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“Donne donne, eterni Dei”

“Donne donne, eterni Dei”
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Speriamo che un giorno, più vicino che lontano, l’otto marzo non avrà più il bisogno di esistere

Ricordate la celebre operetta di Franz Lehar: “La Vedova allegra”? Vi è una bella romanza che dice: “Donne donne, eterni Dei”. Mi è venuta in mente perché sabato scorso era l’otto marzo, la giornata mondiale delle donne.

Le donne sono state sempre esaltate per la loro bellezza e per il loro ruolo nelle famiglie, ma raramente per le loro capacità professionali, sportive, tecniche e via enumerando. La conseguenza è che oggi nei ruoli dirigenziali del nostro Paese le donne sono in estrema minoranza; solo da qualche decennio arrivano ai vertici dello Stato come dirigenti generali, capi della magistratura e ora come primo ministro (perché non parlare dunque di prima ministra, al femminile?).

Questo progresso si deve alla tenacia delle donne nel volere raggiungere le stesse opportunità degli uomini e quindi anche occupare i posti che a loro competono, cui sono sempre state escluse dagli stessi.
È vero che nei secoli vi è stato un momento di predominanza del genere femminile su quello maschile e in alcune società vige il matriarcato, ma si tratta di un periodo limitato e di realtà limitate.

La donna, come l’uomo, ha il delicatissimo ruolo di occuparsi della progenie, prima nella fase della procreazione e poi in quella dell’educazione. Nonostante la figura paterna a volte è presente e partecipa a tale compito, non possiamo negare che nella maggior parte dei casi è proprio la genitrice che gestisce i/le figli/e, tranne in alcune società più evolute.

Una volta la donna era la regina della casa (colà era stata reclusa) perché si occupava della stessa da tutti i punti di vista; ma per poter entrare nel mondo del lavoro ha dovuto necessariamente diminuire il tempo che dedicava al focolare domestico (tempo non remunerato e non valorizzato), per recuperarne una parte da dedicare allo studio e al lavoro, cioé all’autonomia e alla libertà!

È proprio per supportare questo processo che lo Stato ha messo in atto una serie di aiuti sociali, come gli asili nido, in modo da aiutare la donna a recuperare una parte del tempo da dedicare alla propria carriera e a tutto ciò per cui prima non aveva tempo.

Al giorno d’oggi la parità di genere non è stata raggiunta: palesemente o in modo più sottile le donne continuano a essere devalorizzate in tutti gli ambiti e, peggio ancora, reificate. Cosa serve per un’evoluzione del genere femminile? La risposta è la cultura, nonché la conoscenza, sepolta nei libri di ogni popolo.

Detto ciò, la questione donna-uomo non si dovrebbe affrontare come alternativa, bensì in modo complementare perché i due soggetti, aiutandosi a vicenda, possono ottenere risultati migliori che non agendo separatamente o addirittura in contrasto, il che è uno spreco di energie inutili. è vero che per riequilibrare i ruoli la lotta è stata ed è necessaria (ricordiamo le Suffragette), ma poi la collaborazione deve prevalere.

Per ritornare alla questione familiare, al buon andamento dei due genitori, crescono figlie e figli di buona fattura e di buoni sentimenti; al contrario, dal cattivo andamento dei genitori, crescono figlie e figli sbandate/i, che non hanno ben capito come funzionano le cose in questo mondo.

Affinché i/le giovani crescano bene un ruolo importante lo ha anche la scuola, soprattutto quella primaria, perché le/li plasma nella prima fase della cognizione. Ma poi anche quella secondaria e il liceo, che accompagnano bambini e bambine durante la loro crescita fino all’età dei diciotto anni.
Proprio in questa fase della vita, la scuola dovrebbe impartire loro i valori del rispetto, dell’uguaglianza, della non violenza e via enumerando, in modo da farli/e diventare persone per bene. E poi vi è l’università: un tasto dolente, poiché studenti e studentesse sono lasciate a loro stessi/e e non viene loro insegnato il metodo, indispensabile a risolvere i problemi quotidiani.

L’otto marzo si celebra ovunque ed è dedicato al ricordo delle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, così come delle repressioni subite.
Speriamo che un giorno, più vicino che lontano, l’otto marzo non avrà più il bisogno di esistere se non per ricordare ciò che è accaduto negli anni passati, perché la parità sarà stata davvero raggiunta.