Dopo il bastone, la carota. Dopo i commissariamenti, i contributi speciali. Potrebbe sintetizzarsi così la decisione della Regione di premiare i Comuni più meritevoli in fatto di approvazione di consuntivi e capacità di riscossione.
In realtà, all’origine del decreto firmato dall’assessore regionale agli Enti Locali, Andrea Messina, e dell’avviso pubblicato nella giornata di ieri sul sito del dipartimento c’è soltanto l’applicazione di una delle norme approvate a gennaio scorso dall’Assemblea regionale siciliana all’interno della finanziaria 2025.
Tesoretto per i più ligi
Il comma 23 dell’articolo 6 della legge regionale 1/2025 – pubblicata il 9 gennaio, ma votata dall’Ars entro la fine dello scorso dicembre, un risultato che la maggioranza che sostiene il governo Schifani ha rivendicato considerate le cattive abitudini del passato che costringevano a ricorrere all’esercizio provvisorio – ha previsto lo stanziamento della somma di quattro milioni e mezzo di euro da utilizzare come contributo al bilancio dei Comuni.
A poter ambire a un pezzetto di questo tesoretto non saranno però tutti i 391 enti locali in cui è suddivisa l’isola, bensì solo quelli che hanno saputo rispettare i termini in materia di scadenze per la votazione dei bilanci e si siano mostrati particolarmente proattivi nel contrastare l’evasione dei tributi da parte della cittadinanza.
L’avviso pubblico allegato al decreto dell’assessore Messina, nel cui curriculum politico figura anche l’esperienza decennale da sindaco di San Giovanni la Punta, chiarisce che i fondi sono riservati a quei Comuni “che abbiano rispettato la scadenza, prevista dalle norme vigenti al 30 aprile 2025, per l’approvazione del rendiconto di gestione dell’esercizio finanziario 2024 e abbiano conseguito un incremento di almeno il tre per cento nella riscossione dei tributi propri rispetto all’esercizio precedente”.
Nei mesi scorsi, dallo stesso assessorato erano partiti i decreti con cui venivano inviati i commissari ad acta chiamati a sostituirsi al consiglio comunale nell’approvazione dei rendiconti. Il Testo unico degli enti locali (Tuel), infatti, non ammette ritardi; o meglio non concede agli organi elettivi dei Comuni alcuna proroga per assolvere a uno dei compiti che il legislatore ha riservato proprio ai consigli comunali, chiamati a esprimersi sulla proposta deliberata dalla giunta.
Gli incrementi
La circolare specifica che gli incrementi che dovranno essere certificati, con l’invio di apposita dichiarazione siglata dal responsabile dell’ufficio finanziario e dal segretario comunale, sono quelli relative alle entrate citate nei titoli I e III del rendiconto di gestione. Tra questi ci sono i tributi come l’Imu, l’addizionale Irpef comunale, la Tari.
La circolare assessoriale specifica che le risorse verranno ripartite per il 30 per cento in maniera equa tra gli aventi diritto e per il 70 per cento “in misura proporzionale alla percentuale di incremento nella riscossione dei tributi”.
L’attitudine della politica
Quello della capacità di riscuotere i tributi è un argomento che da una parte all’altra della Sicilia è particolarmente sentito dai cittadini, a volte insoddisfatti dalla qualità dei servizi erogati dai Comuni e per questo poco propensi ad assolvere ai pagamenti, a volte protagonisti di comportamenti poco responsabili nei confronti della comunità.
Il livello di evasione nei Comuni siciliani è infatti tra i più elevati in Italia. Un fenomeno che ha radici profonde e che in qualche modo racconta lo scollamento che caratterizza il rapporto tra parti della popolazione con le istituzioni.
A incidere, però, è anche l’atteggiamento che la classe politica adotta davanti all’evasione. A fronte di un elevato numero di cittadini che si rifiuta di pagare ciò che dovrebbe, qual è la risposta data dalle amministrazioni comunali?
Spesso quella che si registra è un’accettazione dello stato delle cose. Attitudine che risente anche dai ragionamenti elettorali: tenere la barra dritta e avviare azioni incisive di recupero dei tributi può anche significare andare in direzione opposta alla ricerca del consenso elettorale.
È chiaro però che si è davanti a un cane che si morde la coda: un Comune che rinuncia ad avere parte delle entrate che gli spettano sarà sempre meno in condizione di offrire servizi all’altezza dell’aspettativa della cittadinanza.
Riusciranno i premi immaginati dall’Ars a invertire la tendenza?

