Doris, Caprotti Del Vecchio, Balocco - QdS

Doris, Caprotti Del Vecchio, Balocco

Carlo Alberto Tregua

Doris, Caprotti Del Vecchio, Balocco

mercoledì 06 Luglio 2022

Vanno via quattro grandi

Nei settantasei anni dal dopoguerra, il furore lavorativo degli italiani è andato via via scemando. Le mollezze si sono diffuse – come ai tempi dell’impreso romano – sempre di più nella popolazione, la quale tende, generalmente, agli svaghi, ai divertimenti e non a costruirsi una vita piena di soddisfazioni, poggiate su grandi sacrifici e sudori.
Una classe istituzionale – sempre meno competente, sempre meno osservante dei principi etici, che devono governare una Comunità, sempre più all’inseguimento del consenso giorno per giorno – ha dimenticato come si governa un Popolo, dicendo tanti “No” a gruppi e gruppuscoli, programmando il futuro a dieci-quindici anni e operando per il bene di tutti.
In questo dopoguerra sono emersi grandi imprenditori che hanno fatto grande economicamente il nostro Paese, da Adriano Olivetti a Vittorio Valletta e più recentemente da Ennio Doris a Bernardo Caprotti, da Leonardo Del Vecchio ad Aldo Balocco.
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I succitati imprenditori non solo hanno costituito grandi imprese, anche internazionali, ma sono diventati punto di riferimento per le nuove generazioni, dentro le quali vi sono – almeno in potenza – altri grandi, che hanno bisogno di svilupparsi e consolidarsi.
Ennio Doris è partito con Silvio Berlusconi, costituendo Mediolanum, una banca familiare che si è sempre più consolidata, che ha generato utili e lavoro, e che – pur non essendo di grandi dimensioni – costituisce un punto di riferimento per l’economia nazionale. Il figlio Massimo, che aveva già sostituito Doris quando era in vita, sta continuando su questo versante.
Un altro grande che se n’è andato è stato Bernardo Caprotti, che ha fondato il gruppo di grande distribuzione Esselunga. è riuscito a realizzare un’impresa che fattura più di otto miliardi, e che ora la figlia Marina ha preso in mano e sembra gestisca con altrettanta capacità.
Di questo gruppo la caratteristica più importante è l’alta qualità dei prodotti, la loro elegante esposizione sui banconi e la presenza di “freschi” che hanno saputo attrarre la clientela.
Leonardo Del Vecchio ha cominciato a costruire montature per occhiali, materialmente con le proprie mani. Costruendo occhiali ha sviluppato, parallelamente a quella imprenditoriale, una grande attività finanziaria tanto da diventare un personaggio importante in tale mondo.
La sua visione internazionale dell’impresa l’ha condotto a comprare il gruppo americano Ray-Ban che ancora oggi costituisce il fiore all’occhiello dell’intera grande impresa.
Sembra che Del Vecchio abbia predisposto un testamento millimetrico, com’era la sua mente, lasciando il patrimonio di circa ottanta miliardi agli otto eredi (moglie e figli) ma ha di fatto nominato capo-azienda il manager Francesco Milleri che è stato al suo fianco per decenni. Ha inserito una clausola importante, e cioè che le grandi decisioni devono avere il consenso dell’80 per cento del gruppo azionario.
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E infine vogliamo parlare di un imprenditore minore, Aldo Balocco, che ha inventato il cosiddetto mandorlato: uno speciale prodotto dolciario che si differenzia dal panettone classico proprio perché contiene una sorta di glassa che lo rende particolarmente buono. Il suo gruppo, partito da una bottega artigianale, oggi fattura circa duecento milioni e afferma nel mondo la qualità dei prodotti dolciari italiani.
Perché abbiamo citato questi quattro campioni, messi insieme seppure di dimensioni diverse? Perché vorremmo che dopo di loro ne emergessero altri quattro, 8, 80, 800, in quanto il nostro Paese può crescere se vi sono grandi imprenditori, non grandi finanzieri, differenza profonda.
Il finanziere maneggia denaro, guadagna cedole e interessi ma non produce ricchezza, non produce occupazione e paga abbastanza poco di tasse (solo il 26 per cento a titolo definitivo).
L’imprenditore è il suo contrario perché investendo il proprio capitale e quello altrui genera ricchezza e imposte, incrementa l’occupazione e diffonde anche, perché no, ottimismo e fiducia nel futuro.

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