Doppia esenzione Imu per coniugi, ecco cos'è: il rischio è che incoraggi l’elusione - QdS

Doppia esenzione Imu per coniugi, ecco cos’è: il rischio è che incoraggi l’elusione

Salvatore Forastieri

Doppia esenzione Imu per coniugi, ecco cos’è: il rischio è che incoraggi l’elusione

martedì 08 Novembre 2022

Immobili, fa discutere la recente sentenza della Corte costituzionale (n. 209, 13 ottobre 2022). Ed anche un contenzioso scaturito da richieste di rimborso per quanto indebitamente pagato

ROMA – Come è noto, l’Imu, l’Imposta Municipale Unica, disciplinata con l’articolo 1, comma 738, della Legge 27 dicembre 2019 n. 160, si applica in presenza dello specifico presupposto indicato al comma 740 della citata legge, ossia il possesso dell’immobile. È esente da Imu solo l’abitazione principale, così come definita alle lettere b e c del comma 741.
È al comma 741, ed in particolare alla lettera b), che bisogna fare riferimento per stabilire se l’esenzione dell’abitazione principale sia legittima o meno.

Secondo il detto comma 741, lettera b, per abitazione principale si intende “l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente.
Quindi, per l’applicazione dell’Imu occorre il semplice possesso dell’immobile.

L’esenzione Imu

Per l’esenzione, esistente dal mese di maggio del 2008, occorre fare riferimento, oltre a tutte le ipotesi “particolari” previste dall’art. 1, comma 759, della legge n. 160 del 2019, ed anche a quanto previsto dalla comma 741, lettera b, delle ripetuta disposizione legislativa, nel senso che deve trattarsi di “abitazione principale”, intesa (così come previsto dalla legge vigente) come l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano.

Va detto pure che in base alla seconda parte del citato comma 741 lettera b, “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare”.
Ma, come sappiamo, la Corte Costituzionale, con sentenza la n. 209 del 13 ottobre 2022, ha inciso nel precedente orientamento legislativo.

E, come annunciato da questo Quotidiano qualche giorno fa, recentemente, con la sentenza n. 265 pubblicata il 19/10/2022, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Lucca ha applicato tale “nuovo” principio, ritenendo che il diritto all’esenzione per l’abitazione principale ai fini Tasi (principio valido anche ai fini Imu) si applica anche nel caso oggetto di quella controversia nella quale un contribuente aveva il coniuge con residenza anagrafica in un altro comune, diverso dal primo. Un caso di “doppia residenza dei coniugi”.

Per la verità, come prima detto, l’orientamento maggioritario, abbastanza conforme al dettato legislativo, era quello secondo il quale poco importava se i due coniugi (o persone unite civilmente), per qualunque motivo, risiedevano o dimoravano in due abitazioni diverse.
La “prima casa” esente era una sola, quella del nucleo familiare.

La sentenza della Corte costituzionale e la doppia esenzione

Ora, però, la sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale ha rimescolato le carte, dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina Imu in materia di abitazione principale, nella parte in cui il DL 190/2019 si riferisce ai requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale non solo del possessore, ma anche dei componenti del suo nucleo familiare.
Da qui il dubbio se sia ora possibile una doppia esenzione Imu, che prescinde dal “nucleo familiare” come definito dal comma 741 della legge 160/19.

Una decisione, quella della più alta Corte del nostro Paese, che, come già detto, sicuramente avrà risvolti positivi nei confronti di molti contribuenti.
Ma intanto cominciano ad arrivare critiche alla nuova interpretazione, ritenendo che da questo nuovo orientamento, abbastanza autorevole, possano scaturire situazioni di elusione.
C’è, infatti, chi sostiene che la doppia esenzione può ritenersi possibile solo quando il componenti del nucleo familiare che chiede l’esenzione per la sua nuova abitazione dimostri l’esigenza del trasferimento.

È chiaro, infatti, che se il marito e la moglie che prima abitavano insieme sono costretti, per motivi di lavoro, di avere la residenza o anche la dimora in un altro comune, l’interpretazione giurisprudenziale della Corte Costituzionale è assolutamnente giustificata.
Ma diversamente, la porta dell’elusione Imu resta aperta per cui, nonostante la recente autorevolissima interpretazione, le controversie tra i contribuenti ed i Comuni d’Italia non mancheranno.

C’è un’altra cosa da sottolineare.
Se due coniugi che hanno due appartamenti in comproprietà, uno dei quali finora abitato congiuntamente da entrambi, decidono (o sono costretti) a vivere ciascuno in uno dei due appartamenti che possiedono entrambi, a mio avviso non si può applicare l’esenzione “piena” ad entrambi gli appartamenti.
In ciascuno dei due appartamenti, infatti, il requisito della residenza o della dimora abituale è certamente esistente in entrambi i casi, ma il possesso (o proprietà) può essere preso in considerazione, per il fine di cui si parla, solo per metà dell’immobile, per cui l’esenzione dovrebbe essere consentita ad entrambi i coniugi, ma limitatamente alla quota di possesso di propria competenza. Per l’altra metà, l’Imu resta applicabile.

Quindi un grosso plauso alla recente interpretazione della Corte Costituzionale, ma attenzione alle controversie che, in taluni casi, potrebbero insorgere con i Comuni interessati, e non solo per possibili accertamenti, ma anche per il rigetto di richieste di rimborso che alcuni potrebbero (per la verità – a mio avviso – in modo ardito) presentare per avere restituito quanto, a loro avviso, finora indebitamente pagato, sviluppando cioè un contenzioso difficilmente gestibile anche dalla nuove Corti di Giustizia Tributaria.

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