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Droga, la trasferta in Calabria di due catanesi: la trattativa per il carico di marijuana e un criptofonino

Droga, la trasferta in Calabria di due catanesi: la trattativa per il carico di marijuana e un criptofonino
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La storia è contenuta nelle migliaia di pagine dell’inchiesta Millennium, che nei giorni scorsi ha portato a un maxi-blitz.

Troppo scura e, per questo, a rischio di rimanere invenduta. È questo il motivo per cui a metà ottobre del 2020, quando l’Italia si apprestava a tornare a stringere la cinghia delle restrizioni per l’aumento dei contagi da Covid-19, due catanesi si sarebbero tirati indietro dall’acquisto di una partita di marijuana da un gruppo di calabresi vicino agli Alvaro, cosca ‘ndranghetista che controlla in particolar modo i territori di Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Santa Eufemia di Aspromonte e Delianuova.

La storia è contenuta nelle migliaia di pagine dell’inchiesta Millennium, che nei giorni scorsi ha portato a un maxi-blitz, e conferma come la Calabria sia uno dei canali di approvvigionamento privilegiati per fare arrivare droga in Sicilia.

Chi sono i due siciliani

A essere coinvolti nell’indagine sono il 50enne Isidoro Mannino e il 29enne Salvatore Caruso. Nei confronti dei due, la Dda di Reggio Calabria aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, contestando loro l’accusa di associazione a delinquere dedita al traffico internazionale di stupefacenti con l’aggravante di operare nell’interesse della cosca Alvaro.

La gip Stefania Rachele, tuttavia, ha ritenuto non ci fossero sufficienti indizi per “delineare una stabilità di relazioni d’affari” tra i catanesi e il gruppo calabrese. Nonostante ciò ha fatto propria la tesi secondo cui Caruso e Mannino si siano recati a Sinopoli, in almeno tre occasioni, con l’intento di contrattare l’acquisto di marijuana.
Nel passato di Mannino – era il 2007 – c’è un arresto avvenuto agli imbarcaderi di Villa San Giovanni: l’uomo era stato trovato con addosso oltre due etti di cocaina. Nel 2020, quando ha incontrato gli uomini vicino alla cosca Alvaro, l’uomo era stato scarcerato da pochi mesi.

La famiglia Romeo

I carabinieri hanno monitorato una serie di incontri tra Caruso e Mannino e la famiglia Romeo. Nell’indagine sono coinvolti il 51enne Angelo e i figli Pasquale – nei confronti del quale è scattato l’arresto – e Stefano, di 28 e 25 anni.

Per Angelo Romeo, ritenuto un affiliato al clan Alvaro, il coinvolgimento in vicende di droga è già emerso nel processo Santa Fe, in cui è stato condannato a 16 anni: “Pur essendo sottoposto a detenzione domiciliare, coordinava le attività dei figli”, si legge nell’ordinanza.

L’incontro più interessante tra i Romeo e i catanesi avviene il 14 ottobre a Sinopoli.

Mannino e Caruso arrivano in Calabria nonostante, nei mesi precedenti, avessero nutrito dubbi sulla merce. “Facevano un rapido conteggio sul numero di giorni che avrebbero impiegato per raccogliere i soldi per il futuro acquisto di sostanza stupefacente, tempi dilatati da dieci a quindici anche in relazione della scarsa qualità di sostanza stupefacente che stavano trattando”, viene ricostruito nell’ordinanza.

La cifra pretesa dai Romeo, in relazione alla quantità richiesta dai catanesi con l’obiettivo di rivendere la droga alle piazze di spaccio catanesi, si sarebbe aggirata sui 20mila euro.

A seguire tutto, grazie allo spyware inoculato nei cellulari degli indagati, sono stati gli investigatori che sono riusciti anche a scattare una fotografia di Mannino e Caruso.

Il dialogo con Pasquale Romeo continuerà anche all’interno di un Mc Donald’s, dove il calabrese proporrà ai siciliani di comprare la marijuana da un altro fornitore, bisognoso di fare qualche soldo, senza però riuscire a convincerli.

La vicenda si svolge in un periodo particolare per la criminalità calabrese dedita al narcotraffico: alla fine dell’anno precedente, infatti, al porto di Gioia Tauro era stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina.

I criptofonini

Se l’affare droga è saltato, Mannino e Caruso non sarebbero ripartiti da Sinopoli a mani vuote. I due avrebbero comprato un telefono criptato, del valore di 1500 euro, da utilizzare per contrattare i futuri acquisti senza il timore di essere intercettati.

A detta di Pasquale Romeo, quello dei cellulari sarebbe un vero e proprio business. “Solo in Calabria, ne vengono venduti non meno di venti al giorno”, avrebbe sostenuto il 28enne.

A procurarli al calabrese sarebbe un uomo in passato già arrestato dopo essere stato trovato in possesso di 350 telefonini di costruzione tedesca, ma che da questo mercato era riuscito a guadagnare – secondo il 28enne calabrese – un milione e mezzo di euro.

Il ritorno in Sicilia

Dopo avere finito di pranzare con Romeo, Mannino e Caruso sono ripartiti per la Sicilia. A seguirli c’erano però gli investigatori che hanno appurato come i due si siano separati a bordo del traghetto, con Mannino che ha deciso di scendere a Messina a piedi. Fermati dai carabinieri in servizio all’imbarcadero, su segnalazione dei colleghi, i due hanno finto di non conoscersi.