fortuna di incontrare”.
E la formazione è una delle sue attività dal 2016, anno in cui ha vinto il “concorso a cattedra”. “Dopo aver insegnato alle scuole medie, da quattro anni sono docente di ruolo di chitarra classica al liceo musicale Turrisi Colonna di Catania. Insegnare è una bellissima esperienza perché rappresenta per me una parte integrante del ruolo di musicista, dato che questo è già insegnante di se stesso – continua il musicista -. È un modo per divulgare il lavoro che si è fatto e costruirsi una vera scuola di allievi che magari faranno la stessa carriera. Alcuni dei miei hanno scelto di proseguire gli studi al Conservatorio di musica di Cosenza e di far diventare la musica il loro mestiere”.
Ma allora esistono ancora giovanissimi interessati alla musica classica? “Certo che sì, dipende da come gliela si propone. Per la musica classica non è un bellissimo periodo, ma i mezzi con cui la si propone fanno la differenza – risponde -. Bisogna essere molto attivi dal punto di vista della comunicazione, non si può pensare di coinvolgere gli studenti come si faceva 60 anni fa. Bisogna entrare in contatto con loro anche attraverso i nuovi strumenti a disposizione”.
Come si possono coinvolgere gli studenti? “Io sono riuscito a coinvolgerli anche con l’associazione musicale Prometeus. Ho organizzato, in collaborazione con il Comune di Catania, stagioni concertistiche al Castello di Leucatica con la partecipazione di artisti provenienti da tutta Europa. Così ho organizzato pure concerti dedicati esclusivamente a loro, rendendoli protagonisti di un costante confronto con gli esperti”.
Anche le famiglie possono e devono fare la loro parte per crescere al meglio le generazioni future: “Il mio consiglio è quello di avvicinare i propri figli a studiare la musica il prima possibile – suggerisce -. I genitori devono coinvolgere i bambini nello studio di uno strumento non soltanto per la carriera possibile, ma per i benefici cognitivi che dona”.
La cultura e i talenti da salvare in Sicilia
Peccato che molti giovani talentuosi poi decidano di abbandonare la Sicilia. “Andare via può essere inizialmente utile per confrontarsi con altre realtà dopo la prima formazione – precisa Domenico Famà -. Ma è un peccato che poi non si torni indietro. Perché talenti ce ne sono molti, anche a scuola”.
Cosa manca ai giovani talentuosi in Sicilia e, in generale, in Italia? “Purtroppo le istituzioni stesse non aiutano e non ci sono la cultura e la capacità di comprendere quanto sia importante la promozione dei talenti e dell’arte in genere – continua -. I ragazzi sono demotivati perché non viene dato loro valore, così lo cercano altrove“.
Come promuovere la musica in Sicilia
Come si può allora promuovere effettivamente la cultura sul nostro territorio? “Un modo è quello di cercare di creare delle realtà di qualità che non puntino sulla quantità degli eventi, ma a fare la differenza. In Germania, per esempio, in ogni piccolo paesino c’è un’orchestra da camera che fa settimanalmente un concerto diverso. Qui tutto questo non esiste ad eccezione delle bande che sono cosa ben differente. Eppure l’Italia dovrebbe essere la patria della musica – spiega Famà -. Si potrebbe pure facilmente coordinare diversi eventi insieme, cominciare a suonare nei musei o altre manifestazioni per attirare un maggiore pubblico”.
Ma perché le istituzioni non intervengono? “Qui gli artisti devono lottare come se l’esibizione fosse una recita, un contentino da ottenere. Come se promuovere l’arte e la cultura non fosse un lavoro di valore – aggiunge -. La società dovrebbe richiedere la competenza che non è merce di scambio, a differenza di ciò che richiede il mondo. La cultura, se intesa soltanto come fine commerciale, non può competere. Per questo necessita di finanziamenti a fondo perduto per un ritorno a una vita più intellettuale”.
Le iniziative spontanee di chi sceglie l’arte come missione di vita non mancano, ma non sempre vengono accolte dalle istituzioni. “La burocrazia e la struttura politica sono spesso un ostacolo alla promozione della cultura e all’iniziativa spontanea dei cittadini. È accaduto anche che fosse proposto di utilizzare, per le esibizioni concertistiche, lo spazio all’aperto di un palazzo comunale occupato da vent’anni dai piccioni, ma alla fine non si è potuto ottenere nemmeno questo per questioni meramente burocratiche“, racconta il musicista.
Eppure la cittadinanza sembrerebbe piuttosto ricettiva: “Il nostro fedelissimo pubblico del Castello di Leucatia, con un solo concerto al mese, era composto da circa 150 persone appartenti a target molto diversi. Dopo 7 anni avevano educato il loro orecchio, iniziavano a comprendere le differenze tra i vari autori e facevano tante domande per saperne di più – conclude il musicista -. Se lo si facesse ovunque, sempre, si potrebbe offrire l’opportunità di saper scegliere meglio. Aiutando all’ascolto delle dissonanze, come è riuscito a fare Astor Piazzolla. E reagendo a un mondo della musica in cui troppo spesso gli effetti, ovvero la forma, prendono il sopravvento sulla sostanza”.